Il vicepresidente Usa rimette la responsabilità della trattativa sulle spalle degli europei e spende parole di stima per il leader che ha «a cuore gli interessi della Russia». La risposta indiretta del presidente ucraino che denuncia il nuovo record di missili russi nella notte e rifiuta la mediazione della Cina
La Russia ha fatto saltare l’ipotesi di mediazione sul conflitto organizzata da Donald Trump – insistendo che pretende il veto su qualunque iniziativa di sostegno straniero all’Ucraina dopo il conflitto – e così la Casa Bianca ha fatto un passo indietro: fonti vicine al presidente hanno detto al Guardian che Washington farà un passo indietro su una trattativa che evidentemente il Cremlino non ha intenzione di intavolare, e lascerà che Mosca e Kiev negozino senza gli Stati Uniti.
Con un post su Truth, Trump sembra aver confermato l’abbandono dell’idea di porsi come arbitro della pace in Ucraina. L’ex mediatore auto-proclamato, che finora aveva spinto per un compromesso negoziale, ha infatti accusato l’amministrazione Biden di aver impedito a Kiev di contrattaccare e ha lasciato intendere che senza capacità offensive non ci sia possibilità di vittoria. «È quasi impossibile vincere una guerra senza attaccare… L’Ucraina ha una difesa fantastica, ma non può passare all’attacco. Biden non gliel’ha permesso», ha scritto, segnalando così un cambio di posizione che rischia di scompaginare i già fragili equilibri diplomatici.
Iniziative sgonfiate
La grande iniziativa trumpiana, insomma, si è già sgonfiata, e gli scambi a distanza fra il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e i rappresentanti dell’amministrazione mostrano che sul tema delle garanzie di sicurezza non c’è stata in Alaska l’intesa che Trump credeva di avere raggiunto. Eppure l’amministrazione aveva cercato di tenere caldo il canale con il Cremlino: il vicepresidente, JD Vance, si era anche fatto portavoce delle ragioni di Putin in un’intervista a Fox in cui lo definiva un leader «ponderato» e «attento» che ha «a cuore gli interessi della Russia».
Vance ha specificato che spetterà all’Europa sostenere i costi per garantire la sicurezza di Kiev, visto che si tratta del «loro continente», e ha rimesso così sulle spalle europee il peso delle trattative con Mosca che l’amministrazione Trump ha lanciato e forse già abbandonato nel suo solito modo situazionista.
Nel primo incontro con Zelensky a febbraio Vance è stato l’esecutore materiale dell’imboscata al presidente; nel secondo è stato ordinatamente in silenzio ma a scoppio ritardato ha rilanciato la versione di Mosca, che dal 2022 non ha modificato nella sostanza la lista delle precondizioni per trattare: vuole riconoscimento dei territori occupati, garanzie che l’Ucraina non entrerà nella Nato o nella Ue, fine delle sanzioni.
Il presidente ucraino ha indirettamente risposto ieri mattina parlando con i giornalisti. Ha detto, fra molte altre cose, che si aspetta una «reazione forte» degli Stati Uniti se Putin si sottrarrà all’incontro su cui Trump ha lavorato alacremente – legittimando in sostanza il dittatore agli occhi della comunità internazionale – e su cui evidentemente il Cremlino sta facendo marcia indietro.
Per Trump è Mosca che ha cambiato posizione dopo l’incontro in Alaska, per tutti gli altri era semplicemente un bluff per ottenere dal presidente americano tappeti rossi e tempo. Per questo ora Zelensky pretende dalla Casa Bianca una reazione forte. Il presidente ha fatto notare che mentre i presunti negoziati vanno avanti, la Russia ha stabilito un «folle anti-record» con gli attacchi aerei condotti nella notte di mercoledì contro l’Ucraina, quando Mosca ha lanciato circa 600 droni e 40 missili contro l’Ucraina.
Non solo: i raid russi, dice Zelensky, «hanno preso di mira infrastrutture civili, edifici residenziali e la nostra popolazione». Il leader ucraino ha poi aggiunto che è «molto significativo» che la Russia abbia condotto un raid contro una «impresa americana» nell’oblast occidentale della Transcarpazia. Putin continua ad agire «come se nulla stesse cambiando», ha spiegato Zelensky: «Non c’è ancora alcun segnale da parte di Mosca che dimostra che intende davvero avviare negoziati significativi e porre fine a questa guerra».
Truppe a sud
Zelensky ha tracciato un quadro chiaro delle priorità politiche e militari dell’Ucraina, toccando diversi dossier cruciali: dall’evoluzione sul fronte meridionale al negoziato per le garanzie di sicurezza, dal ruolo della Cina al rapporto con Washington e Bruxelles. Sul piano militare, Zelensky ha confermato che Mosca continua a spostare forze verso il fronte di Zaporizhzhia.
«Il nemico si sta rafforzando. Vediamo che parte delle truppe viene trasferita da Kursk in direzione sud», ha dichiarato, avvertendo che l’offensiva russa resta «una minaccia costante» e che Kiev dovrà adeguare le proprie difese. Fra queste ha annunciato il successo nei test di un nuovo missile con una gittata di 3.000 chilometri.
Quanto al percorso diplomatico, il leader ucraino ha ribadito che un faccia a faccia con Putin potrà avvenire solo dopo aver definito un quadro di garanzie di sicurezza credibile. «Vogliamo un’intesa sull’architettura delle garanzie entro sette, dieci giorni. Sulla base di quell’intesa puntiamo a un incontro trilaterale», ha spiegato, precisando che al tavolo dovrebbe sedere anche Trump. Tra le possibili sedi del vertice ha citato Austria, Svizzera e Turchia.
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