Nelle parole di Nanni Cobretti in persona.
Raga non so da dove cominciare, sono in imbarazzo. Mi sento addosso una responsabilità gigantesca. War of the Worlds è un film incredibile, uno degli eventi cinematografici del 2025 che si meritava schermi giganti e non le vostre minuscole TV FullHD e uno streaming su Prime Video. Non so se se ne parlerà abbastanza da qui a fine dicembre, ho paura che se ne sia già parlato troppo, con tutte quelle stroncature e quegli articoli sul “peggior film dell’anno” e il “peggior film di sempre” e tutte quelle altre simpatiche amenità che ignorano a bella posta il fatto che ci troviamo di fronte a un oggetto interessantissimo e capace di suscitare emozioni fortissime. Cioè il pezzo che sto per scrivere è importante. Sono tesissimo.
Sempre nelle parole del Capo. Tra poco vi faccio vedere anche il film, giuro.
Boh, facciamo questo ragionamento. A noi della plausibilità e del realismo e anche un po’ della logica frega molto poco, no? La rule of cool e tutto quanto. Andiamo al cinema per i film non per la realtà, e se ci andiamo per la realtà è perché danno un documentario. Un approccio rappresentato simbolicamente ma non troppo dal salto di Vin Diesel per salvare Michelle Rodriguez in Fast & Furious 6: se lo vedi e ti lamenti della forza di gravità non sei dei nostri. Ci siamo fin qui, no?
Altrimenti si diventa quelle persone che escono da un horror la prima volta che il gruppo si divide. Che fanno “buuu” in sala quando in Star Wars si sentono le esplosioni nello spazio, e ricevono quindi cascate di coppini dai vicini di posto. Gli alfieri del Per cui è brutto. Come ti permetti di mettere degli errori nel tuo film? Lo sapete che ogni volta che qualcuno spara a una bomboletta di gas questa non dovrebbe esplodere? E noi non vogliamo diventare così. Non vogliamo essere Fabrizio.
“Stanlio t’è scappato lo screenshot del desktop. Facci vedere questo film!”
Però ecco. Insomma. Come dire? Siamo umani. Fallibili. Imperfetti. Abbiamo dei limiti. Ho dei limiti, lo confesso, ho peccato. Ho guardato War of the Worlds e ogni ventisette secondi circa ho dovuto mettere in pausa e ridere forte per una qualche assurdità che era appena successa sul… desktop di Ice Cube? C’è qualcuno che ha pensato “dovremmo proprio fare un remake moderno del classico di H. G. Wells La guerra dei mondi ambientato interamente sul desktop di Ice Cube”, e questo qualcuno era Jeff Bezos. Secondo voi come si dice “marchetta” nella lingua degli alieni invasori?
O “product placement”, che fa più fine. Nasce tutto, pensate un po’, da un’idea di quel cialtrone di Timur Bekmambetov, uno che cento ne fa e una ne azzecca, e che durante il primissimo lockdown del 2020 ebbe quest’illuminazione incredibile: girare film ad alto budget ma tutti ambientati sul desktop di qualcuno. Siamo al 2025 e mi risulta che War of the Worlds sia solo il secondo di questa serie di genere “screenlife” (giuro, esiste, si chiama così, è una cosa, lo scopro ora) dopo Searching. E questa è la parte romantica. Poi c’è il fatto molto più terra terra che parliamo di un film Universal che non ha trovato distribuzione in sala ed è stato subito acquistato da Amazon. E qualcuno ad Amazon ha letto lo script e ci ha visto una clamorosa opportunità di trasformare questi 90 allucinanti minuti in uno spottone a favore dell’Azienda. E questo, unito al fatto che già il film era la più del cazzo delle idee del cazzo, ha generato una tempesta di merda che ha del clamoroso, di quelle che ti fanno tornare la voglia di scrivere le rece supercattive con le battutacce come si faceva nel selvaggio Internet di quindici anni fa.
