di
Cesare Giuzzi e Chiara Evangelista
I rappresentanti della proprietà del centro di via Watteau sono entrati nello stabile occupato poco prima delle nove. Lo sgombero atteso dal 2003. Salvini: «La legge è uguale per tutti». Il sindaco incredulo per non essere stato avvertito in anticipo dalla Prefettura
È scattata a sorpresa nella mattina di oggi, 21 agosto, l’esecuzione dello sfratto dello storico centro sociale Leoncavallo di via Watteau nel quartiere di Greco. Uno sgombero atteso dal 2003 su richiesta della proprietà, ma mai eseguito inoltre vent’anni è rinviato per oltre 130 volte.
Polizia e carabinieri sono entrati con l’ufficiale giudiziario poco prima delle nove di mattina. L’operazione si sta svolgendo al momento senza resistenza né problemi di ordine pubblico. La struttura all’arrivo delle forze dell’ordine si presentava deserta.
Polizia e carabinieri hanno chiuso tutti gli accessi a via Watteau e nei dintorni del centro sociale si stanno radunando, in modo pacifico, alcune decine di attivisti. Gli operai e i fabbri incaricati dalla proprietà sono invece al lavoro sui portoni d’ingresso che verranno sigillati. Le operazioni dovrebbero proseguire per alcune ore.
Nel corso della giornata sarà consentito agli attivisti di recuperare il materiale custodito all’interno, dopodiché lo stabile verrà consegnato alla proprietà, una società della famiglia Cabassi.
Dagli attivisti riuniti tra via Bettoni e via Stella, circa un centinaio, è partito un coro «viva il Leoncavallo» seguito da un lungo applauso. Al momento la situazione è tranquilla e non ci sono problemi di ordine pubblico. Sono presenti molti militanti storici del centro sociale che hanno attraversato tutte le stagioni del Leonka dai primi sgomberi, con pesanti scontri, fino all’occupazione del 10 settembre 1994.
L’ultima esecuzione di sfratto del Leoncavallo risaliva allo scorso 15 luglio. A novembre di un anno fa i giudici avevano condannato il ministero dell’Interno a pagare 3 milioni di euro al gruppo Cabassi, proprietario dell’immobile di via Watteau, per essere stato «inadempiente» per un’occupazione durata 30 anni.
A Palazzo Marino intanto si respira un’aria di incredulità, dal momento che sindaco Beppe Sala non è stato avvisato in anticipo dello sgombero. Ieri durante il comitato di pubblica sicurezza in Prefettura il numero uno della giunta non ha partecipato al tavolo a cui era presente, invece, il vicecomandante dei vigili. Durante la riunione però non si sarebbe fatto cenno allo sgombero del Leonka.
Il sindaco pertanto, da quanto si apprende, era ignaro dell’intervento delle forze dell’ordine fino a questa mattina, quando è arrivata la telefonata del prefetto per avvisare che sarebbe stato eseguito lo sgombero.
Salvini: «La legge è uguale per tutti»
«Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!», ha scritto sui suoi social il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini. Sulla stessa falsariga il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive. Dall’inizio del nostro mandato sono già stati sgomberati quasi 4mila immobili. Lo sgombero del Leoncavallo è solo un altro passo di una strategia costante e determinata che porteremo ancora avanti».
Gli attivisti: «Speriamo non sia la fine, cerchiamo alternative»
«Noi speriamo che non sia la fine, continuiamo a cercare delle alternative. Certo, adesso è molto più difficile. Questo modo di concludere questa fase, è un modo molto brutto, molto doloroso, che dà l’immagine di non avere nessuna volontà di dialogo – commenta a caldo Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme Antifasciste del Leonka -. Uno può non essere d’accordo. Ma io espongo il mio punto di vista e l’interlocutore il suo. Invece questo muro è un indice delle scelte politiche di questa città. La cosa che ci fa arrabbiare, al di là del nostro dolore personale, è che questo che succede oggi è un sintomo. E a noi una città fatta così non co sta bene. Noi elaboriamo delle idee e le proponiamo alla comunità. L’abbiamo fatto per 50 anni e continueremo a farlo anche in questo caso». E sulla nuova sede – conclude Boer – non c’è nessuna novità».
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21 agosto 2025 ( modifica il 21 agosto 2025 | 12:39)
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