Gualtiero Capellino, ciclista amatoriale di Barge ha celebrato i suoi prossimi 60 anni, che compirà il 30 ottobre, con un’impresa fuori dal comune: percorrere 4.000 km e 34.000 metri di dislivello, da Rovereto (in Trentino) a Capo Nord, in appena 16 giorni e 17 ore, rientrando nei tempi regolamentari previsti dalla “North Cape 4000” (minimo 15 giorni, massimo 20 giorni) è stato tra i primi ad arrivare.

Partito sabato 26 luglio alle 8 del mattino sotto la pioggia battente e arrivato l’11 agosto a Rovaniemi (nella Lapponia finlandese) per poi approdare a Capo Nord in Norvegia, Capellino ha affrontato pioggia, freddo e umidità costante, pedalando in media circa 240-250 km al giorno.

Ad accompagnarlo “dietro le quinte” c’era la figlia Micol, che con il camper si faceva trovare nei punti stabiliti, sempre in autonomia da Capellino, come previsto da regolamento che non imponeva regole nel dove sostare per la cena, il pernottamento e nei tempi di percorrenza.

La “North Cape 4000”, è una sorta di competizione ciclistica di lunga distanza individuale e in autonomia, senza vincitore ufficiale, in cui si segue una traccia GPS prestabilita attraversando mezza Europa gestendo autonomamente cibo, alloggio e riparazioni durante il percorso. I ciclisti non possono ricevere nessuna assistenza esterna durante tutto il percorso.

Capellino ha pedalato attraverso Italia, Austria, Germania, Repubblica Ceca, Polonia, Svezia, Finlandia e Norvegia, facendo tappa in città chiave come Monaco di Baviera, Berlino, Gränna (in Svezia) e Rovaniemi (in Finlandia) dove gli veniva rilasciato un timbro su un’apposita tessera. Ha sfidato piogge torrenziali, temperature mai oltre i 16 gradi e ha consumato fino a 10.500 calorie al giorno.

La sua preparazione, oltre che ciclistica, è stata curata nei minimi dettagli dal preparatore atletico Francesco Chiappero di Saluzzo, specializzato in discipline di endurance e alimentazione sportiva.

Com’è nata l’idea di andare da Rovereto a Capo Nord in bici?

“L’anno scorso ero in vacanza a Capo Nord con la famiglia, e a Rovaniemi ho visto due italiani che partecipavano a questa “gara”. Mi hanno spiegato come funzionava: partenza da Rovereto, arrivo al Circolo Polare Artico, completamente in autonomia. Tornato a casa, mi sono informato, ho pagato i 300 euro di iscrizione e mi sono messo in testa che per i miei 60 anni mi sarei regalato questa “sfida con me stesso”.

Che cos’è esattamente la “NorthCape 4000”?

“È una sorta di competizione ciclistica a tempo, ma senza vincitore ufficiale. Gli organizzatori danno una traccia GPS che si deve seguire passando da punti fissi, sempre monitorato da un’app. Si parte tutti insieme, ma poi si è da soli, liberi di fermarsi dove e quando si vuole. I tempi previsti dal regolamento sono minimo 15 giorni e massimo 20: io ci ho messo 16 giorni e 17 ore”.

Come si è allenato?

“Ho lavorato con Francesco Chiappero, preparatore atletico di Saluzzo specializzato in endurance e alimentazione. A gennaio sono andato alle Canarie per prepararmi, ma lì ho avuto un brutto incidente: frattura di due costole, omero, spalla e scafoide. Sono rimasto fermo due mesi. Ho ripreso a fine marzo e da lì ho fatto giri da 200 km nei weekend, allenamento in palestra e cura dell’alimentazione”.

Come gestiva le giornate di viaggio?

“Partivo intorno alle 8 del mattino, dopo colazione. Dopo 70-80 km facevo una prima sosta, poi proseguivo fino a quota 170 km, e pedalavo fino alle 18 o 19 di sera. Cercavo di fare i 240-250 km il più velocemente possibile, per avere margine di recupero il giorno dopo. Micol, mia figlia, con il camper si faceva trovare nei punti stabiliti per cena e pernottamento”.

Come si alimentava lungo il percorso?

“Dietro avevo borse e zaino con panini, zuccheri, Coca-Cola e caffè. In Svezia spesso compravo piatti di pasta pronti nei supermercati e li facevo scaldare. La sera mangiavo anche 350 g di pasta. Ho perso quasi 5 chili: consumavo circa 10.500 calorie al giorno”.

Quali difficoltà ha incontrato?

“Nei primi tre giorni pioggia continua che poi è continuata a sprazzi per tutto il percorso. Ero sempre bagnato, e c’era un’umidità altissima. Ho avuto dolori a sottosella, collo e spalla. Le temperature erano basse: mai oltre i 16 gradi, e a Capo Nord c’erano 8 gradi, vento e pioggia”.

Cosa l’ha colpita di più dell’esperienza?

“L’incontro con ciclisti provenienti da 47 Paesi del Mondo: neozelandesi, canadesi, giapponesi, coreani, tedeschi, italiani, olandesi, belgi.  E poi la sensazione di arrivare alla ‘fine dell’Europa’ sapendo di avercela fatta con le mie forze”.

Lo rifarebbe?

“Sì, ma non subito! È stato un viaggio indimenticabile, e una sfida con me stesso. Per i miei 60 anni credo di essermi fatto il regalo più bello”.