Sempre più centrale

Negli ultimi anni George Russell è diventato sempre più un protagonista centrale della F1, dentro e fuori dalla pista. L’alfiere della Mercedes dopo la partenza di Lewis Hamilton ha acquisito il ruolo di ‘capitano’ del suo team e quest’anno sta vivendo a livello di risultati la sua miglior annata in carriera. Ma il talento britannico si sta impegnando anche fuori dall’abitacolo, nel suo ruolo di direttore della GPDA, l’associazione che riunisce i piloti di F1.

Russell condivide questo ruolo, ereditato da Sebastian Vettel, con lo spagnolo Carlos Sainz. La GPDA è, innanzitutto, incentrata sulla ricerca della maggiore sicurezza possibile per i piloti. Si tratta di una tematica che a Russell è particolarmente cara, anche per alcune vicende che lo hanno riguardato personalmente. Il #63 della Mercedes ne ha parlato in una intervista rilasciata al sito Autosport.com.

La sicurezza come priorità

“Non sto cercando di lasciare un’eredità. Non è mai stata mia intenzione – ha dichiarato Russell, in riferimento al suo ruolo – è solo che se vedo un’opportunità per migliorare qualcosa, voglio parlarne, soprattutto se si tratta della sicurezza in pista o della sicurezza delle auto“. L’inglese poi ha parlato di tre incidenti gravissimi occorsi nella storia recente dell’automobilismo che l’hanno coinvolto dal punto di vista emotivo e ‘affettivo’.

“Nel 2012 ero compagno di squadra di Billy Monger [che perse le gambe in un incidente nella British F4 nel 2017] e avevo uno stretto rapporto con lui. Ho assistito in diretta a quell’incidente e poi ho visto l’incidente di Anthoine [Hubert, a Spa nel 2019 in F2]. L’ho visto in diretta. È stato nauseante da guardare. Quando vivi esperienze del genere con persone che conosci così bene e credi di avere idee che possano aiutare a migliorare la sicurezza o a prevenire che questi incidenti accadano, allora è naturale volerle condividere”.

“Ho visto dal vivo anche l’incidente di Romain Grosjean [in Bahrain nel 2020] – ha concluso Russell – era davanti a me, l’ho superato e ancora oggi ho quell’immagine nella mia mente. Ho guardato nello specchietto e tutto ciò che ho visto erano fiamme. Coprivano tutto lo specchietto. Poteva succedere a chiunque. Poteva succedere anche al miglior pilota del mondo. È questo il pericolo che corriamo. Credo che sia proprio per questo che ho voluto essere più coinvolto”.