Nonostante il suo governo, il quarto più longevo della Repubblica, non stia producendo risultati rilevanti in politica interna, al vertice di Washington Giorgia Meloni ha consolidato la sua reputazione internazionale. Alla Casa Bianca Donald Trump l’ha definita «una grande leader, d’ispirazione per tanti», sottolineando che «nonostante la giovane età governa da molto. Governerai a lungo».
Durante il breve intervento la presidente del Consiglio ha parlato di «un giorno importante, una nuova fase, dopo tre anni e mezzo in cui non abbiamo visto alcun segnale da parte russa che ci fosse una volontà di dialogo». Ha aggiunto: «Qualcosa sta cambiando, qualcosa è cambiato, grazie anche alla situazione di stallo sul campo di battaglia, ottenuta con il coraggio degli ucraini e con l’unità che tutti noi abbiamo fornito all’Ucraina».
Meloni ha insistito sull’importanza della compattezza occidentale: «Se vogliamo raggiungere la pace e se vogliamo garantire la giustizia, dobbiamo farlo uniti. Potete ovviamente contare sull’Italia, come è stato fin dall’inizio: siamo dalla parte dell’Ucraina e sosteniamo con forza i vostri sforzi per la pace».
Al centro del suo intervento la questione delle garanzie per la sicurezza dell’Ucraina. «Il primo tema è come assicurarci che non accada di nuovo, che è il presupposto fondamentale per qualsiasi tipo di pace», ha detto Meloni. «Sono lieta che ne discuteremo, sono lieta che partiremo da una proposta italiana, sul modello dell’articolo 5 (del trattato Nato, ndr). Siamo sempre pronti a presentare le nostre proposte di pace e dialogo; è qualcosa che dobbiamo costruire insieme per garantire la pace e difendere la sicurezza delle nostre Nazioni».
Lo scontro più netto è stato con il presidente francese Emmanuel Macron, che spinge per un intervento diretto con contingenti europei. La replica di Meloni è stata secca: «La Russia ha un milione e trecentomila soldati: quanti dovremmo mandarne noi per essere all’altezza del compito? Se uno dei nostri soldati dovesse morire, faremmo finta di niente o dovremmo reagire? Perché se reagiamo è ovvio che dovrà farlo la Nato. E allora tanto vale attivare subito la clausola». Anche sulla sede di un eventuale trilaterale con Putin e Zelensky le posizioni si sono divise: Meloni ha rilanciato Roma, Macron ha proposto Ginevra. «Non è questo il momento di dividersi», ha tagliato corto la presidente del Consiglio.
Un fuori onda ripreso da alcuni giornali americani ha confermato il rapporto difficile di Meloni con la stampa italiana. Parlando con Trump a margine dei lavori, Meloni ha scherzato: «Io non voglio mai parlare con la stampa italiana». Più tardi, alla conferenza con i leader, ha sussurrato al presidente statunitense: «Meglio non prendere domande, siamo troppi e andremmo troppo lunghi».