Le temperature elevate hanno un impatto diretto sul nostro organismo. A farne le spese, spesso in silenzio, sono anche i reni. Durante l’estate aumentano i casi di calcolosi e, nei soggetti fragili, cresce il rischio di sviluppare insufficienza renale. È un effetto collaterale del caldo che tende a essere sottovalutato, ma che i nefrologi italiani segnalano con chiarezza.

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Disidratazione e calcoli: il legame è noto

Come spiegato dalla Società Italiana di Nefrologia (SIN), la disidratazione è uno dei principali fattori di rischio per la formazione dei calcoli renali. Il motivo è semplice: con il caldo si suda di più e si urina di meno. Il risultato è un’urina più concentrata, ricca di sali minerali come calcio e ossalati, che possono aggregarsi formando calcoli. Aumenta così la probabilità che si formino “pietre” difficili da espellere,
soprattutto in chi ha già sofferto di calcolosi in passato.

Una condizione comune, spesso ricorrente

Secondo un recente studio, tra il 6,8% e il 10,1% della popolazione soffre di calcolosi renale, con recidive nel 30-50% dei casi entro 5-10 anni. La fascia più colpita è quella tra i 30 e i 60 anni, con un picco evidente durante l’estate. Gli uomini risultano più esposti, ma il fenomeno è trasversale.

Calcoli renali: non tutti sono uguali

I calcoli possono avere dimensioni molto diverse. I più piccoli vengono espulsi naturalmente. Quelli un po’ più grandi possono essere eliminati con l’aiuto di farmaci come la tamsulosina, che rilassa le vie urinarie. I calcoli più voluminosi, invece, richiedono tecniche più invasive come la litotrissia a onde d’urto. Nei casi più complessi si ricorre alla chirurgia.

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Coliche renali: dolore improvviso e intenso

Il sintomo più noto dei calcoli è la colica renale, un dolore acuto e violento, che si irradia dalla schiena all’inguine e non migliora cambiando posizione. È spesso paragonato a quello del parto per intensità. In questi casi, è fondamentale intervenire con antinfiammatori, sempre sotto consiglio medico. Anche bagni caldi o borse dell’acqua possono aiutare a rilassare l’uretere e favorire l’espulsione del calcolo.

Quando il danno è più profondo: insufficienza renale acuta

Il caldo non aumenta solo il rischio di calcoli. Nei casi più gravi può contribuire a scatenare un’insufficienza renale acuta, dovuta alla perdita eccessiva di liquidi e sali con il sudore. La conseguente riduzione del volume plasmatico può compromettere l’irrorazione dei reni e di altri organi vitali, con conseguenze che vanno dalla stanchezza all’ipotensione, fino a ictus o infarto.

Idratazione e dieta: la prima forma di prevenzione

La prima regola per proteggere i reni in estate è bere molto. «Tre litri d’acqua al giorno» consiglia il professor Luca De Nicola, presidente della SIN. Utile anche seguire un’alimentazione equilibrata: via libera a frutta e verdura, mentre andrebbero moderati alimenti come carne rossa, spinaci, frutta secca e crusca nei soggetti predisposti.

I falsi miti: no alla guerra al sale e al calcio

Un errore comune è eliminare del tutto il sale o i latticini. Il calcio contenuto in latte e derivati, ad esempio, non è un nemico dei reni e non va rimosso dalla dieta. Quanto al sale, il consiglio dell’OMS è di non superare i 5 grammi al giorno. Ma d’estate, se non ci sono patologie come ipertensione non controllata o scompenso cardiaco, anche il fabbisogno può cambiare. Attenzione infine alla pressione: con il caldo tende ad abbassarsi e, nei pazienti ipertesi, può essere necessario ridurre il dosaggio dei farmaci.

La malattia renale cronica è in crescita, ma ancora poco conosciuta

A preoccupare la Società Italiana di Nefrologia è anche la crescente incidenza della malattia renale cronica, oggi considerata la prima patologia cronica al mondo. Spesso silente fino agli stadi più avanzati, è sottodiagnosticata: solo 1 paziente su 10 sa di averla. Per questo la SIN, insieme al Ministero della Salute, ha elaborato un percorso diagnostico-terapeutico condiviso (PPDTA), già trasmesso alle Regioni. L’obiettivo è avviare screening su larga scala, a partire dai soggetti più a rischio – diabetici, ipertesi, obesi, cardiopatici – tramite esami semplici e poco costosi come creatininemia e analisi delle urine.

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