Non bisogna lasciarsi ingannare dal titolo, questa non è una guida di viaggio per chi ha poche finanze, ma è una biografia che si fa leggere tutta d’un fiato, un racconto di una vita e di una professione che ha attraversato tutto il mondo e tutta la storia del secondo novecento. L’autore, Enrico Franceschini, ripercorre la sua vita come corrispondente estero di diversi grandi quotidiani italiani. Quarant’anni di professione, da quando giovanissimo iniziò a scrivere di sport per giornali di Bologna, sua città natale, per poi partire per New York a inizio anni ‘80 e lavorare prima per l’Espresso e poi per Repubblica, testata con la quale collaborerà per tutta la vita come corrispondente. Da New York si sposterà poi in Russia nel 1990, in Israele poi ed infine a Londra, dove risiede attualmente. In mezzo anche numerosi lavori da inviato: Centroamerica, Afghanistan, Cina, Giappone, Nordafrica, scrivendo di crisi politiche, guerre, disastri naturali, grandi elezioni e grandi eventi, dalla fine dell’Urss alla crisi Israelo-Palestinese.

Così, in questo racconto di numerosi reportage, si incontrano da vicino, in quanto intervistati dallo stesso Franceschini, grandi personalità della storia recente: da Roland Reagan a Mikhail Gorbaciov, Shimon Peres, Yasser Arafat, Tony Blair, Elisabetta II, Neil Amstrong, Usain Bolt, Federico Fellini e molti altri, tra cui i grandi del giornalismo italiano: Eugenio Scalfari, Ezio Mauro e numerosi altri. Quello che stupisce maggiormente non sono solo le parole di questi, sempre interessanti e stimolanti, ma il racconto della professione del corrispondente estero, descritta con sincera passione umile, mai urlata, sempre mostrata per ciò che è. Come girare il mondo gratis, un giornalista con la valigia, edito da Baldini+Castoldi coinvolge totalmente il lettore, un ottimismo sincero che a fine di ogni capitolo fa venir voglia di prendere un aereo, andare in qualche luogo più o meno sconosciuto e cominciare a scriverne, inviando articoli a più testate possibili e diventare testimoni della storia esplorando culture altre.

Su quest’ultimo elemento Franceschini si concentra a più riprese, mostrando la vita che faceva e vedeva nelle diverse città in cui ha vissuto, dalla totalità ed eleganza di New York, «la macchina bianca elegante con cui Woody Allen andava ai locali jazz newyorkesi», alla bellezza dolceamara della Russia: «l’odore di vodka e la freddezza della Russia tardo sovietica», alle contraddizioni di Israle: «se Gerusalemme è la città dell’amore, Tel Aviv è quella del sesso», «c’è un solo libro da leggere per comprendere Israele, la Bibbia». Un volume che sorprende, che nonostante la grande quantità di situazioni e vicende che contiene ha una lettura che scorre fluida e continua.

Tra i numerosi episodi nel libro, ve ne è uno che racchiude tutta la volontà dell’opera di essere d’ispirazione per altri: il ventiquattrenne Franceschini, da poco a New York e che cerca di capire come muovere i primi passi nel giornalismo, frequenta un bar vicino al suo appartamento; qui vi è un barista suo coetaneo, che sogna di fare l’attore. Dopo qualche tempo Franceschini non trova più quel barista e scopre che se ne era andato ad Hollywood, si chiamava Bruce Willis, e nello stesso periodo Franceschini era riuscito ad avere i suoi primi ingaggi come corrispondente.