C’era chi lo aveva dato per disperso, se non addirittura finito. E parliamo di un corridore che ha solamente 22 anni. Ma Cian Uijtdebroeks è tornato, dopo essersi preso oltre tre mesi di sosta per risolvere i suoi problemi alla schiena che lo affliggevano sin dal suo approdo nel ciclismo che conta. Con la vittoria al Tour de l’Ain ha messo la sua prima firma fra i professionisti. La prima di quelle che spera saranno tante e sempre più importanti.
La gioia del giovane belga accolto dal suo staff, per una vittoria davvero speciale
La gioia del giovane belga accolto dal suo staff, per una vittoria davvero speciale
Un’impresa pensata per tutta la vigilia
Per farlo, il belga della Visma-Lease a Bike ha scelto la via più difficile, il giocare tutte le sue carte in maniera spavalda. Dopo la seconda tappa era al secondo posto a un paio di secondi dal leader, il francese Nicolas Prodhomme (Decathlon AG2R La Mondiale). Sarebbe bastato giocarsi il successo nelle ultime fasi della frazione, provare a staccarlo con un colpo di mano o puntare anche a qualche abbuono. No, Cian ha puntato all’impresa, andando via a 50 chilometri dal traguardo. Perché la vittoria non bastava, lui voleva risposte su di sé, sul suo rendimento, sulla sua capacità di soffrire, solo così avrebbe davvero potuto mettere alle spalle settimane di dolore e di dubbi.
«Sapevo che era un rischio partire così da lontano – ha raccontato a fine corsa a DirectVelo – ma era quello il mio piano ed era studiato fin dalla vigilia, infatti a colazione ho mangiato molto per riempire il serbatoio di energie. Non era una tappa facile, la salita era lontana dal traguardo, tatticamente era una frazione difficile da gestire nella mia situazione. Ho attaccato in salita per staccare Prodhomme e arrivare in cima col massimo vantaggio possibile, poi c’erano ancora 40 chilometri, di cui la metà pianeggianti. La discesa l’ho fatta al massimo, rischiando, alla fine avevo 3 minuti di vantaggio. In pianura ho controllato, anche perché con il caldo il rischio di crampi è dietro l’angolo, infatti sono arrivato al traguardo ancora in forze».
Dalla 2ª tappa perduta contro Prodhomme, il belga ha tratto ispirazione per la sua impresa
Dalla 2ª tappa perduta contro Prodhomme, il belga ha tratto ispirazione per la sua impresa
La preparazione in altura
Le sue parole sono tutte orientate al ritorno, alle risposte che cercava. Al di là della vittoria, per Uijtdebroeks era importante sapere che può riprendere il discorso da dove l’aveva lasciato mesi fa: «Per preparare questa corsa sono stato a lungo in altura, ad Andorra. Al Passo di Arcalis ho fatto il KOM, con un esito di 440 watt in 30 minuti. E’ stato lì che ho capito che ero ritornato quello di prima, ho preso molta fiducia, anche perché non ho avvertito dolore e questo per me è stato il più bello dei regali».
Il problema alla schiena aveva minato quella stessa fiducia, anche perché si protraeva da tempo. «E’ stato un anno e mezzo non facile per me. Vedevo che il mio fisico non rispondeva, che le gambe erano sempre forti, che potevo lottare con i migliori, ma la schiena mi dava problemi e quindi i risultati non potevano arrivare. Io però ho cercato di non scoraggiarmi: se c’è un problema affrontiamolo, proviamo a trovare la soluzione anche se questo significa fare dolore rinunce».
In questi mesi Uijtdebroeks ha lavorato molto sulla posizione in bici, ritenuta un problema
La gioia del giovane belga accolto dal suo staff, per una vittoria davvero speciale
Nuovo allenatore, nuovo assetto
Una soluzione che sembra essere finalmente stata trovata anche grazie al suo nuovo allenatore Espen Aareskjold: «Abbiamo cambiato molte cose, è stato necessario resettare tutto. Innanzitutto ho lavorato molto sulla mia posizione in bici e ci sto lavorando ancora, poi abbiamo cambiato molte cose nel mio allenamento. Ora posso dire di sentirmi come prima del sopravvenire del mal di schiena, anzi ancora più forte. Ma devo dire che molto mi aiuta anche il rapporto che abbiamo instaurato con Espen: mi ascolta, valuta le mie opinioni, abbiamo un obiettivo comune che è quello di arrivare al massimo livello».
Uijtdebroeks era già andato piuttosto bene a San Sebastian, anche se l’azione di Ciccone lo aveva colto in contropiede ed era finito poi 9° a 1’10”. Ora è in corsa al Czech Tour (ieri terzo alle spalle di Lecerf Junior e Fancellu), ma i suoi obiettivi sono più avanti: «Voglio guadagnarmi una maglia per il campionato europeo, è quella la mia meta, da raggiungere senza passare per la Vuelta. Con la squadra abbiamo valutato che vista la situazione, quest’anno è prematuro tornare in un Grande Giro, meglio mettermi alla prova in corse in linea e brevi prove a tappe. E’ un anno di passaggio, diciamo che lo prendo così».
Alla Tirreno-Adriatico erano già emersi i problemi alla schiena che ad aprile l’hanno costretto a fermarsi
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Un 2026 con grandi obiettivi
I Grandi Giri restano però il suo naturale approdo: «Il progetto rimane quello di diventare uno specialista. Io dico che una presenza nei primi 10 non basta più, io voglio quantomeno il podio e sogno una vittoria. So che è nelle mie corde. Ma per questo devo imparare a vincere. Il Tour de l’Ain è stato importante – ricorda Uijtdebroeks – ma è stata la prima vittoria. Ho ancora tanto da imparare, da crescere e corse simili mi aiutano in questo momento più di quanto potrebbe una Vuelta, dove realisticamente non sarei concorrenziale. L’anno prossimo tornerò in un Grande Giro, la Visma-Lease a Bike me lo ha già promesso».