Kate Stewart e Nicole Martins, ricercatrici dell’Università dell’Ohio e dell’Università dell’Indiana, hanno analizzato decine di film di successo per adolescenti usciti tra il 2012 e il 2021. E sono arrivate alla conclusione che contengano una rappresentazione distorta della pubertà, in quanto non mostrano i cambiamenti corporei e i problemi concreti tipicamente associati a questa fase dello sviluppo. Le esperienze rappresentate nei film considerati, al di là del loro genere cinematografico, sono insomma così «disconnesse e disallineate» dalle vite e dalle esperienze vere degli e delle adolescenti da poter essere considerate «fantascienza». Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Children and Media.
In generale tutte le ricerche che analizzano il rapporto tra media e adolescenti dimostrano come questi ultimi ne siano particolarmente influenzati e tendano a confrontare le proprie esperienze con quelle dei personaggi dello schermo. Al di là di come sono fatti, insomma, i film di formazione che raccontano il percorso di crescita e di maturazione di un personaggio durante la prima giovinezza rappresentano un punto di riferimento fondamentale per chi sta attraversando la pubertà, con i profondi e complessi cambiamenti fisici, emotivi e sociali che essa comporta.
L’analisi dei film che si concentra sulla trama in senso letterale, sul presunto messaggio e sugli insegnamenti che emergono dalla trama di per sé, è spesso un esercizio sterile, perché finisce per valutare opere d’arte di finzione come se fossero saggi o documentari. E in questi anni c’è un esteso dibattito su quanto i film siano diventati didascalici, su quanto cioè insistano su quei messaggi rendendoli espliciti e ridondanti.
Ma sui film che parlano di adolescenza e che sono pensati per un pubblico adolescente vale anche un discorso un po’ più particolare: proprio per via dell’influenza che possono avere su persone che non sono ancora adulte, hanno un grande potere di condizionare i percorsi di crescita, di radicare stereotipi e di rafforzare insicurezze e frustrazioni. Per gli adolescenti che stanno formando la propria identità questi film possono contribuire a definire il modo in cui si vede il mondo e sé stessi, così come ciò che ci si aspetta dal mondo e da sé stessi.
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Le due studiose hanno analizzato 53 film di successo usciti tra il 2012 e il 2021 come Lady Bird di Greta Gerwig, Colpa delle stelle di Josh Boone tratto dall’omonimo romanzo di John Green, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo basato sul libro di Rick Riordan, Hunger Games, Divergent e gli ultimi Spider-Man, tra gli altri. Film in cui il personaggio principale aveva un’età da scuole superiori, compresa tra i 14 e i 18 anni, e che sono stati pensati e girati proprio per giovani spettatori e spettatrici.
La ricerca si è basata su quattro domande: con quale frequenza i personaggi principali di questi film rappresentano fenomeni corporei significativi della pubertà come acne, peli sul corpo, mestruazioni, scatti di crescita, sviluppo muscolare, cambiamenti nella voce o sviluppo del seno? Quanti anni hanno realmente gli attori e le attrici che interpretano i protagonisti e le protagoniste di questi film? E ancora: poiché stabilire dei legami sentimentali ha un ruolo centrale durante l’adolescenza, quanto nelle vite dei e delle protagoniste è presente questo tema? Infine: come vengono premiate e punite nelle trame tali interazioni romantiche?
Una scena da Lady Bird
I risultati dicono innanzitutto che i film analizzati non mostrano rappresentazioni realistiche della pubertà e dei tipici marcatori fisici di questa fase. Dei 53 personaggi principali, sia maschili che femminili, solo due (3,8%) hanno a che fare con i peli corporei e solo due (3,8%) con l’acne. Tra le 28 protagoniste, solo due affrontano lo sviluppo del seno (7,1%) e quattro (14,3%) l’arrivo delle mestruazioni. Non ci sono infine personaggi che abbiano a che fare con gli scatti di crescita, con i cambiamenti nello sviluppo muscolare o della voce.
Oltre alla questione dell’assenza c’è poi come alcune di queste questioni vengono trattate: i pochi casi in cui la protagonista ha a che fare con le mestruazioni sono negativi. Nell’adattamento cinematografico del 2013 del libro Carrie di Stephen King la protagonista ha le sue prime mestruazioni mentre si fa la doccia nello spogliatoio femminile della scuola. Non sapendo di cosa si tratti, a causa della ferrea educazione religiosa della madre, va nel panico e terrorizzata chiede aiuto alle proprie compagne che invece la scherniscono e le lanciano addosso degli assorbenti. Una di loro riprende anche l’accaduto con il cellulare e quando l’insegnante porta Carrie dal preside per farla tranquillizzare, il preside distoglie lo sguardo dall’uniforme macchiata della ragazza evidentemente a disagio. Rappresentazioni e reazioni come questa, scrivono le due ricercatrici, non fanno che rafforzare il messaggio che i cambiamenti naturali che un corpo attraversa siano qualcosa di spaventoso e di cui vergognarsi.
