di
Simona De Ciero
L’obiettivo è raggiungere 100 mila prestazioni in più, ma le prestazioni «after hours» costano oltre dodici volte il prezzo iniziale nel caso di una prima visita specialistica, il doppio degli esami diagnostici come tac al cuore o al torace
Un fiume di soldi per un effetto tutt’altro che risolutivo, ovvero trecento euro a prestazione: oltre dodici volte il prezzo iniziale nel caso di una prima visita specialistica e il doppio degli esami diagnostici come tac al cuore o al torace. È la cifra esorbitante che la Regione sborsa (in media) per visite ed esami effettuati la sera e nei fine settimana. Un progetto avviato la scorsa primavera per tentare di abbattere le liste d’attesa piemontesi e che sarà attivo fino a fine anno.
Lo scorso marzo, infatti, la giunta ha stanziato 30 milioni di euro con lo scopo di abbattere i troppi arretrati ed eseguire, extra orario di servizio, 100 mila prestazioni. Il piano è stato suddiviso in due fasi: la prima (marzo-giugno) vale 20 milioni di euro per 65 mila appuntamenti; la seconda (luglio-dicembre), ulteriori 10 milioni di euro per 35 mila visite ed esami, così da arrivare a quota 100 mila prestazioni fuori agenda entro fine anno. Calcolatrice alla mano, quindi, le casse regionali stanno versando un sacco di soldi. Più di quanto, invece, ricevono dallo Stato a parità di servizio durante un normale turno di lavoro eseguito entro le fasce orarie tipiche del sistema sanitario nazionale.
Non che questi soldi li debba sborsare direttamente il paziente — sia chiaro -— che continua a pagare lo stesso ticket valido nei giorni infrasettimanali. Si tratta di una scelta politica, ovviamente. È bene ricordare che si parla di soldi pubblici versati dai contribuenti tramite le tasse.
Il «borsino» delle prestazioni
In primis, vediamo quanto paga il ministero della salute che: alla fine dello scorso anno e in accordo con il Mef, ha aggiornato — non succedeva da 28 anni — il nomenclatore delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e dopo 25 anni quello dell’assistenza protesica, fermo rispettivamente al 1996 e al 1999.
Di che si tratta? Di quel documento che stabilisce, appunto, quanto viene rimborsato dallo Stato per ogni prestazione effettuata dal servizio sanitario nazionale. Qualche esempio di quanto viene restituito alle Regioni. Per una colonscopia totale con endoscopio flessibile vengono rimborsati 120 euro, 25 euro per una prima visita pneumologica e 17,90 per una di controllo. Un primo appuntamento dall’oculista costa 25,80 euro, un ecodoppler degli arti inferiori 47 euro, una mammografia bilaterale 40 euro e per una monolaterale vengono richiesti 26,50 euro.
Tra gli esami diagnostici più costosi che rientrano nelle prestazioni eccezionali in atto in Piemonte la sera e nei fine settimana, poi, ci sono l’esofagogastroduodenoscopia con biopsia in sede multipla, che costa 172 euro; e le tac a cuore e torace, che costano 162 euro; più in generale, le tac restano tutte sotto la soglia dei 200 euro, eccezion fatta per le total body oncologiche che, però, non rientrano nell’elenco regionale delle prestazioni esercitare la sera e nei weekend.
L’esborso per le casse pubbliche
In soldoni, ogni prestazione fatta fuori orario ha un costo esorbitante per le casse regionali. Sta valendo davvero la pena investire 30 milioni di euro nel piano straordinario di abbattimento delle liste d’attesa? Un esempio su tutti farebbe dire di perlomeno «ni». Eccolo. Al Mauriziano di Torino lo scorso febbraio (prima dell’avvio del piano speciale contro i lunghi tempi d’attesa) per un’ecografia dell’addome — tra le più gettonate la sera e nei weekend — si aspettava un anno e dopo la prima fase di progetto (da fine giugno) si attendeva 275 giorni (100 giorni in meno). Oggi? Purtroppo, i tempi di attesa sono risaliti e attualmente toccano quota 346 giorni. Ovvero, sostanzialmente, come prima dell’avvio del progetto.
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18 agosto 2025 ( modifica il 18 agosto 2025 | 13:30)
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