di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén
La scelta riflette l’impatto dei nuovi dazi imposti dall’amministrazione Trump. La vicepresidente Global Marketing Isabelle Tomatis: «Come molte aziende globali, continuiamo a navigare in un contesto economico difficile»
Non è raro che un oggetto di culto smetta, prima o poi, di essere solo la mania di una cerchia più o meno ristretta e diventi la cartina tornasole di un’epoca. Per la PlayStation 5, quel momento arriva domani, 21 agosto 2025, quando con 50 dollari in più sul prezzo di vendita il cuore pulsante della comunità videoludica globale (quello americano) entrerà ufficialmente nella stagione dei dazi. È come se, accendendo la console, insieme al logo luminoso di Sony si proiettasse anche l’ombra lunga della politica commerciale di Washington. Un joystick che vibra non più soltanto per un gol a FIFA o un duello in Elden Ring, ma per un conflitto a colpi di tariffe tra Stati Uniti e Asia.
L’annuncio è arrivato con la freddezza del linguaggio corporate. «Come molte aziende globali, continuiamo a navigare in un contesto economico difficile», ha dichiarato Isabelle Tomatis, vicepresidente Global Marketing di Sony. «Abbiamo preso la difficile decisione di aumentare il prezzo di vendita consigliato per le console PlayStation 5 negli Stati Uniti». Tradotto: dal 21 agosto il prezzo della PS5 standard sale da 499,99 a 549,99 dollari, la Digital Edition da 459,99 a 499,99, e la versione Pro da 699,99 a 749,99 dollari. Gli accessori, almeno per ora, sembra resteranno esclusi.
L’impatto dei dazi di Trump
Ovviamente, dietro a questo aumento c’è molto più di una semplice correzione di listino. Come spiega Reuters, la decisione è legata ai nuovi dazi voluti dall’amministrazione Trump sulle importazioni da Cina, Giappone, Vietnam e Malesia: Paesi in cui Sony assembla gran parte delle sue console. Un pacchetto tariffario che ha già colpito diversi settori e che ora fa sentire il suo peso anche sul mondo del gaming.
I ritocchi dell’azienda giapponese non sono una novità degli ultimi giorni. Già in primavera aveva aumentato i prezzi in Europa, Regno Unito e Australia, spingendo Microsoft a seguire con rincari sulle sue Xbox. Ma il passaggio al mercato americano ha un peso diverso, perché è proprio qui che si misura il successo o il fallimento di una console a livello globale. Dunque, in questo caso, la posta in gioco è alta.
La strategia di Sony
Sony, dal canto suo, non si limita a subire. Secondo il Wall Street Journal, la compagnia ha già diversificato la produzione in più Paesi e valuta persino di rafforzare le linee negli Stati Uniti, così da aggirare almeno in parte l’effetto delle tariffe. Ma quanto resisterà la domanda di console di fronte a prezzi sempre più alti? Con titoli attesissimi come GTA VI all’orizzonte e il debutto di Switch 2, che già promette un lancio «premium», il rischio è che il mercato del gaming — abituato a crescere a doppia cifra — rallenti.
Probabilmente, dopo l’annuncio, in America nelle prossime ore si registrerà qualche fila fuori dai negozi per strappare l’ultima console al «vecchio prezzo», con scambi frenetici sui forum e marketplace digitali, discussioni accese tra chi accetta il rincaro come inevitabile e chi lo vive come l’ennesima delusione dopo anni di rincorse tra crisi di chip e scaffali vuoti. Per molti consumatori, il mito che le console si svalutino col tempo è già evaporato: la PlayStation 5, lanciata nel 2020 a 499 dollari, cinque anni dopo non solo non è scesa, ma costa di più.
Nuova app L’Economia. News, approfondimenti e l’assistente virtuale al tuo servizio.
SCARICA L’ APP
Iscriviti alle newsletter de L’Economia. Analisi e commenti sui principali avvenimenti economici a cura delle firme del Corriere.
20 agosto 2025 ( modifica il 20 agosto 2025 | 19:18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA