di Iacopo Gori
Il fisico e scrittore (con uno solo dei suoi libri ha venduto due milioni di copie): «Mi sento molto fortunato. La mia regola? Cambiare di continuo. Nella vita mi sono innamorato moltissimo: il regalo più grande è la mia attuale compagna»
«Bene, bene, bene. Siamo in pieno trasloco madrileno: casa piena di scatoloni, non ci si muove, inferno completo».
E questo potrebbe essere un buon inizio.
Sorride il professor Carlo Rovelli, fisico teorico tra i più autorevoli a livello internazionale, filosofo della scienza, straordinario divulgatore e star di copie vendute (due milioni il suo potente Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, 2014) nonché uno dei 100 “Global Thinkers” secondo la rivista americana Foreign Policy.
Come mai a Madrid?
«Sto cambiando vita ancora una volta. Per l’ennesima volta nella mia vita cambia tutto: ho lasciato il Canada».
Quindi a 70 anni si cambia ancora vita (a 69 anni scusi)?
«Sì, certo. Cambiare vita è il futuro».
Va a insegnare in Spagna?
«Io ho smesso di insegnare regolarmente da un po’. La mia università ufficiale è Marsiglia ma sono sparso: ho una posizione alla facoltà di Filosofia in Canada, una in Usa a Santa Fe, – Istituto per la “complessività”: si chiama Fractal Faculty, non so come si traduca –, sono associato anche al Perimeter Institute, sempre in Canada. Sono in una posizione “quantistica” in diversi istituti. La maggior parte del mio lavoro ora è stare con allievi e studenti su progetti di fisica teorica…».
Sullo schermo del computer mentre il professor Rovelli parla appare la sua compagna: sta cercando il computer portatile.
«Mi hai chiesto il motivo per cui sono a Madrid: eccolo qua» dice lui.
Mi pare un ottimo motivo.
«Sono un po’ riservata» si schermisce lei, «io sono qui perché a Madrid c’è il più grande gruppo al mondo di Quantum Gravity (gravità quantistica) ».
«Ha avuto una super offerta di lavoro con un posto di ricerca qui – interviene Rovelli –, e io mi sono spostato perché c’è lei».
«Noi viviamo molto delocalizzati» aggiunge lei. «Andiamo tre mesi in Cina, tre in Sud America. Ora facciamo base a Madrid, invece che in Canada. Ma adesso scusate il disturbo, me ne vado e vi lascio parlare».
Quando ha capito che la fisica sarebbe stata la sua vita?
«È stato molto tardi, alla fine dell’Università. Non pensavo di fare lo scienziato. Non sapevo cosa fare, ero molto molto confuso: volevo fare il mendicante, che non è un brutto lavoro. E la gente mi diceva: “Ma hai poca stima di te se vuoi fare il mendicante”. Credo che non mi capissero perché il mio modello era Buddha».
Un modello molto alto mi pare.
«Esatto – ride Rovelli – non era mancanza di autostima, era l’opposto».
E la molla che ha fatto scattare la scelta di fare il fisico teorico e non il Buddha quale è stata?
«Quando ho incontrato la fisica moderna al terzo anno dell’Università ero molto in ritardo perché facevo di tutto: viaggiavo, leggevo, ho scritto un libro sulla rivolta studentesca ma mi occupavo poco di studiare. Poi ho iniziato e sono rimasto stregato: sono materie bellissime. A quel punto ho incontrato il problema della mia vita, la “quantitazione della gravità”: la gravità quantistica, mettere insieme le due grandi scoperte della fisica del ventesimo secolo, i Quanti e le teorie di Einstein. Ricordo il giorno in cui davanti a un semaforo rosso ho pensato: “Se provassi a fare questo nella vita?”. Nella decisione poi c’è stato anche altro: io credo che nei secoli l’attività intellettuale per alcuni sia stato un modo, come l’attività artistica, di sfuggire all’obbligo di inserirsi in regole sociali troppo strette. Molto spesso gli artisti o gli intellettuali sono dei disadattati a cui non piace vivere nella società come gli altri: se non finiscono male, diventano professori universitari, direttori d’orchestra, pittori o scrittori».
O Buddha.
«Quelli più bravi diventano Buddha, sì».
Alla soglia dei 70 anni lei ancora si indigna davanti alle cose che le sembrano sbagliate: l’indignazione non diminuisce con l’età adulta?
«Mi stupisce l’opposto invece, che la gente si sieda su un apparente comfort. Un modo di vivere che mi ha sempre fatto paura fin da ragazzino, pensare ai propri piccoli privilegi e dire “che mi importa del mondo”. Mi sembra un modo di vivere che non rende le persone felici. Io da ragazzino pensavo che non volevo diventare adulto, volevo diventare vecchio saltando la fase di adulto e penso di esserci riuscito».
