In vista di una Vuelta che si preannuncia ricca di incognite, con Jonas Vingegaard chiamato a confermare il suo status di dominatore dei Grandi Giri – soprattutto con l’assenza di Pogacar – i riflettori non sono puntati solo sul fuoriclasse danese. L’Italia, infatti, attende conferme da giovani come Antonio Tiberi, ormai pronto a misurarsi con i migliori, e da corridori più esperti come Giulio Ciccone, chiamato a scegliere se puntare alla classifica generale o concentrare le energie sulle tappe e sulla maglia di miglior scalatore. Ma la stagione non si esaurisce con la Vuelta: all’orizzonte incombe un Mondiale insolito e affascinante, in Ruanda, che potrebbe favorire sorprese e scenari inediti. In questo contesto si inseriscono le scelte di Tadej Pogacar, che ha preferito saltare la Vuelta per preparare al meglio l’appuntamento iridato, rimandando ancora una volta l’assalto alla leggendaria Tripla Corona. Al tempo stesso, resta il rebus Evenepoel: talento purissimo, già capace di vincere tanto e in grado di interpretare più corse con un approccio diverso da quello dei rivali. Per leggere il momento del ciclismo internazionale e capire che cosa attende i nostri corridori, ne abbiamo parlato con Damiano Cunego, ex campione del mondo Under23, oltre 50 vittorie tra i professionisti e vincitore di un Giro d’Italia, corridore che più di ogni altro ha incarnato la doppia anima del ciclista da classifica e del cacciatore di successi di giornata. Con lui abbiamo parlato della Vuelta, del futuro degli italiani, delle scelte di Pogacar e del Mondiale africano, senza dimenticare un gioco delle somiglianze: esiste oggi, nel gruppo, un corridore che ricorda il “Piccolo Principe”?

Vingegaard sarà l’unico favorito alla Vuelta o la sua vittoria non va data per scontata?
“Bella domanda. Sicuramente Vingegaard parte con il peso e la responsabilità di essere il favorito numero uno, e credo che nella sua testa sappia benissimo che la vittoria è quasi un obbligo. Però non possiamo pensare che la corsa sia già chiusa: ci sono avversari molto agguerriti che non hanno nulla da perdere e che vorranno metterlo in difficoltà. Penso ad Ayuso, Almeida, ma anche a Ciccone: parliamo di corridori giovani, di talento, pronti a sfruttare ogni occasione. Una Vuelta è sempre imprevedibile e, per quanto forte sia il danese, non si può mai dare nulla per scontato”.

Ti aspetti Antonio Tiberi sul podio?
“Tiberi è sicuramente uno dei prospetti più interessanti che abbiamo in Italia. Ha già dimostrato di avere qualità da grande corridore e questa Vuelta potrebbe essere un esame importante per lui. Il podio? Sarebbe un traguardo straordinario, ma io direi che una top5 è già un risultato concreto e realistico. Poi è chiaro: nelle tre settimane di un Grande Giro può succedere di tutto, e se lui riuscirà a gestirsi bene, a non sprecare energie inutilmente e a crescere giorno dopo giorno, allora anche il podio non è un sogno impossibile”. 

Quale ruolo invece per Ciccone? Proverà a fare classifica o punterà alle tappe e alla maglia di scalatore?
“Io credo che per lui sia più sensato puntare alle tappe e alla maglia di scalatore. Curare la generale vuol dire puntare almeno al podio, perché correre tre settimane solo per una top5 non ha grande senso, per lui: sprechi tante energie e ti limiti nelle tue possibilità. Invece con la caccia alle tappe può scegliere i terreni che preferisce, correre all’attacco e lasciare un segno, oltre che provare a portare a casa la maglia di miglior scalatore che sarebbe un grande obiettivo”.

Tu sei stato un grande specialista delle corse di un giorno. Siccome il Mondiale sarà a fine settembre, per Ciccone sarà fondamentale gestire al meglio la corsa spagnola. E, sempre in vista del Mondiale, meglio una Vuelta da cacciatore di tappe?
“Per preparare bene un Mondiale, soprattutto se è duro come quello in Ruanda, avere una Vuelta nelle gambe è quasi indispensabile. Bisogna però capire come gestire lo sforzo: una corsa a tappe corsa per la classifica generale ti svuota mentalmente e fisicamente, mentre se punti a vincere delle tappe puoi calibrare meglio gli sforzi e arrivare più fresco all’appuntamento iridato. Per Ciccone, dunque, l’idea di correre una Vuelta più “leggera”, mirata a tappe e maglia di scalatore, può essere la scelta giusta per avere ancora energie e brillantezza a fine settembre”.

Come giudichi la scelta di Pogacar di saltare la Vuelta per puntare al Mondiale, rimandando così ancora l’obiettivo Tripla Corona?
“La trovo una scelta intelligente. Pogacar ha già dimostrato di poter vincere tutto, ha corso tanto e bene in questa prima parte di stagione, quindi fermarsi per ricaricare le batterie e puntare al Mondiale è una strategia che ci sta tutta. La Tripla Corona è un obiettivo che non scappa, e non è obbligatorio inseguirlo. Pogacar è un corridore che corre sempre per vincere e sa programmare la stagione, quindi penso che sia una scelta lucida e coerente con il suo percorso”.

Vingegaard deve iniziare a selezionare ed a partecipare a corse dove Pogacar è assente?
“In teoria sì, sarebbe più facile correre dove manca Pogacar. Ma da campione quale è, io credo che per Vingegaard sia più giusto fare l’opposto: andare dove c’è Pogacar e provare a batterlo sul campo. Alla fine sono le grandi sfide a costruire la leggenda di un corridore. Jonas ha i mezzi per vincere anche quando lo sloveno è al via, e se riuscirà a farlo con continuità la sua carriera avrà un valore ancora più alto”.

Al Mondiale pensi che Pogacar non avrà rivali o il fatto che si gareggerà in Ruanda potrebbe creare sorprese?
“Il percorso africano renderà il Mondiale molto particolare e potrebbe effettivamente aprire a scenari inediti. Pogacar parte sempre tra i favoriti, perché ha dimostrato di poter vincere in ogni contesto e con qualsiasi dinamica di corsa. Però un Mondiale ha sempre dentro un margine di sorpresa: condizioni climatiche, lunghezza, squadra nazionale, imprevedibilità. Magari ci sarà qualcuno che riuscirà a inserirsi, ma se Pogacar decide di inventarsi un’azione da lontano, come ha già fatto più volte, è difficile immaginare che gli altri possano tenergli testa”.

Qual è il tuo pensiero sul potenziale di Remco Evenepoel?
“Remco è un talento assoluto, ha già dimostrato di poter vincere corse durissime e di altissimo livello. Forse il grande pubblico si aspettava una continuità di risultati superiore, ma bisogna ricordare che ha avuto incidenti importanti che lo hanno fermato a lungo e che il livello dei rivali oggi è altissimo. A mio avviso ha ancora margini di crescita: se riuscirà a trovare più stabilità e a gestire meglio i momenti difficili, potrà vincere molto di più. Non dimentichiamoci che è ancora giovane e che davanti a lui ci sono anni per consolidarsi”.

Oggi c’è un corridore in gruppo che, per caratteristiche, assomiglia a Damiano Cunego?
“Direi di no, almeno per ora. Mi piacerebbe ritrovare un corridore italiano che abbia caratteristiche simili alle mie, ma attualmente non lo vedo. Abbiamo tanti ragazzi promettenti, con qualità interessanti, ma non un vero scalatore che allo stesso tempo abbia anche lo spunto veloce. È un profilo che manca un po’ al nostro ciclismo”.