È il volto del servizio pubblico per eccellenza, la giornalista che da oltre vent’anni entra nelle case degli italiani per raccontare i misteri, i dolori e le speranze di chi cerca una persona cara. Federica Sciarelli, volto e anima di “Chi l’ha visto?”, si racconta in un’intervista al Corriere della Sera in cui analizza anche i misteri di Garlasco e di Emanuela Orlandi. Sul delitto di Garlasco, la giornalista descrive un fenomeno che vive sulla propria pelle. “Persino quando porto giù il cane le persone mi chiedono che ne penso. Come mai avete quest’ossessione?”, si chiede. Per lei, il caso “è importante, può aprire tante porte”, ma la morbosità che lo circonda è un sintomo di un cambiamento culturale che la lascia perplessa.
“Prima c’erano la velina e il calciatore, oggi incontro solo gente che vuole fare il criminologo“, afferma con la sua consueta schiettezza. Per lei, che “assorbe il dolore dei famigliari e lo trasforma in ostinazione”, non è sano “pensare dalla mattina alla sera agli omicidi”. La sua soluzione per staccare? “Finito di lavorare, io chiudo tutto e vado sui pattini”. Se su Garlasco è critica verso l’ossessione del pubblico, sul caso di Emanuela Orlandi la sua analisi si fa dura e punta il dito contro le istituzioni ecclesiastiche. “Non sappiamo cos’è successo, e non possiamo accusare, ma Emanuela Orlandi era una cittadina vaticana. Doveva essere il Vaticano a prendere in mano la situazione, aprendo un’inchiesta. Non è stato fatto”.
La sua è un’accusa precisa a una cultura del silenzio: “Per la Chiesa i panni sporchi si lavano in famiglia. A volte neanche le informazioni minime vengono fornite”, dichiara, citando come esempio anche il caso di Cristina Golinucci, scomparsa da un convento dove “il padre spirituale non ha detto che lì c’era uno stupratore”. Come si arriverà alla verità? Per la Sciarelli, la speranza è una sola: “L’unica è che qualcuno decida di liberarsi la coscienza“. È questo, spiega, il senso dei suoi famosi e gelidi appelli in diretta: “Quando guardo in camera e dico: ‘Attenzione, che c’è l’inferno’, è per questo”.
E poi ancora, Sciarelli è un fiume in piena: “Mi arrabbiavo quando sentivo dire: ‘se scompaio non mi cercate’. Se nessuno ti cerca vuol dire che nessuno ti vuole bene”, spiega, sintetizzando la filosofia del suo programma. Un lavoro che la porta a confrontarsi quotidianamente con il dramma: “Uno lascia un biglietto in cui scrive che non riesce a comprare i regali di Natale ai figli e si vuole andare a buttare di sotto: che fai, non lo cerchi?”. Un’indignazione che non si placa, neanche di fronte ai casi più crudi, come quello recente di Villa Pamphili: “Quest’uomo andava in giro ubriaco, con la bambina in evidente stato di maltrattamento, e non è stato fermato. Le segnalazioni c’erano: le forze dell’ordine avrebbero dovuto metterla in sicurezza”. Per lei, “abituarsi al male è la vera sconfitta”.
Questa ostinazione ha portato a risultati concreti: “Siamo stati chiamati in Parlamento per il disegno di legge sugli scomparsi. Se vai a denunciare il furto di un motorino si fa subito: perché se a sparire è una persona devono farti aspettare 48 ore? Abbiamo insistito tanto su questo, come sull’incrocio del dna dei cadaveri non identificati e di chi è sparito”. La svolta nel suo approccio arrivò con il caso di Elisa Claps: “Mi sono presa querele, articoli contro. Ma avevo studiato il caso ed ero certa che Danilo Restivo l’avesse uccisa. Chiesi il permesso alla madre e al fratello di iniziare a chiamarlo omicidio con occultamento di cadavere. Quando trovarono il corpo in chiesa, dopo diciassette anni, lo schema di pensiero finalmente è cambiato”. La sua lotta oggi continua anche contro i femminicidi (“il primo schiaffo è uno schiaffo di troppo. L’odio nei confronti delle donne è più forte della paura del carcere“) e i pericoli del web, come le truffe romantiche o le dinamiche online che hanno portato al suicidio dello studente Andrea Prospero.
Quella di Federica Sciarelli è anche la storia di una carriera costruita in un mondo prevalentemente maschile. Dopo un concorso vinto per l’ufficio informazioni del Senato (“otto anni utili ma una noia mortale”), contro il parere del padre (“Vuoi lasciare un posto d’oro per fare il giullare?”), approda al giornalismo. Al Tg3, con il suo maestro Sandro Curzi, si impone come inviata politica. “Gli dicevo: ‘Tu, per le dirette parlamentari da Montecitorio, preferisci un analfabeta uomo che una donna’. La spuntai: da inviata politica giravo il mondo coi presidenti“. Fu lei a far parlare per la prima volta Silvio Berlusconi di “teatrino della politica”.
Ma chi è la Sciarelli fuori dagli studi? Una donna che ammette di essere “nata timida”, che non pensa al look (“sempre in jeans, non amo i gioielli“) e che viene rincorsa dalla costumista prima della diretta: “Almeno le scarpe da tennis, levatele!”. La sorella la prende in giro: “Federica, sembra che eri a fare i piatti fino a due minuti prima”. Finita la puntata, si rilassa parlando con i centralinisti. E per staccare davvero, chiude tutto e va “sui pattini”, infastidita dall’ossessione collettiva per la cronaca nera: “Prima c’erano la velina e il calciatore, oggi incontro solo gente che vuole fare il criminologo“. Accettò la conduzione di “Chi l’ha visto?” pensando di restare un paio d’anni. Ci è rimasta per venti, trasformando un programma in una missione di servizio pubblico: “È bello prendere lo stipendio per dare una mano agli altri”, conclude.