Negli anni ’90 il cinema horror ha spesso esplorato il corpo come campo di battaglia, un terreno fragile da cui far emergere le angosce più profonde. Nel 1996 arrivò un film che incarnava al meglio questa ossessione: Thinner di Tom Holland (curioso caso di omonimia), tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King sotto lo pseudonimo Richard Bachman. Un’opera che, pur non avendo fatto scalpore al botteghino, ha lasciato un segno nella memoria degli spettatori per il suo intreccio di maledizione e degrado fisico portato all’estremo.

La storia segue Billy Halleck, un avvocato obeso e di successo che, dopo aver investito accidentalmente una donna rom, viene assolto grazie alle sue conoscenze e al suo potere legale. Ma il padre della vittima lancia su di lui una maledizione che lo condanna a dimagrire in modo incontrollabile. All’inizio Billy vive questa trasformazione come una sorta di rinascita fisica, ma presto la perdita di peso diventa un processo inarrestabile e mortale. Il suo corpo si consuma giorno dopo giorno, in un lento e agghiacciante spettacolo che mostra la metamorfosi del protagonista verso l’annientamento.

Il film venne accusato da parte della critica di essere eccessivo e persino grottesco, con il make-up prostetico che suscitò reazioni contrastanti. Eppure, è proprio quell’estetica esagerata a rendere Thinner (tradotto in Italia col titolo di L’occhio del male) un body horror disturbante. Non a caso, molte recensioni dell’epoca sottolineavano come il film fosse “più raccapricciante che spaventoso”, un tratto che negli anni lo ha reso una sorta di cult minore.

La reazione del pubblico è stata altrettanto significativa. Su Letterboxd, ad esempio, diversi spettatori hanno espresso il proprio disgusto con ironia. Un utente ha citato Larry David da Curb Your Enthusiasm: «Vi avevo detto che quei pom**ni erano pericolosi!», frase comica riutilizzata per commentare sarcasticamente il fatto che l’incidente scatenante avviene perché la moglie performa del sesso orale al protagonista, mentre si trova alla guida e quindi distraendolo. Altri invece hanno raccontato l’esperienza più direttamente: «Questo film è terrificante e disgustoso. Il trucco prostetico è così efficace che ho dovuto distogliere lo sguardo più di una volta», mentre per un altro è «Così disturbante che ancora ci penso».

La critica non risparmiò colpi: il film ha oggi un punteggio di appena 15% su Rotten Tomatoes, con recensioni che parlano di “un adattamento tra i peggiori di King”. Ma allo stesso tempo, con il passare del tempo, il pubblico più appassionato di horror ha iniziato a rivalutare Thinner come esempio estremo di body horror anni ’90. Il suo fascino risiede proprio nell’eccesso, nella scelta di spingere fino in fondo il concetto di trasformazione fisica come condanna, senza compromessi.

Perché guardare Thinner oggi? Per riscoprire un horror che ha disturbato più di una generazione, e che ancora mantiene intatta la sua carica viscerale. Un film che oscilla tra il grottesco e il tragico, diventato un punto di riferimento per chi cerca nell’horror non solo la paura, ma il disgusto come forma di catarsi.

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