di
Elvira Serra

A Militello In Val di Catania le esequie del conduttore. In chiesa familiari, volti dello spettacolo e politici

DALLA NOSTRA INVIATA 
MILITELLO IN VAL DI CATANIA (CT) – Placido Sangiorgio era arrivato a Militello alle 6.48, dopo un viaggio notturno in Flixbus da Firenze a Catania. Lì un amico lo ha preso in consegna per portarlo qui nel «Borgo dei Borghi 2025», già Patrimonio dell’umanità per le sue chiese tardo barocche, che ieri pomeriggio ha dato l’ultimo saluto al suo cittadino più illustre, Pippo Baudo, con buona pace di Ettore Majorana, il fisico dei ragazzi di Via Panisperna. 

C’era anche lui tra le oltre duemila persone che hanno riempito la piazza del Santuario di Santa Maria della Stella per assistere davanti a un megaschermo, che proiettava la diretta tv, alla cerimonia funebre officiata da sedici sacerdoti, con il vescovo di Caltagirone Calogero Peri, il parroco Giuseppe Luparello e don Giulio Albanese, il padre spirituale del conduttore venuto apposta da Roma. La folla, prima che il sole girasse e restituisse un po’ d’ombra, si riparava stoicamente con ombrelli neri, rossi, fucsia, viola, punte di colore sopra il tappeto umano raccolto per il conduttore.



















































La messa è cominciata alle 16.04, dopo che avevano preso posto i figli Alessandro, arrivato in tempo dall’Australia, e Tiziana, seduti vicini nel primo banco. Ma la chiesa si era già riempita di amici, parenti, autorità che non sono volute mancare. C’erano Lorella Cuccarini, Al Bano, Gigi D’Alessio, Alberto Matano, Pippo Barone. C’era, naturalmente, Dina Minna, assistente storica, angelo custode negli anni della malattia, che da gran cerimoniera ha accolto, abbracciato, trovato posti, ceduto il proprio a Michele Guardì: è retrocessa senza battere ciglio in settima fila, per poi avanzare in terza dopo che qualcuno le ha lasciato il suo.

«Pippo, ti auguro di risplendere non solo nel firmamento degli uomini, ma nel firmamento di Dio, dove si splende solo per l’amore ricevuto e donato. Perché solo l’amore resta ed è per sempre», ha detto il vescovo davanti al presidente del Senato Ignazio La Russa, al ministro del Made in Italy Adolfo Urso, al presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e al sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi. 

Ma non è a loro che si è rivolto don Giulio Albanese durante l’omelia, parlando anzitutto ai «fratelli e sorelle» che sono arrivati per il loro Pippo, l’uomo che «ha reso onore alla Sicilia e all’Italia», entrando nelle case di tutti. E ne ha ricordato l’impegno civico e «il coraggio manifestato in più circostanze contro la mafia, un male da estirpare secondo lui, ricercando sempre e comunque la legalità». Ha raccontato, poi, l’emozione davanti alle sue lacrime, al suo «grazie» detto tre volte dopo avergli impartito l’ultima comunione.

Tutti hanno ascoltato in silenzio, nonostante il caldo sfinente che aveva costretto la Protezione civile a distribuire bottigliette d’acqua, rimaste vuote sui banchi al termine della celebrazione. Il picchetto d’onore di carabinieri, polizia e guardia di finanza non ha mai lasciato solo il feretro, circondato dai fiori. Quelli dei figli, dei nipoti, ma anche i fiori del presidente della Repubblica, del Senato e della Camera, le corone di Milly Carlucci e Romina Power. Una era firmata Rai, della quale però non si è intravisto nessun dirigente

Una dozzina di sindaci con la fascia tricolore hanno occupato tre banchi, ma è stato il primo cittadino di Militello, Giovanni Burtone, a ricordare per ultimo Pippo: «Mancherà alla famiglia, ai figli Tiziana e Alessandro, alla signora Dina che gli è stata vicino. Ma mancherà al nostro paese: Pippo, ti ringraziamo per tutto quello che hai fatto per noi». E le sue parole, dettate da un affetto sincero, ci hanno commosso al pensiero che non ha ceduto di un centimetro alla stanchezza in questi giorni, pur di onorare il suo concittadino, nonostante la malattia. Ci aveva detto: «Com’è strana la vita. Credevo che me ne sarei andato via prima io, per il mio tumore al pancreas. E invece…».

Il coro al quale Pippo alla fine degli anno 90 ha regalato il pianoforte su cui aveva imparato a suonare da bambino gli ha dedicato le canzoni, accompagnate con il violino da Vincenzo Di Silvestro. Mentre Ninni Spina, all’organo, prima di suonare l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana, è riuscito a infilare anche il brano finale di Jesus Christ Superstar, quando Gesù viene sepolto e il sepolcro è sigillato.

A portare in spalla il feretro sono stati gli amici del Comitato per la Madonna della Stella, con un fazzoletto bianco al collo. Fuori, la folla lo ha accolto con un lunghissimo applauso, gridando il suo nome come si fa con una rockstar a un concerto. E in fondo Pippo Baudo un po’ lo è stato. Del resto, la tivù l’ha inventata lui. O poco ci manca.

21 agosto 2025