Cosa succederà alle pensioni nel 2026? Il periodo di attività politica intorno alla legge di Bilancio sta per cominciare e, mentre si avvicina la Manovra, iniziano anche ad aumentare le domande su cosa sarà incrementato, cosa sarà abbandonato e cosa sarà invece prorogato. Tra queste le tipologie di pensione non strutturali, ancora in fase sperimentale, che anno dopo anno devono essere prorogate. Alcune hanno avuto più successo di altre e saranno naturalmente o prevedibilmente confermate, mentre alcune tipologie come Quota 103 saranno abbandonate.

Mentre per le tipologie di pensioni strutturali, previste dalla legge, potrebbero comunque esserci delle modifiche, cambiare alcuni requisiti ed essere aggiustate o riviste. Come ogni anno, quello delle pensioni sarà una delle voci della Manovra più delicate da affrontare. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha già fatto sapere, su uno dei temi più discussi, che non ci sarà l’adeguamento automatico previsto dalla regola della legge Fornero. Questo potrebbe infatti essere rinviato di circa due anni, con un costo stimato tra 300 milioni e un miliardo di euro.

Stop all’aumento dell’età pensionabile

Si avvicina la Manovra di bilancio e si torna a parlare di pensioni con non pochi dubbi. Si tratta di uno dei capitoli più complessi che il governo dovrà affrontare. Infatti si avvicina il 2027, che è l’anno dell’adeguamento automatico dell’età di pensionamento alla speranza di vita. Secondo quanto calcolato dall’Istat, l’aumento sarebbe di tre mesi. Si tratta di un passaggio che corrisponde a:

  • da 67 anni a 67 anni e 3 mesi per la pensione tradizionale;
  • da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e un mese per gli uomini per l’uscita anticipata;
  • da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e un mese per le donne per l’uscita anticipata.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha fatto sapere che l’adeguamento automatico sarà con molta probabilità rinviato di almeno due anni. Questa decisione avrà un costo tra i 300 milioni e un miliardo di euro. Ma come riporta la Ragioneria generale dello Stato nel rapporto “Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario” il problema è un altro.

L’idea sarebbe quella di eliminare il meccanismo di adeguamento automatico dell’età pensionistica alla speranza di vita, ma questo potrebbe avere un effetto negativo sugli assegni pensionistici. Secondo la Ragioneria, infatti, chi andrebbe in pensione a 67 anni e 3 mesi rischierebbe un assegno più basso di quasi il 9% (nel caso di lavoratori autonomi del -7,9%). Questo perché ci sono due meccanismi che lavorano insieme: l’adeguamento all’età (che fa crescere l’assegno pensionistico perché si lavora più a lungo e si accumulano più contributi) e il meccanismo di coefficiente di trasformazione. Cambiare o fermarne uno soltanto può avere come effetto collaterale quello di ridurre le pensioni.

Cosa succederà a Quota 103

Quota 103 è destinata a essere cancellata. L’uscita a 62 anni di età e 41 di contributi è stata prorogata fino al 31 dicembre 2025 ma è in fase di dismissione. Si tratta infatti di uno strumento poco utilizzato e che non ha convinto i lavoratori e le lavoratrici in uscita.

Per questo si prevedono nuove uscite anticipate. Diverse le ipotesi sul tavolo, come l’uscita a partire da 64 anni con almeno 25 anni di contributi, con un calcolo interamente contributivo. Questo tipo di uscita potrebbe, secondo gli esperti, avere una pensione minima pari a tre volte l’assegno sociale e con la possibilità di integrare il trattamento con il TFR versato in un fondo pensione.

Nel pratico, un lavoratore con 64 anni e 30 anni di contributi potrebbe accedere alla versione anticipata, se la sua pensione lorda supera i 1.575 euro mensili con la previdenza integrativa.

Opzione donna sarà prorogata?

Anche Opzione donna non è stata molto utilizzata, ma questo per via dei criteri che ne hanno ridotto molto la platea. Si tratta quindi di una misura poco ampia e che si può ormai vedere come residuale o in via di dismissione. Potrebbe essere rinnovata in assenza di un’alternativa convincente o potrebbe essere sostituita con un’unica uscita anticipata, senza uno strumento pensato apposta per le lavoratrici.