Tucker gestisce un’attività di immersioni con gli squali al largo della costa australiana, pensata per una clientela composta da turisti desiderosi di avvicinarsi ai cosiddetti predatori del mare profondo. Ma già dal prologo di Dangerous Animals scopriamo come il capitano dell’imbarcazione sia la vera e propria minaccia per coloro che, ignari di tutto, richiedono i suoi servigi. Infatti l’uomo, che nasconde un’indole psicopatica, getta in mare il fidanzato della coppia che muore divorato dai pescecani, imprigionando poi la fidanzata di questi.

Conosciamo poi la bella Zephyr, una ragazza americana dallo spirito indipendente e grande appassionata di surf, giunta nel Paese dei canguri proprio per cavalcare quelle onde uniche. Dopo la fugace avventura di una notte con l’agente immobiliare Moses, che si è perdutamente innamorato di lei a prima vista, Zephyr viene rapita proprio da Tucker, che intende renderla protagonista del suo prossimo, macabro, “banchetto” a favor di videocamera.

Dangerous Animals: uomini e animali

Diretto da Sean Byrne, un nome già noto agli amanti del cinema di genere per via del suo stile senza fronzoli e delle sue storie dirette , il film si presenta come un ibrido sulla carta accattivante, che cerca di unire le tipiche dinamiche da “survival horror marino” con gli anfratti più intimi e disturbanti che circondano la figura del serial killer.

Dangerous Animals non ha paura nell’osare, rivelandosi morboso e disturbante in diversi passaggi, con il sangue che scorre a fiotti e la violenza sfruttata quale veicolo catartico, atto a generare prima rabbia e frustrazione per poi innescare quella resa dei conti finale che aveva un solo epilogo possibile. Un’operazione precisa, con una messa in scena che indubbiamente non lascia indifferenti, ma che a tratti appare come gratuita e poco coesa, lasciando che la storia proceda più di pancia che di testa.

Un film senza mezze misure

Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2025, nel prestigioso programma della Quinzaine des Réalisateurs – il primo film sugli squali a sbarcare sulla Croisette – Dangerous Animals ha indubbiamente un marchio ben distinto e particolare, con Byrne che ormai si è fatto il nome di uno tra i moderni autori di genere più apprezzati. E anche in quest’occasione non manca di soluzioni visive forti, con livelli di tensione che salgono oltre misura in diverse sequenze e un’atmosfera ansiogena che cresce con lo scorrere dei minuti. Allo stesso modo è impossibile non essere catturati dalla mefistofelica interpretazione di Jai Courtney, che diventa un villain amabilmente sopra le righe, inquietante e ironico quanto basta per non diventare una semplice caricatura.

La sceneggiatura dell’esordiente Nick Lepard, che attendiamo al varco per lo script del prossimo lavoro di Oz Perkins, ovvero l’horror Keeper, è indubbiamente immediata e funzionale e non si perde in lungaggini, stabilendo sin da subito la sua premessa scarna e fulminea. Una scelta chiara e voluta, che però toglie parziale verosimiglianza, cominciando proprio dalla forzata love-story che nasce in un batti baleno tra Zephyr e Moses, ovviamente funzionale agli eventi ma poco “sentita” e sincera dal punto di vista emozionale.

Fino all’ultimo respiro

Non è facile identificarsi con questa ragazza alla ricerca del proprio posto nel mondo e questo diventa un potenziale limite quando si viene portati a parteggiare per lei, affinché sfugga alle grinfie di quell’orco crudele e senza scrupoli. Proprio qui emergono echi da eco-vengeance, con la natura che arriva a suo modo a prendersi una rivincita contro l’uomo che la sfrutta per un godimento effimero. E non manca uno sguardo critico anche chi, alla ricerca di un brivido sott’acqua, ignora di mettere a repentaglio la propria vita.

L’idea che il “vero animale pericoloso” non sia quello che nuota sotto la superficie ma quello che ne sta sopra diventa così un punto di partenza intrigante, non del tutto sfruttato. Il racconto infatti comincia progressivamente a seguire una ciclicità di eventi che rendono la disfida tra prede e predatori estremamente prevedibile, pur come detto innescando momenti più crudi e crudeli nel tentativo di scioccare lo spettatore.

Belle ragazze, villain scatenati e squali in secondo piano

Hassie Harrison, che il pubblico televisivo ricorderà per la sua partecipazione alla serie cult Yellowstone nel ruolo di Laramie – qui trovate la nostra recensione di Yellowstone 5 Parte 1 – è combattiva al punto giusto, rivelandosi una final girl di assoluto rispetto. Meno convincente invece la prova di Josh Heuston, alle prese con il personaggio “accessorio” di Moses e la relativa parte investigativa che dà il via alla presunta missione di salvataggio.

I lunghi monologhi del villain, che arriva a sentenze nette del tipo “Dio non è lassù, ma laggiù dove tutto finisce” o ancora “lo squalo è l’unico a portare ordine”, mettono in chiaro quell’indole da psicopatico che la succitata performance di Courtney riesce a catturare pienamente, rivitalizzando la narrazione anche nei momenti apparentemente di stanca. D’altronde quando sai di essere in balia di qualcuno che può dare di matto da un momento all’altro il pericolo diventa un elemento costante e il destino delle vittime prescelte diventa così sempre incerto e aperto a dinamiche inaspettate.

Forse con un pizzico di originalità in più nella gestione dell’intreccio base e delle relative figure in esso protagoniste Dangerous Animals avrebbe potuto essere veramente cinico e spietato, mentre invece la scelta di standardizzarsi a risvolti scontati ne depotenzia la carica ipoteticamente sovversiva. Rimane un’operazione in ogni caso brutale quanto basta, certamente divisiva ma non priva di interesse.

E gli squali? Beh, gli squali giocano sì un ruolo fondamentale, ma la loro presenza è assai più limitata del previsto, tra effetti digitali e riprese reali che cercano di approcciarsi al relativo immaginario di genere: chi è abituato agli shark-movie classici potrebbe perciò rimanere leggermente deluso.