Vent’anni tra l’opera prima e seconda
e, in mezzo, un pezzo di vita nel quale la settima arte ha
continuato ad avere un ruolo centrale e salvifico, per sé e per
gli allievi della sua Scuola di Street Cinema, nata nel 2013 a
Milano, dove insegna a dare voce agli invisibili, con testi di
grandi autori, da Shakespeare a Pasolini, adattati a temi di
attualità. Tekla Taidelli aveva esordito con Fuori vena (2005),
storia d’amore e di tossicodipendenza che aveva debuttato a
Locarno (“allora Claudio Caligari mi disse ‘benvenuta tra i
registi maledetti’ ricorda con l’ANSA) e vinto nel suo percorso
vari premi, firma adesso il suo secondo lungometraggio. E’
‘6:06’, con Davide Valle e George Li Tourniaire (Mare fuori) al
debutto in Notti Veneziane alle Giornate degli Autori, sezione
autonoma della Mostra del cinema di Venezia (27 agosto – 6
settembre).
Taidelli, milanese, classe 1977, attinge anche per 6:06, come
aveva fatto per Fuori vena, anche ad alcune delle sue più dure e
difficili esperienze passate, come l’aver usato sostanze o
l’aver vissuto per un periodo per strada (“è per questo che ne
parlo, so cosa voglia dire passarci un inverno”). Nella storia
di Fuori vena, “vinceva la droga – aggiunge la regista –
stavolta vince la vita”. Nel film, prodotto da Argo Film, Tranky
Film e Filmesdamente, in arrivo prossimamente in sala con LSPG
Popcorn, protagonista è Leo (Valle) ventiseienne che vive le
sue giornate in bianco e nero, cercando di non perdere
l’ennesimo lavoro precario con cui pagarsi le droghe. Un loop
improvviso sulla stessa giornata vissuta e rivissuta, lo porta
ad incontrare la misteriosa francese Jo-Jo (Tourniaire ), che ha
appena subito un grave lutto. La ragazza tanto enigmatica quanto
decisa, porta nella vita di Leo i colori e finisce per
convincerlo a fare con lei un viaggio fino al Portogallo. Un
percorso che li unisce sempre di più, e li fa confrontare con
demoni, incognite e scelte. “Dopo essere passata per l’inferno,
vorrei che il mio cinema arrivasse a tutti per raccontare la
felicità e la rinascita come valori universali” osserva
Taidelli. “Mi piacerebbe che 6:06 arrivasse soprattutto ai
ragazzi di oggi, che spesso sono disillusi e stanno vivendo un
vuoto culturale e generazionale”. Nel film “è come se si
incontrassero due parti di me, quella più tormentata e quella
che riflette l’aver trovato un’armonia”.
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