Non si fermano le proteste in Serbia. A nove mesi dalla morte di 16 persone nel crollo di una tettoia esterna alla stazione ferroviaria di Novi Sad (14 morti), la rabbia non accenna a placarsi. Almeno 18 persone sono state arrestate la notte scorsa per le manifestazioni a Belgrado e in altre città del Paese contro il governo. I reparti di polizia in assetto antisommossa, come nei giorni scorsi, sono intervenuti in forze. “La maggior parte degli incidenti e disturbi dell’ordine pubblico è stata registrata a Valjevo, Belgrado y Novi Sad” si legge in una nota del ministero dell’Interno. In particolare, ha riferito il ministro Ivica Dacic, “a Valjevo sono state danneggiate e incendiate le sedi del Partito progressista serbo” al governo, “fortunatamente all’interno non c’era nessuno. Tutti quello che hanno violato la legge saranno puniti”.
Da settimane l’opposizione scende in piazza in tutta la Serbia chiedendo il voto anticipato dopo che Djuro Macut è stato nominato ad aprile premier al posto di Milos Vucevic, il cui governo era caduto in seguito alle proteste per il crollo di una tettoria alla stazione di Novi Sad, costato la vita a 16 persone, ed imputato alla corruzione nell’esecutivo. Alla base dei disordini anche la protesta contro quello che viene ritenuto l’uso eccessivo della forza da parte della polizia nelle manifestazioni dei giorni scorsi, segnate dal ferimento di decine di agenti e da numerosi arresti.
Ieri il presidente Aleksandar Vucica aveva dichiarato che lo stato è più forte di qualsiasi protesta e aveva elogiato la polizia per gli interventi durante le proteste. Ha espresso la sua disponibilità a convocare elezioni anticipate ma precisando che il voto di terrà “quando necessario” e che intende rimanere alla guida del Paese fino alla fine del suo mandato nel 2027. “Questa è la fase della disperazione, quando non hai più nulla da offrire ai cittadini eccetto che manganelli e tutto il resto”, ha affermato in un intervento all’emittente tv pubblica Rts.
Oggi Vucic rincara la dose chiedendo alle forze di sicurezza di inasprire ulteriormente le misure contro la violenza in piazza, dove da giorni sono tornate le proteste contro il suo governo e contro il suo Partito progressista serbo. Ma esclude ancora di dichiarare lo stato di emergenza nazionale, anche se solo “perché la procedura è complessa, richiede il mio consenso, quello del premier ma anche il coinvolgimento dell’Assemblea nazionale che deve poi proclamarlo”. Ad “ogni caso, non l’abbiamo preso in considerazione, né voglio farlo: abbiamo misure sufficienti in atto al momento, e si tratta di una situazione di ultima istanza”.
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