I greci la chiamavano hybris e la ritenevano inserita in un inappellabile circolo di giustizia divina. L’arroganza che supera i limiti umani, ossia la tracotanza, – dicevano – viene regolarmente punita dagli dèi. In effetti, quando si leggono i testi antichi, ci si rende conto che queste divinità pronte a punire chi abbia oltrepassato la misura dell’umanità non sono affatto entità trascendenti e misteriose. È la stessa umanità che finisce per ridicolizzare e infine annientare chi sia preda dell’inumana follia. Perché il delirio di onnipotenza rivela in effetti la profonda impotenza di esseri che hanno dimenticato la propria dimensione di finitezza mortale. La storia ci mostra di continuo eventi di questo genere. A volte sono macroscopici al punto di farsi paradigmatici come nel caso della “visita” di Ben Gvir a Marwan Barghouti, ripresa in un breve video che in questi giorni ha fatto il giro del mondo.
Mentre Israele, nella follia distruttiva che le è stata concessa da un senso di totale impunità, si sta spingendo sempre più in là nel processo di annientamento di Gaza e di capillare e strategica colonizzazione e occupazione della Cisgiordania, e mentre il primo ministro israeliano ormai parla esplicitamente di realizzazione messianica della Grande Israele, minacciando bombardamenti definitivi «come a Dresda», il ministro più estremista di questo governo che resterà, comunque vadano le cose, indimenticabile, ha deciso di umiliare l’avversario più pericoloso: il prigioniero ribattezzato “il Mandela di Palestina”. Ma la hybris viene immediatamente punita. È la natura umana a segnare la caduta di chi la supera.
Nei pochi secondi di questo video c’è un uomo fisicamente smisurato che insulta un uomo pelle e ossa e in manette, promettendogli rovina. Quest’uomo provato dagli stenti, ascolta, forse dice qualche parola, ma è lì in piedi, e nonostante sia lo spettro di quel politico pieno di vita entrato in galera ventitré anni fa, appare ancora quello che è sempre stato, un essere umano. Tanto che la sua individualità diventa gigantesca.
Condannato in un processo che egli non ha riconosciuto (e da più parti considerato ingiusto), temutissimo dai politici israeliani perché ritenuto l’unico capace di unire tutti i palestinesi, recluso in una detenzione solitaria dall’ottobre del 2023, quasi annullato dunque in una sorta di angolo di oblio, Marwan Barghouti è tornato. Un video lo ha mostrato vivo e anche chi non ne sapeva nulla adesso conosce il suo nome.
Il popolo palestinese è fatto di individui, di esseri umani con un nome e un cognome, una storia familiare, ascendenze, date di nascita e luoghi di provenienza. È un popolo variegato, caratterizzato da una profonda ironia, dall’attaccamento viscerale alle proprie tradizioni e alla propria terra, da un talento nell’espressione letteraria e artistica, e da una scolarizzazione che negli ultimi anni ha formato ragazze e ragazzi a una percentuale di alfabetizzazione sconosciuta ai paesi occidentali.
Questi individui – che siano artisti, poeti, medici, paramedici, attivisti, giornalisti, fotoreporter, sportivi, e via dicendo – ci stanno raccontando storie straordinarie, a volte uniche e indimenticabili, e tuttavia la strategia di chi li vuole annichilire sta nel costante e programmatico e regolare annientamento delle loro personalità e della memoria a cui affidarle, una specie di damnatio memoriae sistematica. Come se annientando gli individui si giustificasse l’annientamento di un popolo.
Non è casuale quel che è avvenuto l’altro ieri a Marzabotto quando il cardinale Matteo Zuppi ha voluto leggere nomi e cognomi di migliaia di bambini uccisi in questi oltre seicentottanta giorni di genocidio. Perché si tratta di individui, persone destinate a diventare uomini e donne, ciascuno con la propria storia.
Una storia che nei casi recenti la furia di Israele con l’acquiescenza occidentale ha cercato, con notevoli successi, di sradicare fin dalle origini. E tuttavia il delirio di onnipotenza, la tracotanza, la hybris, sovvertono ogni piano, anche i più elementari o i più sofisticati. E così, oggi, fra marionette che si scambiano la mano e si rendono l’onore dell’orrore in cerimonie ridicole, è un individuo quasi evanescente a prendersi la ribalta. L’uomo ammanettato, inerme, ma pieno di un orgoglio e di una dignità che reclamano ascolto. La sua storia torna in pagina sui giornali disposti a raccontarla. E la sua umanità umilia chi di umanità è privo.