Città delle biciclette, ma senza esagerare. A Cuneo, dati Istat, risultano meno di settanta chilometri (68,8 per l’esattezza) di piste ciclabili. Tanto? Poco? Il balzo in avanti è recente, ma molto si può ancora fare soprattutto se si guarda – come obiettivo – a città che sono sì più grandi ma hanno già molti più chilometri di percorsi: per esempio Firenze (113 km), Bologna (194) e Torino (252).

Anche se nel nostro Paese l’estensione delle ciclabili è cresciuta di quasi il 30% in cinque anni, la concentrazione maggiore è nel Nordest, dove ci sono 2.600 chilometri di piste, ovvero più della metà del totale del Nord. A Nordovest (Piemonte, Val d’Aosta e Liguria) i chilometri sono molti meno, «soltanto» 1.545.

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Negli anni – è innegabile – nel capoluogo della Granda ci sono stati vari interventi delle amministrazioni per favorire l’utilizzo delle bici. Il problema però resta la connessione tra le grandi ciclovie del centro al resto del territorio con le frazioni e gli altri comuni vicini raggiungibili soltanto avventurandosi, con rischio, su stradoni asfaltati. Come accade tra Vernante e Limone, dove sulla statale 20 convivono ciclisti diretti alla Via del Sale e traffico da post riapertura del Tenda. Altro problema è la qualità delle ciclabili periferiche, spesso disseminate di buche, rifiuti e erbacce.

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Ma chi decide dove e come costruire le piste? I Comuni e le Province, che hanno come riferimento il «Biciplan», ovvero il documento che coordina gli interventi e li recepisce. Poiché però quello della bicicletta è un tema che riguarda il tipo di città che si immagina, sindaci e assessori hanno a disposizione anche altri due strumenti che servono a pianificare gli interventi: il Piano urbano di mobilità sostenibile (Pums) e il Piano generale del Traffico urbano (Pgtu).

Proprio nel Pums Cuneo ammette di essere perfettamente cosciente del problema delle periferie: «La rete ciclabile presenta ancora alcune criticità, quali la discontinuità dei percorsi particolarmente in alcuni nodi principali e la discontinuità nelle direttrici che collegano le frazioni». Quello di rendere le città più ciclabili è un’esigenza turistica e di mobilità, ma anche una strategia ecologica. Il settore dei trasporti su gomma è responsabile di quasi il 30% delle emissioni totali di gas serra, solo in Italia. Ed è per questo che altre città europee si stanno muovendo per favorire la «mobilità dolce». Parigi ad esempio ha investito 250 milioni di euro in un piano di cinque anni chiamato «Plan Velo 2021-2026», che dovrebbe creare 180 km di nuove piste urbane. Per migliorare il quadro, serve prima di tutto la visione politica. Ogni ciclabile deve essere sicura, accessibile, veloce e coesa con le altre, secondo le linee guida della Regione dirette ai sindaci per questo tema.

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16 Agosto 2025

E servono anche soldi: il ministero dei Trasporti stima che per un km corsia ciclabile ci vogliano dai 25 ai 40 mila euro, per una ciclabile protetta dai 50 ai 90 mila e per una pista su sede propria al massimo 300 mila (il 15% delle risorse comunali per rifare piazza Europa). Non esattamente spiccioli.