di
Fabrizio Roncone
Colpisce l’età media delle persone presenti alla camera ardente del conduttore tv: è relativamente bassa e il dato spiega bene quanto e come Pippo Baudo sia entrato nell’animo degli italiani
Hanno già scritto tutto, Pippo. Hanno detto tutto. Chi sei stato, cos’hai rappresentato per questo Paese. Il tuo genio. La tua televisione. La tua gloria. Spiegata con magnifici «coccodrilli» e appassionati e sinceri (per una volta) commenti. A cui vanno aggiunte le decine di interviste, tra aneddoti privati e pubblici, rilasciate dai più famosi personaggi dello spettacolo, alcuni travolti da una riconoscenza ai limiti della devozione.
Adesso, però, tocca a noi.
Veniamo a salutarti noi che stavamo davanti alla tv — all’inizio ancora in bianco e nero — e sul divano c’erano le mamme e i papà, le nonne sulla sedia per via dell’artrosi alle ginocchia, e poteva essere il sabato sera o la domenica pomeriggio, ma non ce lo potevamo proprio perdere Pippo, anzi Pippobaudo, detto così, tutto d’un fiato, come continua a chiamarti il tuo pubblico in questa mattina d’agosto, mentre entriamo dentro la camera ardente allestita dalla Rai nel Teatro delle Vittorie, con le luci giuste, in una penombra perfetta, accompagnati dalle note di «Donna Rosa» e, in fondo al cuore, il rumore di un esercito che marcia nella palude dei ricordi e della nostalgia.
Il feretro è al centro, chiuso. Una cassa di legno chiaro, semplice. Un cuscino di rose rosse. Ai lati, quattro corone. Inviate dal comune di Roma, dalla Camera dei deputati e dal Senato. Quella del Presidente Sergio Mattarella ha il picchetto di due carabinieri in alta uniforme. Dietro, uno sfondo, come un sipario di velluto, su cui vengono proiettate alcune immagini di Pippo. Eccolo insieme a una giovanissima Raffaella Carrà. E con Mariangela Melato. E ci sono pure Massimo Ranieri. E la Carlucci. Poi, quella foto storica dei moschettieri di via Teulada: accanto a Mike, Corrado e Tortora.
La gente sfila con ordine. Non c’è coda, dietro alle transenne. È impietoso mettersi a calcolare il numero di coloro che sfilano. Se muori a Roma il giorno dopo Ferragosto devi sapere che la città è vuota. Perciò, a maggior ragione, colpisce l’età media di questo popolo: è relativamente bassa e il dato spiega bene quanto e come Pippobaudo sia entrato nell’animo degli italiani. Anche di quelli che hanno vissuto la sua leggendaria epopea solo di striscio (senza, quindi, assistere alla rivoluzione con cui scardinò le regole del varietà: portando in scena Benigni, Troisi e Grillo). Entrano, accennano un segno della Croce, dicono «Grazie», escono e incrociano Massimo Lopez. Viene avanti a capo chino. Turbato. Poco fa sono venuti anche Tiberio Timperi e Giovanni Floris. I primi ad arrivare sono stati Eros Ramazzotti e poi, tenendosi sottobraccio, Mara Venier e Katia Ricciarelli, che con Baudo fu sposata. Nessuna morbosa curiosità. La vita privata di Pippobaudo è sempre stata blindata. Stefano De Martino, che lui considerava il suo erede, questa estate ha già accumulato una quantità imprecisata di copertine, flirt, baci paparazzati (più l’ultimo caso di hackeraggio). Ma Pippo apparteneva a un’altra Italia. Piena di moderazione e prudenza. Sobria ed elegante. Ci raccontano che, per quest’ultimo spettacolo, gli abbiano fatto indossare il suo smoking. Uno smoking all’antica, senza strass. Com’era lui: privo di eccessi, rassicurante, serio. Molto siciliano e «testardamente democristiano», ricorda Clemente Mastella.
Lino Banfi, adesso, sta dicendo che questo teatro, simbolo della Rai, dovrebbe prendere il nome di Pippo. Ma poi compare Fiorello e ha un’idea ancora più forte. «Una statua di Baudo al posto del cavallo di viale Mazzini». Fiorello, accompagnato dalla moglie Susanna Biondo, ha gli occhi liquidi. Prova a trattenersi. Non resiste. E, con la mano davanti al viso, si scioglie in un pianto breve, composto. Roberto Sergio, il direttore generale della Rai, gli prende il braccio e glielo stringe. Sergio, da ore, è seduto alla destra del feretro. Accanto ha Carlo Conti e la consigliera d’amministrazione Simona Agnes, più altri tizi, capi e capetti dell’azienda tutti incravattati, che evito di menzionare, perché i loro nomi non vi direbbero niente e casomai sarebbe sfizioso — ma non è il momento — raccontarvi come sono arrivati a quegli incarichi, e grazie a quali partiti. Quando arriva qualche faccia famosa, sono comunque le luci accese dei fotografi e delle telecamere, ad avvertire. Ecco Pigi Diaco e Alessio Orsingher, poi Flavio Insinna e Michele Guardì: che bacia la bara e va a mettersi accanto a Sergio. Il quale, com’è ovvio, riceve molte strette di mano. Ma una signora bionda — l’ufficio stampa della Rai sostiene si tratti di Federica Gentile — gli ronza intorno fino a intavolare una vera e propria trattativa. Sergio: «Sul serio il 15 settembre vuoi condurre tu?». E lei: «Sì, mi piacerebbe…». «Sei proprio sicura?». Lei, accorata (e di spalle a Pippo): «Sì sì…». Così Sergio prende il cellulare e scrive qualcosa, non si capisce bene se è un whatsapp diretto a qualche capostruttura o a boh, la Rai è un luogo fantastico, come il programma che qui Pippobaudo condusse con successi strepitosi.
Dopo aver reso omaggio a Sergio, tutti girano intorno al feretro e passano ad abbracciare la figlia del presentatore, Tiziana, e Dina Minna, storico angelo custode. Fanno così Giucas Casella, Aragozzini, il maestro Mazza. Di colpo, compaiono — tenendosi per mano — Gianni Morandi e Giorgia. «Aho’! C’è pure la Pausini…». E, con lei, anche Paola Cortellesi. La Pausini e Giorgia furono scoperte da Pippo in lontanissimi Sanremo. «Avevo 22 anni, ora ne ho 54… Negli ultimi tempi, Pippo aveva acquisito una nuova, stupenda dolcezza». Non è un dettaglio. Perché Pippo, sebbene responsabile della scoperta di Beppe Grillo, il comico che poi avrebbe inoculato nelle vene del Paese il terrificante virus dell’«uno vale uno», esaltando la modestia come un valore, era in realtà estremamente esigente. Con se stesso. E con gli altri. Capace di stravolgere la scaletta un minuto prima di salire sul palco dell’Ariston (13 edizioni, eh). Severo, puntiglioso, Pippo è stato un grandioso maestro di meritocrazia.
Chiedono: politici? Avvistato Antonio Tajani. Altro? Cos’altro vuoi aggiungere, quando hai appena visto partire Pippo e tutti ci ritroviamo, di colpo, molto più vecchi?
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18 agosto 2025 ( modifica il 18 agosto 2025 | 22:57)
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