Sembra una stranezza da performer di strada o un esercizio da marines, ma il “retro-walking” – ovvero la camminata all’indietro – è sempre più considerato una forma di allenamento funzionale con effetti concreti su muscoli, articolazioni e persino sul cervello. Studi recenti inoltre, confermano che brucia più calorie rispetto alla camminata tradizionale e apporta benefici sorprendenti in termini di forza, equilibrio e memoria. Sì, camminare all’indietro fa molto bene, ecco spiegato perché.

Camminare all’indietro: più muscoli attivati, meno stress alle articolazioni

Camminare all’indietro cambia radicalmente la biomeccanica del passo: si parte dalla punta del piede, non dal tallone, e la caviglia assume un ruolo chiave nell’assorbire gli impatti. Questo modifica l’attivazione muscolare e riduce lo stress sul ginocchio, rendendo la pratica utile in fisioterapia e nella prevenzione degli infortuni. Bastano 10-15 minuti al giorno per quattro settimane per ottenere maggiore flessibilità nei muscoli posteriori della coscia e migliorare la stabilità della colonna vertebrale.

Non solo: è un’attività consigliata anche per anziani, obesi, pazienti con osteoartrite o in fase post-ictus. Naturalmente, bisogna prestare attenzione alla sicurezza: cadute e ostacoli invisibili sono i principali rischi.

Camminare all’indietro: un booster anche per la mente

Sorprendentemente, il retro-walking coinvolge anche la corteccia prefrontale, l’area del cervello legata al problem-solving e alla memoria a breve termine. In uno studio olandese, i partecipanti che camminavano all’indietro hanno mostrato tempi di reazione più rapidi nei test cognitivi. Anche solo immaginare di muoversi all’indietro può migliorare il richiamo mnemonico.

È la prova che, a volte, per andare avanti bisogna davvero fare un passo nella direzione opposta. Ma meglio farlo con attenzione: per alcune condizioni, come i dolori lombari cronici, discipline come il nuoto o il Tai Chi restano più efficaci.

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