di
Giusi Fasano

Il racconto choc di un architetto: «Non so nemmeno come si esce dal gruppo». Una donna spiata: «Mi sento spezzata in due»

La voce arriva da un paesino del Veneto: «Se non mette il mio nome le dico com’è andata». Sentiamo. «Guardi, io sono in pensione da cinque anni, sono un architetto e sono stato anche amministratore del mio Comune per il centrodestra. Insomma: ho sempre avuto una vita molto attiva, poi ho smesso di lavorare e da allora non ho un c… da fare, consumo il mio tempo su Internet. Passo gran parte della giornata a guardare il telefonino. Sa com’è… Ti inondano di immagini e un giorno sono incappato in questo gruppo, “Mia moglie”, c’era una fotografia carina».

E così lei si è iscritto. «No». Come no? Lei risulta iscritto, e ha pure interagito con il gruppo. «No, non ho mai messo nemmeno un like. Mi sarò iscritto cliccando, che ne so… Comunque: l’avrò guardato solo un paio di volte, otto mesi fa. Solo qualche immagine. Non ho mai pubblicato foto, anche perché sono divorziato da vent’anni e una partner non ce l’ho. Io sono un esteta, ho curato libri fotografici, fatto mostre, e la cosa che mi ha attratto è stata quella bella fotografia. Sono un voyeur e a questa parola do un significato positivo, guardo le immagini, anche dei bei fondoschiena… Che male c’è?».



















































Beh, se le immagini sono rubate e pubblicate all’insaputa di quelle mogli forse un problema c’è. «Questo l’ho sentito in questi giorni, l’ho letto sui giornali. Come le dicevo io su quelle pagine ci sono andato una o due volte un mese fa». Ma non aveva detto otto mesi fa? «Insomma, non in questi giorni». E adesso che ha sentito dei mariti che pubblicavano fotografie senza il consenso delle mogli si è cancellato? «No, perché dovevo? Non so nemmeno come si fa… Guardi, le svelo una cosa: lì dentro c’erano molte foto brutte, fatte da mariti, non erano certo scatti d’autore. E anche le donne, non è che fossero…».

Non voglio sentire il seguito, e poi scusi, non ha detto di aver guardato poco o niente? Ora si scopre che conosce l’album intero. «Ripeto ancora una volta: non andavo a guardare ogni giorno quello che pubblicavano. Ci saranno invece persone che, siccome non c’è più niente di interessante da guardare su Internet — sempre guerra in Ucraina o in Israele — allora finiscono per fissarsi con immagini un po’ morbose». E lei cosa pensa di chi pubblica foto all’insaputa dell’interessata? «Che un marito così non vuole bene a sua moglie. La mette su Internet per far vedere che ha una bella moglie ma se lei non ci sta allora vuol dire che lui la considera un oggetto».

L’architetto veneto è uno dei 32.358 utenti della pagina Facebook «Mia moglie» che Meta ha deciso di chiudere due giorni fa dopo una valanga di proteste per i contenuti becero-sessisti dei commentatori del gruppo ma, soprattutto, perché — a giudicare da quello che scrivono gli stessi autori dei post con foto — ci sarebbero immagini private e sessualmente esplicite pubblicate all’insaputa delle partner sul gruppo, aperto e visibile al mondo intero dal 2019. La prima a segnalare il caso alla polizia postale, dal suo profilo Instagram, è stata la scrittrice e sceneggiatrice Carolina Capria.

Da lì in poi un diluvio di contestazioni, fino alla chiusura. Ma i più attivi del gruppo, ovviamente quasi tutti anonimi, annunciano la migrazione su Telegram e su una chat di WhatsApp, e poi, come funghi, sono spuntati nuovi gruppi Facebook sul tema. Sempre mogli/partner da esibire come un trofeo di caccia o la macchina nuova.

«Abbiamo appena creato un nuovo gruppo privato e sicuro» è l’ultimo avviso ai naviganti, che per accedere stavolta devono superare una specie di autenticazione di coppia. Il messaggio finisce con «saluti e in c… ai moralisti».

Chissà se chi lo ha scritto ha letto il post pubblicato ieri da una delle donne finite in questo tritacarne: «Oggi ho scoperto di essere nel gruppo “Mia moglie”», scrive, «non sapendone assolutamente nulla. Lui si è giustificato dicendo che fosse soltanto un gioco… Abbiamo due figli e 10 anni di matrimonio alle spalle. Foto nostre, private, di momenti di vita quotidiana. Mi sento spezzata in due». Sarebbe già abbastanza la pubblicazione della fotografia di una persona ignara di tutto.

Ma il peggio arriva con le didascalie di chi pubblica e ancor di più con i commenti sotto le immagini. Eccone una piccola raccolta: «Anni 30, altezza 1.81, peso 59, seno (naturale) 4, body count 1», va fiero un marito del gruppo. Per capirci: «Body count» sta per «conteggio dei corpi» con i quali lei ha avuto esperienze sessuali, quindi 1 significa solo lui, l’uomo che pubblica. Il quale precisa «Una body count 1 ha un valore aggiunto che non la rende scambiabile, per tutti quelli che me lo chiedono su Messenger». Come fosse l’auto dal concessionario: è usata poco, vale di più.

«Tanta roba», «Spettacolo», «Complimenti ha un bel numero di targa, è una bellissima moglie». «Come vorrei essere quel perizoma» sono invece le considerazioni di uomini che guardano una donna indossare biancheria intima. Un’altra dorme, a giudicare dalla foto. E tutti a suggerire al marito come svegliarla: «Mettile le mani tra le cosce», «Toccale la f…». Altro esempio di interesse: «Bel fisico da puledra la signora, si può vedere altro?», «Si vergogna? È un peccato, falle delle foto di nascosto». E avanti di questo passo, fino a: «Ciao, chi fa incesto? Io da Vicenza».

Per usare una citazione di casa Cecchettin: siamo davanti a «figli sani del patriarcato».

22 agosto 2025 ( modifica il 22 agosto 2025 | 07:30)