“riesci ad analizzare il contenuto scientifico di tutte quelle sigle e formule e dirmi se ha un senso o se è roba a caso?” ho chiesto a ChatGPT.
Ottima domanda! Guardiamo con calma tutti i dati che compaiono sull’immagine, come se fosse davvero un’interfaccia di un microscopio elettronico a scansione (SEM):
Etichette e sigle visibili:
-
WD 5 µm
WD in microscopia SEM significa Working Distance, cioè la distanza tra l’obiettivo (lente finale del cannone elettronico) e il campione.
→ Ma qui è strano: normalmente il WD è indicato in millimetri (es. 5 mm, 10 mm). “5 µm” sembra improbabile, troppo piccolo per essere realistico. -
mag 15625x
Magnification = ingrandimento. Un fattore di ~15.600× è coerente con ciò che si vede (globuli rossi sotto SEM), quindi questo ha senso. -
use case Standard
Non è una dicitura tipica nei software di SEM. Di solito ci sono opzioni come “High Vacuum”, “Low Vacuum”, “Environmental”, non “Standard”.
→ Sembra inserito un po’ a caso o reso più “user-friendly” per lo spettatore. -
HV 30 kV
HV = High Voltage, tensione di accelerazione degli elettroni. Valori comuni sono 1–30 kV.
→ 30 kV è realistimo per un SEM. -
curr 1.6 nA
Corrente del fascio elettronico (beam current). 1–2 nA è compatibile con imaging SEM ad alta risoluzione.
→ Ha senso. -
mode SE
SE = Secondary Electrons, la modalità più comune per ottenere immagini topografiche ad alta risoluzione.
→ Assolutamente realistico. -
tilt 161°
Angolo di inclinazione dello stadio (campione).
→ Però 161° è sospetto: di solito i tilt nei SEM sono da 0° a 90° circa. Oltre i 90° il campione si ribalterebbe. Questo dato non ha molto senso.
Conclusione
👉 In pratica: l’interfaccia è costruita con una base scientifica plausibile (per dare verosimiglianza), ma con alcuni dettagli “inventati” o imprecisi, probabilmente per esigenze narrative/visive (visto che sembra una scena di un film o di una serie).
Capito? Tanto vale far analizzare i film a ChatGPT ormai. Tanto War of the Worlds è tutta una roba di screenshot: ci sarebbe da darlo in pasto per intero a un LLM per capire cosa ne pensa. Per esempio di momenti tipo questo:
Cioè: oltre a tutto il resto, qualcuno si è trovato in mano questa sceneggiatura e ha pensato “mi sembra una parte scritta su misura per Ice Cube!”. E questa persona era Timur Bekmambetov in persona! Io non so quale fosse l’idea, perché per un ruolo così teoricamente tecnico non abbiano chiamato una qualche anonima fazza da giandone tipo Patrick Wilson, non so se tutta la sceneggiatura sia stata scritta con Ice Cube in testa ma ne dubito, fatto sta che c’è tutto un altro strato di cinema di cui discutere, e cioè il fatto che il protagonista di questo film ambientato sul suo stesso desktop gioca una partita tutta sua, interpreta un ruolo assurdo con poteri assurdi e lo fa con lo stesso approccio con cui aveva affrontato il ruolo del capitano Dickson in 22 Jump Street. Il mondo va a rotoli e lui fa le sue cose di spionaggio per salvarlo e quando azzecca qualcosa esulta come se avesse finalmente sconfitto quel difficilissimo boss di quel videogioco. Fa robe a caso e non ti viene mai il dubbio che sia un problema perché è Ice Cube che te la sta vendendo e come fai a non fidarti?
Compreresti un’auto usata da quest’uomo? Io sì.
E questa era solo l’intro del pezzo. Scusate, mi sono fatto prendere la mano, War of the Worlds è un film confusionario e stordente e io giuro che non sono riuscito a staccare gli occhi da questo incidente stradale neanche per un secondo. Nessuna tentazione di controllare le notifiche sullo smartfonino o di andare a prepararmi un panino al cetriolo, solo puro stupore, meraviglia, MACCOSA. OK a un certo punto ho sentito l’irrefrenabile impulso di andare su Amazon e ordinare un tritatutto USB, ma quale film non fa questo effetto? Ora vediamo cosa possiamo usare come SIGLA!