Ha avuto anche quel talento lì, oltre a quello della fisica.
«Diciamo che ho avuto anche dei privilegi e la fortuna di poterlo fare».
Si sente fortunato?
«No, mi sento molto più che fortunato. “Fin qui tutto bene” come diceva quello che si era buttato dal centesimo piano. Fin qui mi sento straordinariamente fortunato. Sono nato in Italia, uno dei Paesi più ricchi del mondo, ho avuto genitori di grande intelligenza che mi hanno amato molto. Ho potuto fare nella vita quello che volevo. Non che sia stato facile, come tutti ho avuto difficoltà, terribili momenti di depressione, lunghi e faticosi, però sono riuscito a fare quello che volevo, sono riuscito a dire le cose che volevo. Ho avuto anche questa grande fortuna di essere ascoltato in età matura, cosa che non mi aspettavo».
Pensa al successo dei suoi libri?
«La storia della mia vita è stata a lungo una storia di isolamento, io sono un po’ andato via dal mondo. Facevo parte di una minoranza, ero sempre la minoranza della minoranza. Anche nella scienza sono andato a cercare i problemi scientifici di cui quasi nessuno si occupava. E poi c’è stata una fase nella mia vita in cui, con enorme sorpresa, ho avuto dei riconoscimenti, più di quelli che mi aspettavo. Ho iniziato a scrivere libri che hanno avuto una risposta nel mondo molto tardi: le Sette brevi lezioni di fisica è di dieci anni fa. A un tratto mi sono risentito accolto dalla famiglia umana: è stato molto bello e quindi mi sento molto molto fortunato».
È passato da pochi giorni l’anniversario degli 80 anni della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki su cui lei hai fatto una serie video sul sito del Corriere della Sera «La bomba atomica e la cattiva coscienza dei fisici teorici». Che cosa stiamo rischiando?
«Penso tantissimo a questa cosa, penso che l’umanità non si renda conto del rischio che sta passando: stiamo camminando come sonnambuli ancora una volta verso una catastrofe. L’Europa nel 1913 non si rendeva conto che stava commettendo un suicidio collettivo colossale. Succede regolarmente, l’umanità non ha fatto altro che periodicamente massacrarsi orrendamente con sofferenze immense e lo stiamo rifacendo, stiamo allegramente e gloriosamente ricominciando a dire che la guerra è bella. Ma questa volta abbiamo delle armi capaci di farci molto più male del solito, di creare sofferenze e devastazioni immense e mi sembra che stiamo andando nella direzione sbagliata. Forse mi sbaglio ma penso che stiamo rischiando enormemente: la guerra nucleare è vicinissima mentre la politica sta correndo in quella direzione lì, da una parte e dall’altra dell’apparente barricata in cui è divisa ».
Bisogna virare su domande più leggere. Cosa fa nel tempo libero, ha un “hobby”?
«Mah, io non sono abitudinario, per cui non ho un hobby».
La giornata tipo?
«No, quella proprio no. Per esempio, quando ero a Marsiglia avevo una barchetta, un piccolo gozzetto di legno di cent’anni fa, e uscivo sempre. Tornavo dall’università alla sera, invece di andare a casa, saltavo sul gozzetto e andavo in giro in mare. La costa davanti a Marsiglia è spettacolare: rocce, fiordi. Quando il sole tramontava, mangiavo pane, pomodori e formaggio».
Ora a Madrid l’alternativa al gozzo, quale può essere?
«Non so, sono appena arrivato. Madrid è fantastica, non me l’immaginavo così. Intanto c’è il cielo blu, meraviglioso, limpido. La gente è simpaticissima. Sono simpatici come gli italiani, con in più che non si lamentano. Gli italiani sono gente meravigliosa, fra i migliori del mondo, ma hanno un problema: si lamentano sempre. Uno torna dall’estero e dice…”ma di che vi lamentate?”».
Come hanno preso gli spagnoli questa cosa che lei non beve vino?
«Bevo poco. Venendo dal Veneto non potevo non bere».
Uscirà presto il suo nuovo libro…
«Si può dire perché siamo arrivati alla fine: uscirà in autunno con il titolo Sull’eguaglianza di tutte le cose».
Titolo bellissimo, sembra un testo di filosofia.
«Esce con Adelphi e sono le lezioni che ho fatto al Dipartimento di Filosofia a Princeton, in Usa, ed è un po’, come dire, che cosa implica la fisica moderna per le questioni filosofiche».
Contento?
«Molto, specie del titolo perché non riuscivo a trovarne uno che cogliesse l’essenza. Il titolo è quello del secondo capitolo di un testo di filosofia cinese antico, di venti secoli fa, che si chiama Zhuang-zi (Chuang-tzu). Più avanti uscirò anche con un libro agile sugli 80 anni della bomba atomica per Solferino. Un’evoluzione della serie video fatte per il Corriere».
