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Per la prima volta dopo vent’anni la Bolivia non avrà un presidente di sinistra. Al primo turno delle elezioni presidenziali di domenica, col 90 per cento di schede scrutinate, i due candidati più votati sono il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira (per ora al 32 per cento) e l’ex presidente di destra Jorge Quiroga (al 27 per cento). Pereira e Quiroga andranno quindi al ballottaggio, fissato per il 19 ottobre, mentre resteranno fuori tutti i candidati della sinistra, che si era presentata divisa.
Il partito di sinistra Movimiento al Socialismo (Mas) ha perso per la prima volta dal 2006, a causa di un grosso calo dei consensi per la pessima situazione economica, ma soprattutto per lo scontro tra il presidente attuale, Luis Arce, e lo storico ex presidente Evo Morales, che non ha mai rinunciato all’obiettivo di tornare al potere nonostante abbia superato il limite dei mandati (ne ha fatti tre, tra il 2006 e il 2019).
È la prima volta nella storia recente della Bolivia che ci sarà un ballottaggio (fino alla riforma costituzionale del 2009 se un candidato non otteneva al primo turno la maggioranza assoluta dei voti, o il 40 per cento con un vantaggio di almeno 10 punti sul secondo, era il parlamento a eleggere il presidente).
Rodrigo Paz dopo la diffusione dei risultati preliminari, a La Paz, il 17 agosto (AP Photo/Freddy Barragan)
La vittoria di Paz è stata una sorpresa: negli ultimi sondaggi era al terzo posto e all’inizio della campagna elettorale superava di poco il 2 per cento. Paz ha 57 anni ed è figlio dell’ex presidente Jaime Paz Zamora (1989-1993). È nato in Spagna, dove suo padre si trovava in esilio politico ai tempi della dittatura militare di Hugo Bánzer Suárez. Secondo le prime analisi, Paz è riuscito a intercettare consensi sia tra i sostenitori del Mas, delusi dalle lotte interne, sia nell’elettorato conservatore.
Paz ha fatto campagna insieme a Edman Lara Montaño: un ex poliziotto, anche noto come capitán Lara (“capitano Lara”), che è diventato popolare sui social network per le sue denunce dei casi di corruzione nella polizia, un’istituzione screditata in Bolivia. Paz lo ha indicato come suo vicepresidente: la visibilità di Lara ha aiutato Paz anche a presentarsi come esterno ai partiti istituzionali.
Non a caso i principali slogan di Paz erano contro la corruzione: uno di questi è «capitalismo per tutti, non per una minoranza», legato alla proposta di redistribuire i fondi del governo centrale alle amministrazioni locali. Paz ha già ottenuto l’appoggio del centrista Samuel Doria Medina, arrivato terzo con circa il 20 per cento, in vista del ballottaggio.
Un seggio a El Alto, il 17 agosto (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Quiroga, il candidato della destra più radicale, è un politico molto noto in Bolivia. Questa era la sua quarta candidatura alle presidenziali: ci aveva già provato nel 2005 (arrivò secondo) e nel 2014 (terzo), nel 2020 invece si era ritirato una settimana prima delle elezioni. Era stato vicepresidente della Bolivia tra il 1997 e il 2001, poi fino al 2002 divenne brevemente presidente ad interim dopo le dimissioni per motivi di salute di Bánzer (l’ex dittatore che era rimasto attivo in politica dopo la fine del regime, nel 1978, e fu eletto presidente a fine anni Novanta dopo aver appoggiato la candidatura di Paz padre nel 1989).
Quiroga propone politiche di austerità economica, tra cui la cancellazione dei sussidi per il carburante, soggetto a periodiche carenze; la vendita delle aziende pubbliche e una serie di accordi con aziende straniere per sfruttare le riserve di litio del paese. La sua campagna elettorale era basata sulla promessa di un cambiamento radicale rispetto ai «vent’anni perduti» in cui ha governato il Mas. A livello internazionale, sostiene che il paese debba allontanarsi dai suoi alleati tradizionali – Cuba, Venezuela e Nicaragua – per migliorare le relazioni con Stati Uniti e Unione Europea.
Una funzionaria mostra una scheda nulla col nome dell’ex presidente Evo Morales, a Entre Rios, il 17 agosto (AP Photo/Jorge Saenz)
I candidati della sinistra, Andrónico Rodríguez e Eduardo del Castillo, sono andati particolarmente male. Del Castillo, che è un ex ministro, era il candidato ufficiale del Mas ed è arrivato sesto col 3 per cento. Rodríguez, presidente del Senato uscente, era stato considerato una specie di erede di Morales, perché proviene dal suo stesso sindacato dei cocaleros (in Bolivia coltivare la coca non è illegale), che però gli aveva dato del traditore. È arrivato quarto.
Morales, come detto, aveva provato a ricandidarsi ma sia il Tribunale elettorale che la Corte costituzionale avevano stabilito che non potesse ripresentarsi, avendo superato il limite dei mandati. L’ex presidente allora aveva invitato i suoi sostenitori, che sono ancora numerosi, a invalidare la scheda (lo slogan era voto nulo, “voto nullo”). Sembra che questo appello sia stato ascoltato: secondo i risultati preliminari, i voti nulli sono stati quasi 1,2 milioni, circa il 19 per cento di quelli espressi (storicamente erano il 5 per cento).
Uno striscione che fa propaganda per il voto nullo, a Villa Tunari, il 15 agosto (AP Photo/Jorge Saenz)
Insieme alle presidenziali si votava anche per il nuovo parlamento. I risultati preliminari sono disastrosi per la sinistra e risentono della sua frammentazione: al momento, tra i seggi assegnati, il Mas ne ha ottenuto solo uno alla Camera e nessuno al Senato (lo scrutinio è in corso). Il partito aveva la maggioranza in entrambe le camere del parlamento uscente.
Il Tribunale elettorale ha ricordato che i risultati non sono definitivi: quelli ufficiali saranno diffusi entro una settimana. Dipende dal fatto che in Bolivia lo scrutinio dei voti avviene secondo due modalità: una, più veloce, basata su scansioni delle schede (quella di domenica sera-lunedì mattina) e una, più lenta, a mano nei seggi.
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