I tumori del collo dell’utero non fanno distinzione di età: a rischio sono anche le over65. E oggi lo sono più di quanto non fossero in passato, complice anche l’allungamento della vita, compresa quella sessuale. A portare l’attenzione sulle infezioni da Papillomavirus umano (Hpv) e sul conseguente rischio di cancro alla cervice in questa fascia di età – attualmente esclusa dallo screening – è uno studio pubblicato su Gynecology and Obstetrics Clinical Medicine.

La newsletter di Oncodonna

29 Novembre 2024

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Quanti tumori della cervice nelle over65?

Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), si stima che nel 2022 ci siano stati quasi 160 mila casi nel mondo di tumore della cervice tra le donne con più di 65 anni, e oltre 124 mila decessi. Parte da questa constatazione il nuovo studio: una ricerca retrospettiva condotta in Cina sui dati di oltre due milioni di donne sottoposte a screening – il classico Pap Test e il più recente Test Hpv – tra il 2017 e il 2023 presso più di 600 strutture. Solo il 2% era stata vaccinata contro l’Hpv. L’età media delle donne era di 40 anni, e la maggior parte di loro aveva tra 25 e 54, mentre meno dell’1% aveva 65 anni o più (17.420 donne).

I ceppi Hpv più frequenti e le infezioni multiple

Ebbene, emergono delle importanti differenze tra donne giovani e meno giovani: circa il 14% delle over65 è risultato positivo ai ceppi ad alto rischio, contro solo l’8% di quelle più giovani; nelle prime, inoltre, era più frequente l’infezione multipla da parte di molti ceppi diversi (23% contro il 16,5%). Un’informazione importante, perché il rischio di avere lesioni precancerose (Cin2) è risultato proporzionale al numero di ceppi di virus presenti: in particolare, nelle ultrasessantacinquenni è risultato di 56 volte superiore in caso di infezione singola, di 66 volte in caso di infezione doppia e di 85 volte in caso di infezione tripla o multipla.

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16 Giugno 2025

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I ceppi Hpv che causano il cancro

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IArc) ha individuato 12 ceppi oncogeni (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58 e 59), ma non tutti comportano lo stesso rischio di sviluppare un tumore. I più pericolosi sono i ceppi 16, 18 e 31. Ai primi due, in particolare, si deve circa il 70% dei casi di tumore della cervice, mentre ai ceppi 31, 33, 45, 52 e 58 si attribuisce un altro 15–20%. Il restante 5% è correlato agli altri ceppi, con alcune variazioni regionali. Nella popolazione cinese over 65 esaminata, i genotipi prevalenti erano, nell’ordine, 52, 16, 58, 56 e 68, e quelli più di frequente associati a lesioni pre-tumorali erano il 18, il 16 e il 33.

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05 Marzo 2025

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Rischio Hpv e tumori: come cambia prima e dopo i 65 anni

Gli autori hanno inoltre confrontato la frequenza di Cin2 e tumori prima e dopo i 65 anni: il rischio di lesioni pre-tumorali nelle over 65 sembra raddoppiare e quello di cancro alla cervice appare aumentato addirittura di 9 volte. “Lo studio ha diversi limiti, primo fra tutti il fatto che le donne oltre i 65 anni, ad oggi escluse dallo screening anche in Cina, probabilmente hanno effettuato un controllo in seguito a dei sintomi, mentre lo screening è diretto a donne asintomatiche: poiché è più facile che chi ha un sintomo abbia una infezione da Hpv, le due popolazioni – over e under 65 – non sono completamente confrontabili”, commenta a Oncodonna Rosa De Vincenzo, ginecologa oncologa della Fondazione Policlinico Gemelli, Irccs e Presidente eletto della Società Nazionale di Colposcopia e Patologia Cervico-Vaginale. In breve, comparare le percentuali di infezioni, di lesioni pretumorali o di tumori individuati in donne over e under 65 può portare a trarre delle conclusioni non completamente corrette. Se non si tiene conto di questo, spiega l’esperta, i risultati rischiano di essere inutilmente allarmanti. Ciò detto, la ricerca offre spunti di riflessione validi anche per noi europei, sebbene la situazione socio-sanitaria sia molto diversa da quella cinese”.

