Il nuovo ecosistema digitale del FSE 2.0, sostenuto dal PNRR, sta ridefinendo la qualità delle cure. In questo scenario l’infermiere è un attore chiave nella gestione del dato clinico, nella presa in carico digitale del paziente e nella promozione dell’alfabetizzazione digitale.

La transizione digitale del Ssn
fse 2.0


Negli ultimi anni, la sanità italiana sta vivendo una trasformazione profonda, alimentata dalla spinta digitale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e concretizzata attraverso strumenti innovativi come il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0.

Non si tratta più di una semplice piattaforma per archiviare documenti clinici: il FSE rappresenta oggi un vero e proprio ecosistema digitale data-driven, capace di aprire sempre di più le porte a nuove forme di medicina – predittiva, personalizzata, preventiva – e di sostenere la ricerca clinica, la programmazione sanitaria e il governo del sistema.

Questo nuovo paradigma ridefinisce i processi, le competenze e le interazioni tra tutti gli attori del Servizio Sanitario Nazionale. In tale contesto, le professioni sanitarie – in particolare quella infermieristica – sono chiamate a adottare un approccio proattivo alla gestione del dato, partecipando attivamente alla sua produzione qualificata, alla tracciabilità dei percorsi assistenziali e al supporto per l’accesso consapevole ai servizi digitali da parte dei cittadini.

Ma il successo del FSE 2.0 non si fonda solo sull’innovazione tecnologica: richiede una trasformazione culturale capace di generare fiducia, consapevolezza e partecipazione diffusa tra professionisti e popolazione.

In questo scenario, il presente approfondimento intende fare il punto sull’evoluzione del Fascicolo Sanitario Elettronico, analizzandone i fondamenti normativi e tecnologici, le opportunità per il sistema salute e il ruolo strategico della professione infermieristica nella transizione verso una sanità digitale, interconnessa e centrata sulla persona.


Le criticità del Fascicolo Sanitario Elettronico

Quante volte abbiamo sentito parlare di FSE? Negli ambienti sanitari se ne discute già da molti anni ma se ci chiediamo quante volte o, meglio, se abbiamo mai consultato il nostro FSE, la risposta è raramente o addirittura neanche una volta.

Secondo i dati del Ministero della Salute e del Dipartimento per la Trasformazione Digitale, infatti, nelle rilevazioni avvenute tra gennaio e marzo 20251, in Italia solo il 21 % dei cittadini con almeno un documento caricato nel Fascicolo Sanitario Elettronico ha effettuato almeno un accesso nei 90 giorni precedenti la rilevazione. Un dato medio nazionale che oscura, però, differenze regionali significative dal’1% delle Marche e al 65% dell’Emilia-Romagna.

L’utilizzo dell’FSE in Italia ha storicamente affrontato numerose difficoltà, facendo riscontrare un’adozione più bassa rispetto a quello che è il suo potenziale. Questi ostacoli derivano da una combinazione di diversi fattori: un primo motivo riguarda la scarsa conoscenza e il limitato utilizzo reale del FSE da parte dei cittadini. A ostacolare l’accesso contribuisce anche il digital divide, che penalizza le fasce più fragili della popolazione; alle difficoltà legate all’utilizzo da parte dei cittadini si aggiungevano le criticità tecnologiche del FSE 1.0, concepito più come archivio documentale che come ecosistema di dati.

L’implementazione era incompleta e disomogenea, con documenti spesso non strutturati e difficili da interoperare. I servizi previsti erano solo parzialmente disponibili e mancavano sistemi di codifica standardizzati. Inoltre, l’alimentazione dei dati era irregolare tra le regioni e l’assenza di un’anagrafe nazionale unica limitava la condivisione delle informazioni tra i FSE regionali, penalizzando i pazienti in mobilità.

Il FSE 1.0 offriva inoltre pochi strumenti per la programmazione sanitaria e la ricerca; un’ulteriore criticità riguarda la mancata alimentazione del FSE da parte di molti operatori sanitari. In assenza di contenuti inseriti, i cittadini non trovano informazioni da consultare, riducendo ulteriormente l’utilità percepita dello strumento. Si crea così un circolo vizioso: il Fascicolo non viene alimentato perché poco utilizzato, e viene poco utilizzato perché privo di dati.


Riferimenti normativi e finanziamenti

Il FSE 2.0 rappresenta una profonda evoluzione del sistema sanitario italiano, che poggia su un solido impianto normativo e un significativo finanziamento proveniente dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha destinato un investimento complessivo che supera gli 1,38 miliardi di euro a livello nazionale.

Nello specifico, questa iniziativa rientra nella Missione 6 “Salute”, Componente 2 “Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale”, e in particolare nel sub-investimento 1.3.1 “Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)”, al quale sono stati assegnati 811 milioni di euro. Una porzione considerevole di questi fondi, oltre 311 milioni di euro, è stata specificamente stanziata per il rafforzamento delle competenze digitali degli operatori sanitari.

Il FSE trova origine nell’art. 12 del Decreto Legislativo 179/2012, che ne ha istituito la creazione, e nel DPCM n. 178 del 2015, che ne ha regolato l’attivazione.

La svolta verso il FSE 2.0, però, è arrivata con una serie di provvedimenti fondamentali:

  • DM 20 maggio 2022: ha definito le Linee guida per l’attuazione del FSE 2.0 nel periodo 2022–2026, promuovendo uno sviluppo omogeneo su scala nazionale
  • Decreto Interministeriale 8 agosto 2022: ha stabilito obiettivi e target vincolanti per le Regioni e le Province Autonome, legati all’accesso ai fondi PNRR e misurati tramite specifici indicatori
  • DM 7 settembre 2023: atto normativo centrale per il FSE 2.0, ha ridefinito contenuti, responsabilità, misure di sicurezza e pseudonimizzazione dei dati, introducendo un modello federato per garantire un punto unico di accesso ai servizi del SSN, indipendentemente dalla regione di residenza
  • Decreto 31 dicembre 2024: ha istituito l’Ecosistema Dati Sanitari (EDS), infrastruttura federata complementare al FSE per l’integrazione, condivisione e protezione dei dati sanitari
  • Decreto 11 aprile 2024: ha regolato le modalità per opporsi all’alimentazione automatica del FSE con i dati pregressi.

Verso una sanità federata e interoperabile

Il FSE non sarà più un mero archivio di documenti, ma un ecosistema di dati e servizi omogenei a livello nazionale, proiettato verso una visione federata e interoperabile. Una sanità federata implica che le diverse entità del sistema – regioni, ospedali e operatori sanitari – pur mantenendo autonomie, siano strettamente connesse e collaborino in un’architettura comune, supportata dall’Ecosistema Dati Sanitari (EDS) che integra e condivide i dati con avanzate protezioni.

L’interoperabilità è invece la capacità di sistemi informatici diversi di comunicare e scambiare informazioni in modo fluido e significativo, superando le barriere. Per questo, il FSE 2.0 adotta “standard”, come regole e formati comuni per i dati. Il pilastro è HL7 FHIR, che permette lo scambio di dati discreti e granulari: singole informazioni precise, non intere cartelle. Altri standard come ICD9-CM e LOINC assicurano un significato coerente.

Per comprendere appieno l’importanza dell’interoperabilità e dell’adozione di formati standard, si può fare un parallelismo con l’esperienza quotidiana dello studente universitario: immaginiamo di dover cercare una singola parola chiave all’interno di un archivio digitale contenente materiali per un esame.

Se l’archivio è composto da dispense scannerizzate in formato immagine (non testuale), il sistema non sarà in grado di leggere i contenuti e l’unico modo per trovare l’informazione sarà quello di aprire e leggere ogni file manualmente. Al contrario, se il materiale è stato caricato in un formato testuale strutturato – come slide in formato PDF accessibile o documenti Word – la ricerca sarà immediata: il sistema individuerà in pochi secondi ogni occorrenza della parola cercata.

Allo stesso modo, il Fascicolo Sanitario Elettronico 1.0 conteneva per lo più documenti non strutturati e non standardizzati, spesso difficilmente leggibili dai sistemi. Il FSE 2.0, invece, punta su dati nativamente digitali e strutturati secondo standard internazionali (come HL7 FHIR), rendendo possibile una consultazione rapida, selettiva e significativa delle informazioni cliniche. Il risultato è una storia clinica realmente fruibile, utile non solo ai professionisti sanitari ma anche alla programmazione, alla ricerca e – soprattutto – alla qualità della cura del paziente.


Big data e medicina predittiva: il valore della cultura del dato

La sanità moderna vivrà una trasformazione epocale, passando da un approccio reattivo a una medicina “data-driven“: un paradigma che pone il dato al centro delle decisioni cliniche e strategiche. Attraversi il FSE 2.0 saremo in grado di avere a disposizione un enorme e variegata quantità di dati di tutta la popolazione. Parliamo, quindi, di “big data sanitari“, un’enorme mole di informazioni caratterizzate da volume, velocità, varietà e veridicità, la cui analisi sta svelando nuove possibilità per la cura e la prevenzione.

È qui che emerge la potenza della medicina predittiva. Sfruttando l’analisi di questi dati massivi, è possibile identificare probabilisticamente i fattori di rischio di una malattia prima che si manifesti. L’Ecosistema Dati Sanitari (EDS), complementare al FSE, raccoglie e integra le informazioni del Servizio Sanitario Nazionale, trasformandole in una fonte inestimabile per la ricerca scientifica e clinica su larga scala. Dati anonimizzati e aggregati diventano il carburante per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale e per l’avanzamento verso una medicina sempre più personalizzata.

Per i professionisti sanitari, questa evoluzione si traduce in opportunità senza precedenti. Significa poter consultare una storia clinica completa del paziente, supportare decisioni cliniche basate su evidenze concrete e migliorare la continuità assistenziale, riducendo errori terapeutici e reazioni avverse ai farmaci.

Per esempio, in una metanalisi pubblicata nel 20152, aveva già evidenziato l’impatto positivo dell’uso del Fascicolo Sanitario Elettronico (EHR/FSE) su diversi aspetti dell’assistenza sanitaria. L’analisi ha mostrato una riduzione significativa del tempo dedicato alla documentazione clinica (–22,4%), una maggiore aderenza alle linee guida (RR = 1,33), una diminuzione degli errori di somministrazione farmacologica (RR = 0,46) e una riduzione degli eventi avversi da farmaci (ADEs) (RR = 0,66). Questi dati confermano il potenziale del FSE come strumento in grado di migliorare l’efficienza operativa, la sicurezza delle cure e la qualità dell’assistenza, pur in presenza di un’elevata eterogeneità tra gli studi.

Immaginiamo anche i benefici clinici per i pazienti cronici: L’uso del FSE/EHR porta anche a migliori esiti di salute in popolazioni di pazienti con patologie croniche. Ad esempio, sono stati osservati miglioramenti nei parametri clinici e una riduzione delle ospedalizzazioni quando i pazienti e i medici utilizzano cartelle cliniche elettroniche personali per monitorare malattie croniche. In uno studio svolto in Piemonte nel 20223 si cita che l’uso di un fascicolo sanitario elettronico personale nel follow-up di pazienti oncologici e diabetici si associa a un migliore controllo metabolico (HbA1c più basso) e a minori ricoveri ospedalieri e accessi in pronto soccorso. Questi risultati, quindi, suggeriscono che il FSE può facilitare la gestione a lungo termine delle malattie, prevenendo complicanze e alleggerendo il carico sulle strutture sanitarie.

A livello organizzativo invece, l’analisi dei dati supporta la programmazione sanitaria, l’ottimizzazione delle risorse e la “medicina d’iniziativa”, profilando i cittadini per interventi mirati. Il successo di questa transizione dipende dalla capacità di acquisire nuove “digital skills” e soprattutto dalla diffusione di una vera e propria “cultura del dato”, intesa come consapevolezza e competenza nella raccolta, gestione e utilizzo di informazioni preziose per la salute di tutti.

L’infermiere digitale: nuove competenze per nuovi scenari

La trasformazione introdotta dal FSE 2.0 coinvolge un’ampia rete di professionisti: Medici Specialisti, Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Infermieri, Ostetriche, Farmacisti, personale tecnico-amministrativo, Sviluppatori di software e Data Analyst. In questo scenario complesso e dinamico, l’infermiere assume un ruolo sempre più centrale, evolvendo da semplice utilizzatore a protagonista attivo del cambiamento digitale.

Per contribuire efficacemente a questa transizione, è necessario acquisire nuove competenze digitali: dalla padronanza dei sistemi informatici sanitari alla conoscenza della normativa sulla protezione dei dati, dall’uso consapevole degli strumenti di telemedicina alla promozione dell’alfabetizzazione digitale tra i pazienti. Particolarmente rilevante è la capacità di raccogliere e documentare in modo accurato e strutturato le informazioni cliniche, attività in cui l’infermiere è spesso in prima linea grazie alla prossimità continua con l’assistito.

Questa nuova centralità si estende anche all’ambito dell’analisi dei dati. Consultare una storia clinica completa, contribuire a decisioni basate su evidenze concrete e garantire la continuità assistenziale sono tutte attività che dipendono dalla qualità delle informazioni disponibili. L’infermiere, pur senza diventare un data Analyst in senso stretto, acquisisce progressivamente gli strumenti per interpretare dati aggregati, supportare la programmazione sanitaria e partecipare alla costruzione di una medicina di iniziativa.

La cultura del dato, dunque, non è un’opzione, ma una leva strategica. Consente di ottimizzare l’uso delle risorse, migliorare diagnosi e percorsi di cura e contribuire a una sanità più proattiva, personalizzata e sostenibile. Il FSE 2.0 offre agli infermieri l’opportunità concreta di valorizzare la propria funzione all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, mettendo a sistema le competenze relazionali e cliniche con quelle digitali, per un’assistenza davvero centrata sulla persona.

Una sfida che riguarda l’intero ecosistema sanitario

Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, quindi, non è semplicemente un aggiornamento tecnico di un’infrastruttura esistente: è l’architrave di un nuovo modello di sanità pubblica, centrato sui dati e sulla persona. Il suo successo dipenderà dalla capacità collettiva di superare le criticità storiche del sistema – frammentazione, scarsa interoperabilità, limitata cultura del dato – e di valorizzare appieno le potenzialità offerte dalla digitalizzazione.

L’approccio data-driven reso possibile dal FSE, integrato all’Ecosistema Dati Sanitari, consente di ripensare la medicina in chiave predittiva e preventiva, supportando scelte cliniche più appropriate, una presa in carico tempestiva e una programmazione sanitaria basata su evidenze reali. Ma perché questo cambiamento sia reale, serve un’alleanza trasversale tra tecnologia, governance e professioni sanitarie.

In particolare, la comunità infermieristica ha oggi l’opportunità – e la responsabilità – di contribuire a questa trasformazione, mettendo a sistema competenze relazionali, cliniche e digitali. L’infermiere del futuro sarà sempre più chiamato a orientarsi tra dati, piattaforme, flussi informativi e percorsi assistenziali digitali, diventando un interprete attivo di una sanità connessa, sostenibile e centrata sulla persona.

Il FSE 2.0 è dunque una sfida che riguarda l’intero ecosistema sanitario. E come ogni innovazione autentica, richiede visione, formazione e fiducia. È solo attraverso un cambiamento culturale condiviso che sarà possibile tradurre il potenziale tecnologico in valore reale per i pazienti, per i professionisti e per l’intera collettività.


Bibliografia

  1. Ministero della Salute – Dipartimento per la Trasformazione Digitale Utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico Dati di monitoraggio FSE 2.0 2025 Disponibili su: https://monitopen.fse.salute.gov.it/usage
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