Prima ancora delle promesse del boom, prima ancora delle vacanze in Riviera e degli elettrodomestici a rate, l’Italia aveva fame di normalità. In quel vuoto di mobilità accessibile, Fiat infilò una chiave di ferro nella serratura del destino collettivo, lanciando la 600. Una macchina che cambiò il destino su ruote di un Paese intero. Oggi, settant’anni dopo, va in scena il secondo atto: quello elettrico. La 600e non scimmiotta il passato: lo traduce in un’altra lingua, e dice la stessa cosa, con mezzi differenti.
Quando l’originale cambiò un Paese intero
C’è stato un momento, nel cuore degli anni Cinquanta, in cui lo Stivale ha ripreso fiato. Non era ancora l’epoca dei consumi sfrenati né delle autostrade a tre corsie, ma la gente cominciava a guardare avanti, con la voglia di ricostruire e di sentirsi padrona del proprio tempo. In quel contesto così carico di speranza, la Fiat 600 sbarcò come un dono accessibile, concreto, alla portata delle famiglie operaie e del ceto medio emergente. Piccola, tondeggiante ed essenziale, aveva tutto ciò che serviva.
Si viaggiava stretti, spesso in cinque o sei, con i sedili consumati e l’odore di moquette, olio e pane fresco a riempire l’abitacolo. Eppure, nessuno si lamentava perché la 600 rappresentava molto più di un mezzo di trasporto: era un lasciapassare per l’avvenire, una promessa di indipendenza e di normalità. Ci si sentiva finalmente “arrivati”, anche se la destinazione era dietro l’angolo.
Tecnicamente, era pensata con intelligenza e misura. Nonostante rifuggisse le ambizioni sportive, il motore posteriore, un quattro cilindri da 633 centimetri cubi, montato a sbalzo oltre l’asse, sapeva sorprendere per elasticità e resistenza. Con 21,5 CV e una velocità massima di 95 km/h, spingeva la 600 ovunque servisse, senza fiato corto né lamentele. Il cambio a quattro marce, con prima non sincronizzata, chiedeva un po’ di dimestichezza; tuttavia, era parte integrante dell’esperienza di guida: si sentiva ogni innesto, ogni gancio, ogni salita presa con determinazione.
La trazione posteriore, sostenuta da sospensioni indipendenti su ciascuna ruota, assicurava un comportamento prevedibile persino sui tratti sconnessi. Davanti, una balestra trasversale fungeva da barra stabilizzatrice; dietro, le molle elicoidali gestivano semiassi oscillanti con sorprendente efficacia. Il raffreddamento, forzato da una ventola calettata sulla pompa dell’acqua, manteneva la temperatura sotto controllo anche nei mesi più caldi, mentre il radiatore, disposto lateralmente, liberava spazio utile nel piccolo vano anteriore.
La carrozzeria, priva di telaio e con struttura portante, era un esempio di ottimizzazione moderna: all’anteriore trovavano posto serbatoio, ruota di scorta, borsa utensili e un po’ di spazio per i bagagli. Le porte incernierate posteriormente, i finestrini in tre parti e i deflettori in plexiglass tradivano una filosofia fondata sul necessario, e l’abitacolo offriva due sedili anteriori e un divanetto posteriore, con la possibilità di abbattere lo schienale e ottenere un piano di carico più ampio, utile in caso di piccoli traslochi, attrezzi da lavoro da trasportare o vacanze improvvisate in tenda.
Esteticamente, la 600 si affidava a linee oneste. Proprio quella sobrietà è diventata un simbolo. Il frontale, con sei baffi cromati e il foro del clacson incastonato al centro, era come un sorriso trattenuto. Il parabrezza, leggermente inclinato, disegnava una curva continua che scendeva fino al posteriore in un arco armonioso. Al posto di linee tese o nervature aggressive, vigeva solo equilibrio, coerenza e una forma derivato della funzione, non dell’ostentazione. Il pubblico se ne accorse all’istante. Al Salone di Ginevra 1955, la nuova arrivata attirò sguardi e commenti: due posti aggiuntivi rispetto alla Topolino Giardiniera, un prezzo inferiore, prestazioni migliori. Le richieste iniziarono a correre, e, nonostante a Mirafiori si lavorasse pure di notte, le liste d’attesa superavano l’anno.
