Baudo, l’arrivo a Roma nel 1954 e via Teulada

(sandra cesarale) Pippo Baudo arrivò a Roma nel 1954. Salì su un treno – della «speranza», lo ribattezzò lui – affollato da meridionali, che dalla Sicilia passava per la Capitale e raggiungeva il Nord Italia. «Molti erano diretti a Torino per cercare un posto in Fiat dove stavano aprendo gli stabilimenti – ricordava –. I diplomati e i laureati, gli intellettuali, si fermavano invece a Roma, dove c’era il centro dello spettacolo, attratti da quella televisione che in Sicilia ancora non vedevamo, perché il segnale arrivava fino a Napoli».

Da allora la sua storia d’amore con questa città non si è mai interrotta, fino a ieri quando la «sorella nera», come definì la morte («Speriamo arrivi quando ancora sono pensante», raccontò in un’intervista su 7 a Walter Veltroni) lo ha portato via, a 89 anni. Era ricoverato al Campus Bio-Medico, dove si è spento circondato dall’affetto delle persone care. Baudo è stato la televisione italiana. La sua prima tappa nella Capitale fu via Teulada. E tre giorni dopo il suo primo provino debuttava sul piccolo schermo con trasmissioni come «Guida degli emigranti», «Primo piano», «Telecruciverba».

«Per me era come il teatro cinese di Hollywood. Uguale. Nella mia fantasia l’avevo immaginata come se fosse un paradiso — ha detto — Mi aspettavo tutte luci luminose. Quando sono arrivato da Catania a via Teulada mi sembrò un carcere, come è anche oggi, con quella specie di staccionata di ferro». Poi però mise piede nello Studio Uno e il ragazzo che avrebbe voluto fare l’attore («Ma ero negato») iniziò a sognare la tv. Incontrò le gemelle Kessler, Mina, Don Lurio, Antonello Falqui, Paolo Panelli e Lelio Luttazzi. All’epoca la sede della televisione di stato era in via del Babuino, dopo fu trasferita in viale Mazzini con l’iconico cavallo all’ingresso che, ricordava con ironia Baudo, «arrivò dopo di me».

All’inizio soldi ce n’erano pochi: con Tony Cucchiara occupava una stanza a due letti vicino a via Asiago e i pasti li consumava nella mensa della Rai. Il successo arrivò nel 1966 con la trasmissione «Settevoci», la cui idea gli venne mentre girava con la macchina intorno all’obelisco di piazza del Popolo. Uomo colto e sensibile riuscì pure a far acquistare il Teatro delle Vittorie alla Rai, impedendo che si trasformasse in un supermercato.
Conduttore di 13 edizioni del Festival di Sanremo, di programmi come «Fantastico» e «Domenica In», solo per citarne alcuni, Baudo era affabile e gentile, ma molto riservato. Nella sua casa a pochi passi da piazza di Spagna, a via della Vite, gli piaceva ricevere e incontrare gli amici più cari. Anche se continuava a mantenere stretti rapporti con la Sicilia, Roma era diventata la sua città. Ieri il sindaco Roberto Gualtieri in un messaggio ha scritto: «Con la sua scomparsa l’Italia perde un gigante». E sottolinea che la Capitale «non lo dimenticherà».

Il Campidoglio si anche reso «disponibile per ospitare la camera ardente», ma sarà la famiglia a doverlo richiedere.

È diventata iconica la scena del film «Il tassinaro» (1983) con Alberto Sordi che sulla sua macchina gialla attraversa Roma per portare Baudo negli studi di via Teulada: sei minuti di un imperdibile faccia a faccia fra un attore gigante nei panni dell’«italian taxi driver» e il re della tv. Con Roma, bellissima, sullo sfondo.