Quali sono i metodi e le strategie che gli artisti adottano per progettare un’opera? Quali sono gli ostacoli con cui l’oggetto artistico deve confrontarsi prima dell’esposizione? Cosa accade se i progetti si interrompono e, per qualche motivo, restano improduttivi, “celibi” come le Macchine di Duchamp? Questi interrogativi, assieme ad altre riflessioni e analisi sul tema, trovano più risposte nel volume The Artist Project. Theories and Practices of the Contemporary Art Project 1968-2020, a cura di Elisabetta Modena e Marco Scotti, edito da Rosenberg & Sellier. Il volume si apre con un contributo di Elisa Gremmo, offrendo un’indagine sugli elementi della pratica di Maria Morganti che concorrono alla realizzazione di un racconto artistico “stratificato” — dove ciascuno degli elementi «Influenza gli altri e ne è condizionato» — che non solo non si interrompe nell’incontro con l’opera d’arte, ma si diffonde fino a coincidere con l’opera stessa e oltre. La scansione di un intero processo creativo, aperto all’imprevedibilità e non privo di contaminazioni (e collaborazioni), si dispiega limpidamente nell’analisi di Elisabetta Modena rispetto al lavoro di Francis Alÿs, dall’ideazione alla post-produzione, fino alla narrazione e alla documentazione che l’artista belga fa dei propri lavori. Il saggio di Simone Ciglia, invece, affronta il tema del reenactment delle performance e dei rispettivi meccanismi di musealizzazione, possibili a partire da partiture, istruzioni e mappature, mentre un focus sulla dimensione performativa nello spazio operativo digitale è offerto da Anna Caterina Dalmasso, presentando come caso di studio For Internet Use Only degli artisti Eva & Franco Mattes.
Sue Spaid, evidenziando le specificità delle artistic ecoventions, riesamina gli assunti necessari alla legittimazione di queste pratiche, che si evolvono attraverso vere e proprie ricerche ed “esperimenti graduali” finalizzati a un «cambiamento misurabile». Dell’inventario, che rivela una natura ben più complessa nelle restituzioni delle sue preziose parzialità, ha scritto invece Stefania Zuliani, osservando, in particolare, il caso del Museo delle Civiltà di Roma, seguendo le forme di “ri-soggettivazione” capaci di offrire al presente non solo elenchi, nessi, rimandi e regole, ma soprattutto le vitalità costitutive pensate da e per il museo, «Soggetto e oggetto del progetto artistico». Infine, l’indagine di Marco Scotti si concentra sui progetti che non hanno visto la luce, passando in rassegna vari casi studio ed esplorando la questione dell’incompiuto nel dibattito artistico. Il volume si completa di otto interviste rivolte a figure del sistema dell’arte direttamente coinvolte nelle processi creativi, espositivi e conservativi: artisti come Liliana Moro, Luca Vitone, Liam Gillick e Massimo Bartolini; curatori come Marco Scotini; conservatrici come Iolanda Ratti; direttori di museo come Lorenzo Balbi e membri dello studio Altofragile. In The Artist Project il riconoscimento del complesso e mutevole statuto del progetto artistico — una fase “diffusa” e dotata, spesso, di completa autonomia o, in alcuni casi, incompiuta — si rivela attraverso una selezione di casi capaci di illuminare i paradigmi progettuali del back-office artistico ed espositivo. Il consiglio è quello di accompagnare le proprie visite tra musei, gallerie e installazioni pubbliche con questa lettura, in modo da osservare ogni opera con occhi diversi: immaginandola su un foglio, scoprendo i retroscena che l’artista ha scelto di pubblicare online e, perché no, immaginare tutte le versioni possibili mai esposte, rintracciabili proprio nei progetti.