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Dall’analisi risulta poi che nella maggior parte dei film gli attori e le attrici al momento delle riprese sono più grandi dei personaggi rappresentati arrivando ad avere anche 28 anni e non avendo dunque l’aspetto tipico degli adolescenti. Secondo le ricercatrici una delle ragioni per cui nel cinema si tende a scegliere adulti eccezionalmente attraenti e che non attraversano le tipiche esperienze adolescenziali è il tentativo di rendere il tutto più stimolante per gli spettatori. Ma per un pubblico giovane, questo può creare una percezione distorta di come appare una tipica persona della loro età e di come dovrebbero di conseguenza apparire loro stessi.
A differenza dei marcatori della pubertà, nei film analizzati sono invece molto presenti le trame romantiche (88,7% dei casi). In media le scene in cui il o la protagonista interagisce con il personaggio che rappresenta il suo interesse amoroso sono mostrate ogni 13 minuti. Dall’analisi della frequenza delle scene che mostrano contatti, come per esempio dei baci, risulta poi una differenza significativa di genere: sono più numerose quelle con dei protagonisti, decisamente inferiori quelle con delle protagoniste.
Tra i film che rappresentano un interesse amoroso, il 78,7% mostra come tale interesse sia condiviso e vada a buon fine dopo circa 18 scene di compresenza tra il personaggio principale e il personaggio del desiderio. Nel 43,3% di casi tale interesse alla fine del film si traduce in una relazione consolidata. Tra i film considerati ce n’è uno solo in cui il protagonista viene rifiutato definitivamente e ci sono 14 film in cui il personaggio principale e il personaggio desiderato si lasciano. Tuttavia il 50% di queste rotture è solo temporaneo ed entro la fine del film i due si riavvicinano.
Una scena dal film Colpa delle stelle
I dati del 2024 del Teens and Screens Report – un rapporto annuale condotto negli Stati Uniti dal Center for Scholars & Storytellers dell’UCLA per comprendere ciò che i giovani desiderano e ciò che desiderano vedere nei media – dicono che gli e le adolescenti sono stanchi di contenuti centrati sulle storie d’amore. Nel 63,5% dei casi preferiscono trame basate su amicizie e relazioni platoniche. Il 46% afferma poi di voler vedere più personaggi aromantici e/o asessuali e secondo il 62,4% del campione intervistato il sesso e i contenuti a sfondo sessuale non sono necessari per far progredire la trama di una serie o di un film.
Alisha J. Hines, responsabile del rapporto, ha commentato dicendo che questi risultati «sembrano davvero consolidare una tendenza che avevamo notato emergere: i giovani sono stanchi di vedere sullo schermo i soliti stereotipi romantici datati e con cui non si possono identificare (…) desiderano vedere storie che riflettano in modo più autentico un ampio spettro di relazioni».
Per Kate Stewart e Nicole Martins questa tendenza riportata nel rapporto dell’UCLA potrebbe essere motivata proprio dal fatto che la notevole presenza di interessi amorosi e di successi romantici rappresentati nei film di formazione è un elemento incongruente con l’esperienza tipica degli adolescenti di oggi. Circa un terzo degli studenti statunitensi dell’ultimo anno delle scuole superiori dice infatti di non aver mai avuto un appuntamento romantico e il 44% dei membri più grandi della cosiddetta “generazione Z”, nella quale rientrano i giovani nati approssimativamente tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi dieci anni Duemila, dice di non aver mai avuto una relazione sentimentale durante l’adolescenza.
Nella ricerca Stewart e Martins hanno infine esaminato se ci siano stati dei cambiamenti nel tempo nella rappresentazione delle problematiche adolescenziali: confrontando i film usciti nei primi cinque anni del periodo considerato con quelli usciti nella seconda metà, la conclusione è che no, non sono state rilevate differenze significative in base alla data di uscita del film.
Tirando le somme di questi risultati, le due ricercatrici dicono che i film – che sempre secondo i dati del Teens and Screens Report rappresentano oggi la principale scelta di intrattenimento degli e delle adolescenti – mostrano questa fase in modo sconnesso dalle esperienze reali spesso segnate da esitazione, imbarazzo, rifiuto del proprio corpo, insicurezza. Gli standard sono insomma paradossalmente irrealistici e le rappresentazioni idealizzate, nonostante i dati suggeriscano che non sia questo il desiderio del pubblico adolescente che afferma di voler vedere contenuti più autentici e che trattino temi del mondo reale.
Divergent
La conseguenza è che tra i giovani che non hanno ancora la prospettiva necessaria per distinguere la finzione dalla realtà queste rappresentazioni plasmano le aspettative, rafforzano il senso di inadeguatezza, alimentano frustrazione e mancanza di fiducia in sé stessi facendo sentire i giovani e le giovani fuori posto, indietro nello sviluppo o semplicemente inadeguati. Kate Stewart ha spiegato che l’obiettivo della loro analisi non è comunque condannare tali contenuti, ma evidenziare l’esistenza di un divario permanente tra la realtà dei giovani e l’immagine veicolata dai film a loro rivolti mentre sarebbe fondamentale affrontare tutti gli argomenti legati alla pubertà «in modo rassicurante, informato e senza tabù».