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Quando si parla di Pippo Baudo, morto sabato 16 agosto a Roma all’età di 89 anni, si pensa al volto rassicurante della televisione italiana, al “presentatore per eccellenza” capace di entrare nelle case degli italiani con leggerezza e calore. Ma la sua storia non è fatta solo di palcoscenici e applausi: negli anni ha incrociato anche la violenza della mafia, pagando sulla propria pelle il prezzo di parole coraggiose.


APPROFONDIMENTI

Le prime intimidazioni. Già nel 1989, la sua villa di Santa Tecla, frazione di Acireale (un luogo affacciato sul mare, in una zona molto amata dai catanesi come meta di villeggiatura), fu teatro di due episodi inquietanti: prima un ordigno artigianale esploso nel giardino, poi un tentativo di incendio con benzina.

Segnali inequivocabili di avvertimento, che però non bastarono a far tacere Baudo. 

Il 2 novembre 1991, la notte del tritolo. Tra il 2 e il 3 novembre 1991 la minaccia si trasformò in attentato vero e proprio: una potente carica di esplosivo devastò la villa di Baudo. Non fu un avvertimento, ma un atto di guerra. L’attacco arrivò pochi mesi dopo un intervento pubblico del conduttore, durante una serata a Taormina del Maurizio Costanzo Show, in cui denunciò senza mezzi termini il potere mafioso in Sicilia. Un gesto inconsueto per un personaggio televisivo, che ebbe un’eco nazionale e che segnò la sua condanna da parte della criminalità organizzata.

L’ombra di Sebastiano Sciuto. Le indagini portarono il nome di Sebastiano Sciuto, esponente legato alla criminalità catanese, ritenuto uno degli organizzatori dell’attentato. Sciuto, già noto alle cronache giudiziarie, incarnava il volto violento di una mafia che in quegli anni cercava di mantenere il controllo del territorio con la paura e il fuoco. Il suo nome rimane legato a quella stagione di attacchi e ritorsioni contro chiunque osasse rompere il silenzio: politici, magistrati, giornalisti, ma anche uomini di spettacolo come Baudo.

Sebastiano Sciuto

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Un simbolo che va oltre la cronaca. L’attentato del 1991 assume un valore che va oltre la devastazione materiale della villa di Santa Tecla. Colpire Baudo significava colpire un simbolo di normalità, di quotidianità televisiva, di Italia che voleva credere in se stessa. La mafia mandava così un messaggio: “Nessuno è intoccabile, nemmeno chi fa sorridere il Paese”.

La reazione di Baudo. La risposta del conduttore fu altrettanto simbolica: ricostruì la villa, per poi rivenderla. Non rinnegò mai le sue parole, anzi, continuò a ricordare quell’episodio come una “punizione” mafiosa, rivendicando però la forza della cultura e della denuncia pubblica. In una sua dichiarazione, anni dopo, disse: «La cultura e il coraggio possono resistere anche al tritolo».


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