Fano, 20 agosto 2025 – La chiesa di San Giuseppe al Porto non è riuscita a contenere l’onda di persone che si è riversata per l’ultimo saluto a Giacomo Premi, l’ ex calciatore e bagnino , morto tragicamente a 39 anni il giorno di Ferragosto in un incidente in moto lungo la Statale Adriatica, mentre si stava dirigendo da Fano verso Riccione.

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Nel caldo soffocante di un pomeriggio d’agosto, tra ventagli che si muovevano senza tregua, sei amici hanno portato a spalla la bara di legno chiaro. L’hanno accompagnata fino all’altare, dove è stata poggiata con delicatezza: sopra un cuscino di fiori bianchi e azzurri , attorno a una distesa di corolle colorate, a vegliare su tutti la sua immagine sorridente negli occhiali da sole. Accanto al feretro, con la mano sinistra posata sul legno, don Gennaro ha intrecciato un’omelia lunga e accorata, che ha unito il dolore terreno alla speranza del Vangelo. “Anche Gesù è morto prematuramente, all’età di trentatré anni, e anche lui ha avuto ai piedi della croce una madre che piangeva e in cielo un Padre che piangeva – ha ricordato -. Quando Gesù è morto, la pioggia che scendeva dal cielo era l’anima del Padre. E oggi, davanti a noi, si introduce una scena simile: un figlio morto prematuramente e un padre e una madre che piangono”. Il sacerdote ha invitato i presenti a guardare oltre la morte, ricordando che “quel corpo deposto dalla croce e messo nel sepolcro, in quel sepolcro non è rimasto. Anche noi tra poco metteremo Giacomo in un sepolcro, ma lui non resterà lì. Oggi ci dice ciò che Gesù ha detto a Giovanni dalla croce: “Ecco tua madre”. Giacomo vuole donarvi sua madre e suo padre, perché restiate uniti e diventiate una cosa sola”.

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Parole che hanno colpito il cuore di tutti, mentre don Gennaro rievocava la forza del carattere di Giacomo: “Il suo nome non è a caso, è quello di un apostolo, fratello di Gesù, chiamato figlio del tuono. Giacomo era davvero un figlio del tuono , con un carattere forte, intelligente , un cercatore. E ora penso che ho trovato ciò che cercava: la pace, la serenità e la presenza del Signore”. Poi l’annuncio di fede: “Giacomo non è rimasto su una strada, Giacomo è in cielo. Non celebriamo la sua morte, ma la sua resurrezione, la sua vita eterna. Vedete, c’è una luce alle sue spalle: la luce accesa è segno di vita, non di morte. Non dobbiamo cercare tra i morti colui che è vivo”.

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Un invito a non chiudersi nel dolore ma a custodire il bene : “Il bene che ci dobbiamo volere e dobbiamo che continuare a volergli ci sarà trasmesso dal cielo. Giacomo continuerà a parlarci, ma in modo diverso, attraverso segni forti e veri. Nella vita tutti siamo cercatori di verità, ma la verità vera la vedremo solo davanti a Dio. Giacomo ci accompagnerà con la sua gioia e la sua serenità”. Infine, lo sguardo rivolto al mare e al porto, luoghi tanto familiari a Giacomo: “Oggi Giacomo è qui nella piazza del Porto: dal porto salpano le navi e poi ritornano. Così la sua anima va in cielo, ma tornerà: lo rivedremo, rideremo e scherzeremo ancora con lui. La vita non è destinata a finire, si trasforma. Giacomo continua a pregare per tutti noi, come Maria ha accolto tra le braccia Gesù morente, così oggi accoglie lui, che muore ma per rinascere”. Una piccola folla era anche stipata sul sagrato: non era riuscita a entrare e ha seguito in silenzio la cerimonia. Amici d’infanzia, ex compagni di squadra, colleghi bagnini di Riccione , cittadini comuni di Fano e Riccione: una comunità intera, unita nel ricordo di un ragazzo che sapeva farsi voler bene. Dopo la funzione, il corteo si è mosso verso il cimitero di Rosciano. Ad accompagnarlo, la mamma, il papà, il fratello Lorenzo, la nonna ei suoi figli Felipe ed Evaluna. Per lui, che amava i motori e la velocità, l’ultimo viaggio è stato sulla Jaguar delle onoranze funebri Guescini Belacchi: un dettaglio discreto, che ha reso ancora più intenso l’addio della sua comunità.