Meno di dodici mesi dopo sbarcò la Multipla: stessa base meccanica, maggiore spazio e versatilità. Poteva portare sei persone, trasformarsi in taxi, furgone, auto per le ferie. In risposta a un’Italia che si stava allargando, anche nei sogni, vennero apportate modifiche e migliorie: nel 1959 la potenza salì a 24,5 CV e la velocità toccò i 100 km/h, poi, con la 600D del 1960, il motore crebbe a 767 cc e spinse fino a 110 orari. Cambiarono, a loro volta, le portiere, che finalmente si aprivano nel verso giusto. Ma lo spirito restò sempre lo stesso: dare tanto a chi aveva poco, e farlo con dignità.
Anche dopo il debutto della Fiat 850, nel 1964, la produzione continuò. Cambiarono i dettagli, si aggiornarono i fari, vennero trapiantate alcune soluzioni del modello successivo. Ma il cuore restò fedele a quello del piano originario. La 600 era diventata una colonna portante della motorizzazione italiana e all’estero fece la sua parte, sfiorando i cinque milioni di esemplari complessivamente fabbricati tra Italia, Argentina, Spagna, Jugoslavia e Germania.
Fiat 600 (1955): scheda tecnica
- Motore: 4 cilindri benzina, 633 cm³, 21,5 CV
- Cambio: manuale a 4 marce (prima non sincronizzata)
- Trazione: posteriore
- Velocità max: 95 km/h
- Consumi: 7 l/100 km
- Lunghezza: 3.215 mm
- Peso: 585 kg
- Posti: 4
L’elettrica fedele allo spirito originario
Per capire davvero la Fiat 600e bisogna mettersi al volante, magari in una strada di periferia, là dove l’antenata ospitava bambini e borse della spesa. Sotto le linee lisce, i LED affilati e i cerchi da 18 pollici, qualcosa dell’originale è, infatti, rimasto: dare a molti quello che prima era “roba da ricchi”. Questa volta però non c’è più bisogno di arrangiarsi, perché dentro la 600e è progettata per coccolare. Sedili riscaldati, funzione massaggio, luci ambientali selezionabili in otto colori, materiali morbidi al tatto e persino cromoterapia: la guida diventa un piccolo rito quotidiano. Ma dietro il comfort si nasconde una logica chiara: creare una city car elettrica capace di muoversi senza ansia.
I 156 cavalli assicurano uno 0-100 in 9 secondi, e in città si muove con naturalezza, mentre fuori accelera con decisione. La batteria da 54 kWh garantisce percorrenze reali sopra i 400 km, che aumentano nel traffico urbano, dove l’efficienza è massima. Il lavoro fatto sull’abitabilità è concreto. Con i suoi 4,17 metri, la 600e riesce a ospitare comodamente cinque persone e almeno 360 litri di bagagli. Gli ingegneri hanno sfruttato ogni centimetro: i vani portaoggetti raggiungono i 15 litri, l’accesso è facilitato da portiere più ampie, lo spazio per le gambe in seconda fila è stato aumentato. Il diametro di sterzata, 10,5 metri, racconta altresì un’auto conforme alle esigenze urbane.
La sicurezza? Da segmento superiore: cruise control adattivo, mantenimento di corsia, frenata autonoma d’emergenza, rilevamento della stanchezza, sensori a 360° e parcheggio assistito, rigorosamente di serie, pensato per togliere fatica. E a proposito di stile, le linee curve richiamano la dolcezza del passato, con spalle larghe e cofano deciso. Il badge “600”, visibile sul frontale e sulle fiancate, dà continuità al progetto, e la firma luminosa full LED evolve quella della 500e, con la quale condivide la piattaforma, incrementando la grinta. Anche nella variante (RED), dagli inserti personalizzati, veicola un insegnamento: estetica, bellezza e accessibilità possono andare d’accordo.
Fiat 600e (2024-): scheda tecnica
- Motore: elettrico, 115 kW (156 CV)
- Cambio: automatico FWD
- Batteria: 54 kWh (ioni di litio)
- Trazione: anteriore
- Autonomia: fino a 400 km (ciclo WLTP)
- Ricarica: fino all’80% in meno di 30 min (DC 100 kW)
- Lunghezza: 4.171 mm
- Peso: 1.520 kg
- Posti: 5