di
Alessio Di Sauro

Una giornata nel parco acquatico, tra arrosticini e pasta al forno a 40 gradi, scivoli di 80 metri vietati ai cardiopatici e altoparlanti anche in bagno. «Occhio a non perdere i braccialetti all’ingresso: costano peggio di un Rolex»

È l’ultima spiaggia dei milanesi ma i maligni sussurrano che, con buona pace dell’Idroscalo, sia anche la prima e l’unica. Il vero oggetto del desiderio del popolo post ferragostano dell’Acquaworld di Concorezzo pare siano le onde: artificiali, beninteso, e pazienza se il motore asfittico della vasca non elevi il livello delle acque che di una ventina di centimetri, stima al rialzo. Sarà che di cavalloni naturali in Lombardia non c’è traccia, sarà che il mare dista 200 chilometri ma è lì che si concentrano in massa ogni mezz’ora gli avventori della struttura, trentacinquemila metri quadri di scivoli, spiagge finte, bar, saune e ancora bar che ne certificano il primato di più grande parco acquatico della Lombardia

Al segnale del vocalist birre e panini perdono di importanza, stessa cosa per gli smartphone, che da estensione del corpo diventano ora inutile intralcio e, al netto dei più temerari che se lo portano appresso in acqua, vengono abbandonati a proprio rischio e pericolo sugli asciugamani. I nipotini partecipano ma con distacco, il monopolio dell’entusiasmo è tutto dei nonni: sono loro che si riversano in massa a mollo azzardando passi di zumba, a sfidare il principio dell’impenetrabilità dei corpi ancor più che l’umidità equatoriale che ristagna al chiuso del cupolone in plexiglass.  Sì, al chiuso: era il 2011 quando l’allora governatore Formigoni tagliò il nastro del parco, concepito per rappresentare un’alternativa ai centri commerciali nei finesettimana invernali; il 2023 quando, a otto anni dalla benedizione del Celeste, la proprietaria Bluwater decise di raddoppiare aggiungendo ai vecchi spazi coperti spiagge artificiali e nuove costruzioni en plein air che lo facessero assurgere, nelle intenzioni della direzione, a succursale brianzola della Polinesia.



















































Tra cinema multisala e isola di Jurassic Park

In ordine sparso e non esaustivo: venti scivoli a tasso di adrenalina variabile (ma sempre soprindicato) un’area benessere con spa, sauna, grotta temporalesca e fiumiciattolo interno, sala plenaria per convention aziendali e addii al nubilato (sic!), tre punti ristoro e, soprattutto, un gigantesco arenile tematizzato a mo’ di laguna tropicale, con spiaggia bianca di malmostosa consistenza, palme e ombrelloni di paglia. 
La laguna, si diceva. Se gli spazi interni – coperti dallo stesso rivestimento trasparente in Efte utilizzato per l’Allianz arena di Monaco di Baviera – somigliano a quelli di un cinema multisala, le aree baciate dal sole invece rimandano in qualche modo alla scenografia dell’Isla Nublar di Jurassic Park, laddove qui di preistorico per fortuna si scorge solo la sempiterna abitudine di monopolizzare tutte le sdraio libere occupandole con i propri asciugamani. Ma ci torneremo.

Il semaforo verde è per le 10 di mattina ma già dalle nove e mezza i vacanzieri affluiscono dalla provinciale di Monza, cercando di strappare la pole position all’apertura dei varchi. L’età è trasversale, l’equipaggiamento meno: chi si è portato appresso solo il telo mare, chi pare in procinto di trasferirsi per il resto dell’estate. Corona di fiori hawaiana al collo, gli addetti all’accoglienza augurano il benvenuto a tutti: al loro sorriso si contrappone l’austerità della security, che provvede a perquisire zaini ed esaminare le vettovaglie. Tal Mario – ribattezzato Marione da moglie e cognata a causa dell’incipiente pinguedine – più che per il pranzo al sacco ha optato per quello al cargo: le bottiglie di gazzosa custodite all’interno delle ghiacciaie portatili non superano lo sbarramento («Vietato introdurre vetro e lattine!»), passano invece indenni le due teglie di anelletti al forno e i cocomeri, sia pur con la prudenziale raccomandazione di consumarli all’interno della sola area pic-nic. 

Chi ha acquistato i biglietti online scruta l’orizzonte a caccia di nuvole per sincerarsi della bontà dell’investimento, causa non rimborsabilità della prenotazione in caso di maltempo. Diffidenza malriposta, già di prima mattina il termometro supera abbondantemente i trenta gradi. Doccia scongiurata, oggi solo bagno. 
A chi si industria per immaginare un luogo sicuro dove lasciare il portafogli durante la permanenza in acqua la soluzione giunge una volta varcato l’ingresso: contanti e carte di credito sono banditi in tutto il parco, nei bar le consumazioni vengono registrate in una sorta di orologio elettronico che viene consegnato a ciascuno, salvo poi essere pagate direttamente all’uscita. La penale di cento euro da rifondere in caso di smarrimento del manufatto incute soggezione in una comitiva di trasfertisti romani: «Occhio a non perderlo che è peggio di un Rolex», la catechesi del capogruppo al resto della compagnia.