C’è questa scena verso la fine di War of the Worlds, mi spiace raccontarvi una scena che sta verso la fine ma in fondo sticazzi, è anche probabile che ne abbiate già letto, ne ha scritto più o meno chiunque, comunque c’è questa scena nella quale il fidanzato della figlia di Ice Cube, che fa il rider per Amazon ed è dunque dipinto come un supereroe con lo stipendio di giada, deve guidare il suo magico drone telecomandato a raggio infinito fino alla sede del Department of Homeland Security, per consegnare ad Ice Cube una chiavetta USB che contiene… fatico a spiegarvelo, ma c’entra del codice genetico che è stato trasmesso via WhatsApp a una persona che l’ha trasformato in codice informatico, o qualcosa di simile, comunque sta nella chiavetta e siccome Ice Cube è in lockdown dentro la sede del DHS deve appunto sperare nel drone.
Questo incidentalmente perché Ice Cube lavora in questa sorta di versione distopica del DHS degli Stati Uniti futuri, talmente definanziato da non potersi neanche più permettere lo stipendio di Claire Danes. Ice Cube è l’ultimo impiegato rimasto, ha un ufficio gigante con altre scrivanie che rimangono desolatamente vuote per tutto il film, ed essendo appunto l’Highlander degli esseri umani a busta paga del governo americano ha anche TUTTI I POTERI. Ha accesso a un sistema di sorveglianza e ricerca di persone talmente tentacolare e onnipotente da far impallidire quello di Christian Bale nel Cavaliere oscuro, se non altro per il fatto che è attivo a livello globale invece che solo locale. E questo, se ci pensate, già ammazza tutto il film in partenza.
Sofisticatissimo.
Cioè: il desktop onnipotente (ma che contemporaneamente fa girare anche WhatsApp e Spotify) di Ice Cube lo mette subito nel ruolo del narratore magari non onnisciente ma sicuramente unico e indispensabile. Il suo personaggio è di fatto intrappolato davanti al computer, altrimenti il film collasserebbe su se stesso. Lui deve stare lì e farci da finestra sul resto del mondo, è un protagonista che per contratto non può essere mai in pericolo. In un paio di momenti ci prova pure, eh? Ice Cube, dico. A evadere dalla sua prigione dorata. Ma il film gli sbatte letteralmente le porte in faccia, il suo edificio va in lockdown, “merda non posso proprio allontanarmi da questo schermo che è l’unica cosa che regge il film”.
Ovviamente Ice Cube ha i suoi proxy, ci mancherebbe: la figlia in pericolo, il figlio in pericolo, il fidanzato in pericolo della figlia in pericolo, l’amica della NASA in pericolo. Lei è la mia preferita: è Eva Longoria, ormai da tempo attrice da cestone, il cui personaggio di “Sandra” è caratterizzato esclusivamente dal fatto di essere amica del protagonista, e da fungere quindi da deus ex machina quando servirà. Chi è “Sandra”? Non lo sappiamo né lo sapremo mai, come essere umano intendo. Comnuque, il fidanzato in pericolo della figlia in pericolo: l’avevamo lasciato che guidava il drone.
Lo so che non ci volete credere ma anche questo è uno screenshot del film.
Il drone, ahinoi, ha un incidente, e si ribalta proprio a pochi metri da uno homeless. Ice Cube allora usa il suo sistema di spionaggio per hackerargli il telefonino e promettergli Internet gratis a vita se si alza a ribaltare quel drone. Lo homeless però non ha sbatta, ed è qui che scatta il vero colpo di genio, per il quale c’è gente negli uffici di Amazon che ancora oggi si tira dei cinque altissimi: Ice Cube promette allo homeless un buono Amazon da 1.000 dollari. Lui si alza e ribalta il drone. Evviva! Il mondo è salvo, grazie a un buono Amazon da 1.000 dollari.
