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Un marchio simbolo della moto italiana scivola in bancarotta: sul mercato dell’usato spuntano occasioni a prezzi stracciati.
L’onda lunga della crisi ha colpito anche i nomi che hanno fatto la storia delle due ruote in Italia, lasciando segni profondi su marchi che per generazioni hanno rappresentato competenza, ingegno e competizioni vinte. È il caso di Gilera, una storia iniziata in una piccola officina milanese e cresciuta fino a diventare un riferimento mondiale
Fallimento colosso due ruote italiano -reportmotori.it
La bancarotta del “colosso” e la corsa alle occasioni nell’usato, dove scooter e moto del marchio si trovano a cifre davvero popolari, anche ben sotto i 2.000 euro. Dietro questi prezzi ci sono un’eredità tecnica e un percorso industriale che merita di essere ripercorso, prima di arrivare al perché il mercato secondario stia vivendo una nuova età dell’oro per chi cerca Gilera.
Bancarotta e affari Gilera: moto a meno di 2.000 euro
La linea del tempo di Gilera parte da un laboratorio in corso XXII Marzo, a Milano, dove nel 1909 Giuseppe Gilera — nato Gellera a Zelo Buon Persico nel 1887 — mette mano alla sua prima motocicletta dopo gli anni da apprendista tra Bianchi, Bucher e Moto Rêve.
Bancarotta e affari Gilera: moto a meno di 2.000 euro (WikimediaCommons) reportmotori.it
Gli anni duri arrivano a fine Sessanta: nel 1968 si va in amministrazione controllata, poi l’accordo con Piaggio che rileva marchio, personale e attività; nel 1986 la chiusura definitiva e la cancellazione dai registri. Eppure il nome non scompare: torna sulle carene nelle corse con Manuel Poggiali (125 nel 2001) e Marco Simoncelli (250 nel 2008), a ricordare a tutti cosa rappresentava quel logo.
Oggi, l’attualità passa dall’usato: Runner in buone condizioni viaggia intorno ai 700 euro, mentre non mancano ciclomotori validi sotto i 1.000 euro. E per chi preferisce qualcosa di più recente, serve mettere in conto un piccolo extra — il caso del Gilera Strada è emblematico — ma resta intatto quel magnetismo tipico dei modelli ben nati.
Non è solo nostalgia: sono mezzi con costi di accesso contenuti, ricambi diffusi e un carattere che ha ancora senso oggi, soprattutto se l’obiettivo è muoversi con stile senza spendere cifre importanti. La bancarotta del “colosso” ha innescato una svendita di fatto sul mercato secondario, che premia chi sa scegliere e non ha paura di puntare su esemplari curati, meglio se con una storia di manutenzione chiara.
Conviene muoversi con criterio: verificare condizioni, interventi fatti, uso precedente, e tenere a mente che certe sigle hanno attraversato decenni senza perdere identità. A quel punto, la soglia dei 2.000 euro non è una promessa ad effetto, ma la porta d’ingresso per riscoprire un pezzo autentico di storia italiana su due ruote. E non serve cercare il colpo di fortuna: il mercato, oggi, offre davvero queste chance.