A 70 anni cos’ha capito della vita?
«Che passa, finisce e va bene così».
Se dovesse dire chi è Carlo Rovelli?
«Troppo difficile, non lo so ancora, ora crescendo lo scoprirò, spero. Non mi aspettavo quello che è successo nella mia vita, ad ogni passaggio c’è stata una cosa nuova: ci sono stati momenti molto difficili però è stato molto bello ed ogni volta una sorpresa. Io credo di aver avuto sempre il coraggio di cambiare luogo, di andare a esplorare qualcosa di diverso. Già da ragazzo prendevo e andavo via».
Anche a Napoli senza soldi a 15 anni…
«Ero piccolino, avevo 14-15 anni e avevo deciso di andare in giro da solo a scoprire il mondo. Avevo strappato con estrema fatica il permesso a mio papà. Sono arrivato a Roma e mi sono fatto rubare tutti i soldi ».
Però non è tornato indietro.
«Queste sono le decisioni che ti segnano la vita. In autostop sono arrivato a Napoli ed è stata una delle esperienze più belle della mia vita perché arrivarci così senza soldi con il bisogno di mangiare e dormire, vuol dire incontrare la straordinaria generosità del mondo: in quella città se non hai nulla, ti danno da mangiare e ti accudiscono, come hanno fatto con me. Credo che quelli che mi hanno rubato i soldi a Roma fossero dei napoletani. E quindi è meraviglioso, no?».
Economia circolare.
«Sì, non credi alla proprietà privata, no? Se hai i soldi te li levano, se non li hai te li danno: è bella, è meravigliosa la vita così. È il mondo come vorremmo che fosse».
Oltre alla fisica, quanto è importante l’amore nella sua vita?
«Beh, tantissimo. Molto più che la fisica. Io mi sono innamorato moltissimo, ho avuto una vita sentimentale molto agitata, confusa, con grandissime passioni, entusiasmi e disperazioni. Le mie grandi depressioni hanno coinciso con la fine dei grandi amori, perché i grandi amori spesso finiscono, e questo è terribile. La maggior parte dei pensieri della mia vita, in realtà, non erano sulla fisica, erano sull’amore e sugli amori. Da tanti anni c’è stata una svolta. Per la prima volta nella mia vita ho imparato che non ho voglia di fuggire, di complicare. La vita è bellissima. Forse, alla fine, il regalo più grande che ho avuto nella vita è la mia attuale compagna».
Una frase potente.
«Io sono figlio della generazione in cui si è pensato di cambiare tutto, anche i rapporti d’amore: c’è stato un rifiuto della famiglia e un tentativo di vivere i sentimenti in maniera più ampia, diversa. È stato molto intenso e molto faticoso, ci siamo anche fatti molto male: le cose cambiano, io vedo i giovani di oggi che esplorano nuove vie, i poliamori, il mondo gira, il mondo cambia e li guardo con molta curiosità e simpatia per vedere cosa fanno, sono curioso di vedere dove vanno».
Quindi non è di quelli che si lamentano dei giovani, che dicono che quelli di prima erano migliori?
«No, no, i giovani oggi sono fantastici, li trovo molto più colti di noi, pieni di idee, bellissimi, noi eravamo – tutti, anche quelli che vivevano a New York – provinciali a confronto con i ragazzi di adesso».
C’è qualcosa che non rifarebbe della sua vita?
«Rifarei tutto, esattamente così».
Le stesse parole di Vasco Rossi. Ennesima conferma che anche Carlo Rovelli è una rockstar.
A questo link si trova la serie video sulla bomba atomica, firmata da Carlo Rovelli; qui sotto il primo video.
CHI E’
La vita
Carlo Rovelli è nato a Verona il 3 maggio 1956: dopo il liceo classico si è laureato in Fisica a Bologna con dottorato a Padova. In quegli anni ha partecipato ai movimenti politici studenteschi (nella foto): è stato denunciato e poi assolto per reati d’opinione legati al libro Fatti nostri. Bologna marzo 1977, che ha curato insieme a Enrico Palandri, Maurizio Torrealta e Claudio Piersanti. È stato arrestato e detenuto brevemente nel 1977 per renitenza al servizio militare, allora obbligatorio in Italia.
La carriera
Fisico teorico, docente e scrittore, con il libro Sette brevi lezioni di fisica, tradotto in 41 lingue, ha venduto due milioni di copie. La sua principale attività scientifica è nell’ambito della teoria della gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity), di cui è uno dei fondatori. Si è occupato e si occupa anche di storia e di filosofia della scienza.
17 agosto 2025 ( modifica il 17 agosto 2025 | 19:07)
© RIPRODUZIONE RISERVATA