Capite che di fronte a una roba così disarmante il fatto che lo screenshot delle analisi del sangue sia stato giudicato “quasi plausibile” dalla stessa entità che ha scritto la scena del drone (che qui si fa chiamare “Kenny Golde“) diventa un cortocircuito delizioso, solo uno dei tanti di questo film nel quale gli alieni invasori vengono sconfitti da un esperto di terrorismo internazionale che opera in totale solitudine in un palazzo governativo e ha accesso diretto a TUTTI I DATI DEL MONDO. Immagino grazie ai server di Amazon.
Questo è uno dei miei momenti preferiti del film: quantomeno si vede un alieno gigante.
Che poi davvero, tutto questo potrebbe anche essere accettabile o comunque sopportabile a fronte di un film… come si dice? Ah sì, bello. War of the Worlds non funziona a nessun livello se non quello del suo incontrollabile protagonista, è un film nel quale a un certo punto tutti i leader mondiali decidono in totale armonia di coordinare i loro sforzi bellici per respingere la minaccia aliena e lo fanno in otto minuti e questa cosa non rientra nella rule of cool in alcun modo perché non c’è proprio un cazzo di cool in questo film, è moscissimo, confuso quando prova a fare un po’ d’azione da desktop, cortissimo eppure inutilmente appesantito dal fardello delle beghe personali e familiari di Ice Cube, superficiale, scemissimo, quel genere di film che a un certo punto non puoi non abbracciare per quello che è, cioè una ciofeca indimenticabile.
Siamo dalle parti di Battlefield Earth per capirci. Ma più stronzo ancora, perché stronza è l’idea di ambientarlo su un desktop. E al contrario geniale è l’idea di affidare le chiavi di casa ad Ice Cube e fargli fare circa quello che vuole. È tutto talmente una caciottata che al terzo MACCOSA vi succederà quello che mai avreste creduto possibile: per una volta capirete come si sentono quelli a cui danno fastidio le esplosioni in Star Wars. Comincerete a dire “ma non ha senso!!!”, e vi renderete conto però che lo state dicendo con affetto, con una risata nascosta sotto i baffi reali o metaforici che siano, con un’ilarità che non provavate da quando ancora il caffè si pagava in lire.
E ringrazierete War of the Worlds per avervi regalato novanta minuti consecutivi di SBAGLIO TOTALE, un record, qualcosa di indimenticabile. Scusate, vado a rivedermelo.
Giocate anche a voi a “Dov’è Ice Cube?”.
Quote suggerita
«Sì»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
ALTRE CONSIDERAZIONI EX POST
– c’è tutto un discorso curioso ma anche un po’ spaventoso legato al mondo hacker, ai suoi legami con il governo e alla ribellione contro l’apparato di sorveglianza globale che ha annullato la nostra privacy e trasformato i nostri dati in moneta corrente e strumento di potere. Il fatto che questo discorso venga inserito in un film voluto da un’entità che ci profila anche il buco del culo per proporci i calzerotti termici giusti da comprare rientra un’altra volta nella categoria “corto circuito”
– nessun personaggio, comunque, fa l’errore di aggiungere un giornalista a una chat privata che serve a pianificare un bombardamento. Questo per dire che la realtà si sta impegnando durissimo per diventare il nuovo cinema da cestone, e il cinema da cestone comincia a faticare a starle dietro
– il fatto che il finale con battuta a effetto sia il genere di finale con battuta a effetto che normalmente prelude a un sequel non è neanche classificabile, ma visto come va il mondo non mi sento di escludere nulla
– in generale, tutta la storia della sorveglianza e della privacy e del governo e il modo in cui è gestita, con tanto di finti tweet di Joe Rogan e Tucker Carlson, colloca politicamente War of the Worlds in zona alt-right, e quanto sarebbe interessante approfondire questo discorso e i legami tra Bezos e una certa parte politica statunitense? Manon Serve, credo
Dove guardare War of the Worlds