di
Federico Rampini
Da una parte gli «amici» europei e la nuova disponibilità a sostenerli nella difesa dell’Ucraina. Dall’altra l’incognita Putin: non è chiaro in che misura lo zar abbia cambiato posizione
La novità era nell’aria, lui l’ha confermata. Trump accetta che gli Stati Uniti abbiano un ruolo a garanzia della futura sicurezza dell’Ucraina. «L’Europa è in prima linea per la vostra difesa, ma noi la sosterremo», così ha detto il presidente americano a Zelensky di fronte alla stampa. Più volte incalzato dai giornalisti su quel punto, non ha escluso neppure l’invio di truppe Usa sul terreno. Ma ciò che conta di più — lo sanno bene Francia e Regno Unito, le due nazioni più disponibili all’invio di soldati — è la protezione aerea, il controllo dei cieli, e l’intelligence satellitare: lì l’America ha una superiorità su tutti, Russia inclusa. Trump fa uno strappo rispetto alla sua linea di disimpegno dalle responsabilità militari in Europa. È essenziale perché gli europei possano sobbarcarsi un ruolo pieno di rischi.
Lo scambio
Il punto di partenza è sempre lo scambio «land for peace»: concessioni territoriali, pur di far cessare la guerra. È un prezzo altissimo per il popolo ucraino, è una prova che «il crimine paga» perché Putin vedrebbe premiata l’aggressione. Ma ricacciare indietro l’armata russa con la forza delle armi è un sogno a cui non crede più nessuno. Per limitare i danni, bisogna almeno evitare che un accordo sulla fine delle ostilità assomigli al 2014: Putin invase la Crimea e l’Occidente non volle capire che era solo un inizio.
Evitare gli errori del passato
Gli europei continuarono a fare affari con Mosca, la Merkel proseguiva con il gasdotto Nord Stream 2. L’amministrazione Obama-Biden varò delle sanzioni talmente bonarie da assomigliare a un condono. Non ci fu una seria strategia per proteggere l’Ucraina da successive aggressioni.
Per non ripetere gli errori di undici anni fa, Zelensky ha detto di cos’ha bisogno: mantenere un esercito ucraino forte, continuare a ricevere armi dall’Occidente, e un aiuto dagli amici anche sotto forma di impegno militare diretto. Sono cose che Putin respingeva tassativamente fino a poco tempo fa. Non è chiaro in che misura abbia cambiato posizione. Se lo ha fatto, allora il vertice in Alaska non è stato un fallimento totale. In ogni caso c’è questa nuova disponibilità di Trump, che non era stata data neppure da Biden. Oltre a escludere categoricamente «scarponi Usa sul terreno», Biden aveva sempre rifiutato anche altre ipotesi di coinvolgimento americano come una no-fly zone.
La terza invasione
Certo, si suppone che la disponibilità di Trump a sostenere le forze armate europee in Ucraina sia legata a un vero cessate-il-fuoco, ma è comunque un «game-changer», cambia le regole del gioco perché consente a Londra, Parigi, Berlino, Varsavia, e speriamo Roma, di mettere in piedi un dispositivo di sicurezza a garanzia permanente di quella tregua. Perché il cessate-il-fuoco diventi duraturo, una vera pace, non una pausa durante la quale Putin si riarma e prepara la terza invasione.
Tra le due sponde dell’Atlantico
Che cosa è successo, per convincere Trump a offrire un supporto agli europei per la loro difesa dell’Ucraina? Lasciamo stare il Nobel per la Pace: di sicuro Trump ci spera, ma non spiega questo cambio di strategia. Rispetto a febbraio, quando ci fu l’agguato a Zelensky nello Studio Ovale, sono accaduti due eventi chiave. L’accordo in sede Nato per alzare la spesa militare dei Paesi membri al 3,5% del prodotto interno lordo, in futuro fino al 5%. L’intesa sui dazi, sofferta e controversa ma in ultima istanza più benefica che distruttiva (soprattutto rispetto alle alternative). Questo ha rasserenato le relazioni tra le due sponde dell’Atlantico.
«I miei amici»
Bastava sentire Trump ieri omaggiare ripetutamente «i sette potenti leader europei, i miei amici». A contorno delle due intese in sede Nato e sul commercio estero: la Germania di Merz con piani di spesa da mille miliardi si candida alla metamorfosi da economia-parassita (che cresceva facendosi trainare dalle esportazioni sui mercati altrui) a un modello con propulsione interna, trainato dalla propria domanda. Aggiungiamo la proposta dell’Italia sul tipo di garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina «sul modello dell’articolo 5 Nato», che aggira l’impossibilità di un’adesione di Kiev al Patto Atlantico (peraltro esclusa anche da Biden). Tutto ciò viene impacchettato da Trump in un linguaggio sempre sovranista al 100%: «Io le armi all’Ucraina le vendo, non le regalo». Ma fino a un recente passato lui aveva minacciato qualcosa di molto peggio, un abbandono totale dell’Ucraina e dell’Europa al loro destino.
19 agosto 2025 ( modifica il 19 agosto 2025 | 07:30)
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