Un altro concetto importante dello studio, secondo De Vincenzo, è quello delle infezioni multiple: “Presentare contemporaneamente più genotipi diversi aumenta il rischio. Questo è un elemento scientificamente interessante, insieme ai dati sui diversi genotipi individuati. Oggi, infatti, la conoscenza della precisa genotipizzazione è fondamentale, visto che è ormai dimostrato che c’è un potenziale oncogeno differente tra i diversi genotipi di Hpv ad alto rischio”. L’Hpv 16 rimane sempre tra quelli più pericolosi nelle diverse nazioni del mondo.

Infezioni da Hpv e tumori testa-collo: verso un test per la diagnosi precoce

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03 Aprile 2025

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Picco di infezioni in peri-menopausa, ecco perché

“Lo studio ha il merito di portare l’attenzione su una popolazione ‘anziana’ che oggi va assolutamente presa in considerazione, visto l’allungamento della vita in generale e, di conseguenza, della vita sessuale, con la possibile esposizione a nuove infezioni anche in post menopausa – riprende l’oncologa – Inoltre, è documentato a livello sia mondiale sia nazionale che esiste un secondo picco di positività all’Hpv proprio nella fascia peri-menopausale, tra i 44 e i 55 anni”.

I motivi, dice, possono essere diversi: l’invecchiamento del sistema immunitario e, quindi, la minore capacità di superare l’infezione spontaneamente rispetto alle donne di 30 anni; la modificazione a livello ormonale, con il calo degli estrogeni che porta alla cosiddetta “secchezza vaginale” (più correttamente chiamata sindrome genito-urinaria), per cui durante l’atto sessuale possono crearsi delle microferite che facilitano la penetrazione del virus; il cambiamento del microbiota vaginale (sempre a causa del calo degli estrogeni), con una diminuzione dei lactobacilli che predispone sia a nuove infezioni sia al ‘risveglio’ (slatentizzazione) di quelle pregresse, ‘dormienti’, ma ancora presenti.

Estendere lo screening?

In ragione di tutti questi motivi, e sulla base dei loro nuovi dati, gli autori cinesi propongono di valutare l’estensione dello screening anche dopo i 65 anni. “Serve però cautela – dice De Vincenzo – Prima di tutto va considerata la difficoltà oggettiva di effettuare lo screening nelle donne over 65, che spesso provano molto più fastidio, se non dolore durante il prelievo dei campioni per i test e che sanguinano più facilmente, un fattore che può alterare i risultati, dando più falsi positivi. Inoltre, la colposcopia (la procedura che permette di analizzare in modo più accurato la cervice) è più difficile e meno soddisfacente, perché la porzione di epitelio dove più facilmente si formano le lesioni pretumorali e tumorali tende a risalire nel canale cervicale”.

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Meglio personalizzarlo

Più che estendere l’età dello screening aumentando i limiti di età, per De Vincenzo questo andrebbe personalizzato, tenendo conto della storia personale della donna, comprese le informazioni su: regolarità degli screening cervicali precedenti, stile di vita e abitudini sessuali; se, come e quando è stata vaccinata; eventuale assunzione di terapie immunosoppressive; se è stata trattata per patologie Hpv correlate o curata per un tumore, anche non della cervice. “Le linee guida dello screening cervicale nazionali, elaborate dal Gruppo Italiano screening del cervicocarcinoma (Gisci) – conclude De Vincenzo – sono più garantiste: pongono grande attenzione all’anamnesi della donna, in particolare se ha avuto trattamenti per lesioni da Hpv, o una positività del test di screening anche all’ultimo controllo vicino ai 65 anni. Sappiamo che permane un elevato rischio di recidiva a lungo termine in chi ha ricevuto un trattamento, come per esempio la conizzazione, e sarebbe opportuno continuare a fare controlli di screening per almeno 10 anni post trattamento. In alcune nazioni europee, per questi casi si sta considerando di spostare il limite di età di uscita a 70-74 anni”. Insomma, si va verso uno screening personalizzato, basato non tanto su una rigida categorizzazione anagrafica, ma sulla stratificazione del rischio.