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Dalla Bolivia giungono i risultati della tornata elettorale di ieri, 17 agosto: per la prima volta dopo vent’anni non ci sarà un presidente di sinistra. Alle urne 7,9 milioni di elettori, chiamati a scegliere il presidente, 36 senatori e 130 deputati, hanno decretato la fine di un’era: la Bolivia svolta a destra.
APPROFONDIMENTI
I risultati elettorali
Sarà un inedito turno di ballottaggio, il 19 ottobre, a decidere chi sarà il prossimo presidente della Bolivia. A sorpresa, il senatore di centro destra di matrice cattolica Rodrigo Paz Pereira è in testa con circa il 32% dei voti. Al secondo turno si scontrerà con l’ex presidente di destra Jorge ‘Tuto’ Quiroga, candidato della destra radicale Alianza Libre, che raggiunto quasi il 27% dei consensi. Fuori dal ballottaggio Samuel Doria Medina di Alianza Unidad (20%), Andrónico Rodríguez – preso a sassate al seggio – di Alianza Popular (8%) e l’ex ministro appoggiato dall’attuale presidente Luis Arce, Eduardo del Castillo ( 3%). I risultati non sono ancora definitivi (lo spoglio è quasi al 92%), ma la situazione sembra certa: non ci sarà un presidente di sinistra.
Vent’anni di socialismo
Sembra passata una vita da quando in Bolivia è andato al governo il Movimento al Socialismo (Mas). Un ventennio di sinistra, che ha attraversato anni densi di storia, dalla recessione economica mondiale del 2008 al Covid-19. Il partito, influenzato dal marxismo e del nazionalismo del Movimiento Nacional Revolucionario, era arrivato al potere con la prima elezione di Evo Morales nel 2005 come primo presidente indigeno della nazione per lungo tempo dominata da un’èlite ricca bianca. Tra le azioni più significative, la nazionalizzazione delle risorse naturali (soprattutto del gas) e la redistribuzione della ricchezza attraverso programmi sociali e sussidi. Nell’atto pratico, il Mas ha portato avanti la costruzione del socialismo del XXI secolo, tra politiche anti-imperialiste, anti-colonialiste e anti-liberiste. «Vent’anni perduti», li aveva chiamati il candidato di estrema destra Quiroga, ora al ballottaggio.
Il vento della destra
In questi anni, però, in Bolivia è maturato un nuovo sentimento politico. Il Mas è imploso tra i dissidi interni: un forte scontro tra il presidente attuale, Luis Arce, e lo storico ex presidente Evo Morales sul tema della rielezione di quest’ultimo oltre il limite dei mandati ha diviso in due il partito. Il Paese, inoltre, sta affrontanto una delle peggiori crisi economiche de secolo, con inflazione al 17% tra gennaio e luglio 2025 e gravi carenze di carburante e valuta straniere e il malcontento nei confronti dell’attuale partito di governo Mas è molto forte. «La Bolivia non chiede solo un cambio di governo, ma anche un cambio di sistema politico», ha dichiarato Paz.
Entrambi i partiti di destra finiti al ballottaggio, invece, avevano impostato la campagna elettorale su una riduzione della spesa pubblica, l’apertura agli investimenti stranieri e il rilancio delle relazioni con gli Stati Uniti, che negli anni hanno avuto alti e (molto) bassi. Paz è anche riuscito a incanalare le insoddisfazioni della popolazione sulla questione della corruzione dilagante in Bolivia: lo slogan «capitalismo per tutti, non per una minoranza» e le arringhe di Edman ‘Capitàn’ Lara Montaño (ex poliziotto noto sui social per le denunce di corruzione della polizia e indicato da Paz come vicepresidente) hanno cadenzato la campagna elettorale.
E come si è potuto vedere, è stata la strategia vincente.
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