Un allarme furto lanciato da una signora rientra nel volgere di un amen – ricorderà in seguito di avere lasciato la borsa nell’armadietto degli spogliatoi -, gli ospiti si muovono ricurvi, intorpiditi dal caldo asfissiante e dalla litania tropicaleggiante in sottofondo. Nemmeno l’intimità della toilette è al riparo dagli altoparlanti e il vocalist impone di concludere in fretta: «Mancano 10 minuti alle onde!», tuona orwelliano. Sobbalzi, smarrimento. La maggioranza boccheggia all’ombra della spiaggiola – noleggio di ombrellone e lettini a partire da 24 euro -, gli orfani del campionato si accontentano di commentare il Motomondiale e, soprattutto, la prossima destinazione di Donnarumma. Un ragazzo interista che ne anelerebbe l’approdo alla corte di Chivu viene gettato in acqua dagli amici milanisti, là dove un bambino tuffatosi a bomba sotto l’occhio compiaciuto del padre manca di un pelo un’anziana in salvagente.

«Scusate, ma Bali dov’è?»

È però nello spiazzo fumatori che il folklore trascende la commedia: «Scusate, ma la baia di Bali dov’è?». «In Indonesia, signora». «Ma certo, intendevo l’area con le cabine letto!». Verifichiamo: trattasi appunto dei cosiddetti «letti balinesi» a baldacchino richiudibile e lavagnetta esterna col nome del fortunato destinatario, disponibili alla modica cifra di 90 euro. Nulla in confronto alla «Cabana Deluxe», tendone in paglia con amaca, con jacuzzi e cassetta di sicurezza privata, come da spiegazione dell’addetta alla giovane coppia di fidanzati che ne vagheggiava il noleggio: «240 euro per un giorno? Piuttosto me ne vado al Twiga», sgrana gli occhi lui. «Sì, ma c’è anche un drink omaggio». Brillante ma purtroppo irriferibile risposta dell’avventore. Di tutt’altro avviso un certo Alessandro, «vida» tatuato su un pettorale e «loca» sull’altro, intento, lui sì, a finalizzare l’affitto del monolocale a bordo vasca: «Ho lavorato tutta l’estate, oggi voglio fare il ricco», l’ineccepibile spiegazione.

Astenersi cardiopatici

Gli idiosincratici a tintarella e idromassaggio si lanciano sulle attrazioni a più alto tasso di adrenalina. Il signor Gilberto, anni 66, scruta con interesse il Blu speed, 81 metri di toboga, pendenza massima del 35 per cento. L’entusiasmo viene spento dalla figlia, che gli fa notare come l’accesso sia sconsigliato ai portatori di pace maker. Vira allora verso la piscina coperta, non prima di essere passato sotto al getto – ghiacciato – a bordo vasca, tappa obbligatoria prima di immergersi per ragioni di igiene. «Ai cardiopatici dovrebbero vietare la doccia, non gli scivoli», chiosa col poco fiato rimastogli in gola. 

Un bagnino tenta di spiegare al padre di un bambino di quattro anni che il pargolo, misurazioni alla mano, non raggiunge il metro e quaranta necessario per lanciarsi nel serpentone del «Black Mamba», livello adrenalinico «elevato» come da informazione sul cartello all’ingresso. «Ma che dice, è uno e quarantadue, me lo ha detto il pediatra!», la protesta (vana) del genitore. 
Se all’altezza dei piccoli si presta la dovuta attenzione, dinanzi al peso dei più grandi si chiude talvolta un occhio e più spesso entrambi: il limite di 160 chili per salire sui gommoni doppi è infatti controllato con meno solerzia, a giudicare dalla stazza di due compagni di avventura. Qualcosa nella discesa va storto, come testimoniato dall’ordine di apparizione degli elementi in fondo al tunnel: dapprima un cellulare, poi, a corpo libero e a pelle di leone, i due avventori. Solo con grande distacco riemerge infine anche il gommone

Arrosticini e spritz alla spina

Nell’area ristorante si decanta la prelibatezza di cheeseburger e arrosticini («Quasi come quelli aquilani!»), peggio va nei bar agli irriducibili dell’aperitivo, interdetti alla vista della spina dell’Aperol spritz di fianco a quella di Peroni e Moretti.  Alle sei del pomeriggio il termometro segna 37 gradi, le uniche nubi all’orizzonte sono quelle di crisi coniugale che incombono su una coppia bergamasca. Lei è ancora in costume e vorrebbe trattenersi anche per lo schiuma party serale; lui invece si è già rivestito e preme per levare le tende: «Oggi abbiamo già speso cento euro e siamo venuti anche ieri». Un’ora dopo sono ancora lì, lui si è abbandonato su una sdraio, la camicia ancora indosso pezzata di sudore: ascolta su Spotify «L’estate sta finendo» e sembra quasi che il ritornello dei Righeira gli suoni come una speranza.


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18 agosto 2025 ( modifica il 18 agosto 2025 | 18:11)