Bologna, 22 agosto 2025 – Tra nuovi sogni di gloria, vecchi tormentoni di mercato, il progetto stadio che ristagna e la Roma che incombe, Claudio Fenucci fa un punto generale sul cantiere Bologna. Il pullman scoperto in piazza Maggiore è un’eco lontana: si sentono forti le ruspe di una stagione che domani rialza il sipario.

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Direttore Fenucci, cento giorni dopo la Coppa Italia vinta, tornate a varcare la porta dell’Olimpico. Il Bologna ha riattaccato la spina?

“Ci dobbiamo presentare con le stesse caratteristiche che ci hanno portato fin qui: l’intensità, la consapevolezza della nostra forza ma al tempo stesso l’umiltà che ci ha sempre contraddistinto. Nello sport si procede per cicli. Dopo quel primo periodo che abbiamo definito di consolidamento, è arrivato questo triennio: il primo anno è stato quello dell’entusiasmo. Poi il ciclo, nonostante il cambio di allenatore, è proseguito, con l’anno della consapevolezza. Ecco, questo è l’anno più difficile, tutti i cicli lo attraversano e ne siamo consapevoli. Dovremo mantenere la voglia e l’umiltà di raggiungere certi traguardi, con il noi sempre messo davanti all’io”.

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A Valles un anno fa, lei identificò nella Coppa Italia l’obiettivo prioritario: che sogno avete per questa stagione?

“Quest’anno abbiamo quattro competizioni. Non voglio essere troppo enfatico – noi romani siamo un po’ portati a esserlo (ride, ndr) -, ma quest’anno possiamo fare qualcosa per passare dallo storico al leggendario. In campionato si può raggiungere la terza qualificazione di fila in Europa che sarebbe qualcosa di incredibile. Poi abbiamo la Supercoppa, la Coppa Italia dove solo quattro squadre hanno fatto la doppietta, e una semifinale europea che manca dal 1999: ci sono tutti gli stimoli per poter fare bene. Ed è il motivo per cui a questo gruppo abbiamo aggiunto elementi di esperienza come Immobile e Bernardeschi”.

Questo gruppo avrà ancora Lucumi? O come per Beukema e Ndoye, vale il principio dell’offerta irrinunciabile?

“Ho sempre dichiarato che avremmo preferito trattenere tutti, pur sapendo che nella realtà di fronte a certe offerte diventa dura, specie se bussa la Premier. Se noi sommiamo i costi operativi della società al costo del lavoro, arriviamo a 110 milioni: se ci aggiungiamo ammortamenti e tasse, arriviamo a quasi 160 milioni. E’ ovvio che una gestione così corposa, costruita per essere competitiva, non può non essere finanziata da qualche cessione. Parte dei soldi delle cessioni li abbiamo reinvestiti sul mercato e forse qualcosa investiremo ancora”.

Quindi Lucumi resta o no?

“Jhon ha già fatto tre anni con noi, nel calcio di oggi è tanto. Da parte sua c’era l’aspirazione ad andare via: purtroppo non si sono realizzati i tempi dell’offerta, altrimenti avremmo potuto fare qualcosa con lui e, a quel punto, trattenere Sam. I tempi del mercato, però, non li decidiamo noi: oggi non ci sono le condizioni per sostituirlo, quindi Jhon rimarrà con noi”.

Il monte ingaggi a 2 milioni può essere un tappo alla crescita?

“Il nostro tetto è già salito molto. Negli anni – chiamiamoli così – del consolidamento, quando facevamo campionati tranquilli, avevamo un monte ingaggi, un costo del lavoro, da 55-60 milioni. Siamo passati agli 80-85 di queste due annate. Uno sforzo c’è stato: uno sforzo finanziario ragguardevole per essere competitivi”.

Quello che avete consegnato a Italiano è un Bologna più forte, meno o uguale all’ultimo?

“Credo sia un Bologna competitivo come lo era gli anni scorsi. Poi perché sia più forte, va mantenuta l’intensità degli allenamenti, serve l’apporto dei nuovi, che per ora si sono inseriti in modo estremamente produttivo. Resta il fatto che un’altra delle caratteristiche che ha contribuito al successo è questa empatia collettiva, questo essere famiglia, che ci ha dato quel qualcosa in più”.

Nel legame speciale c’è anche quello col pubblico. E qui si accende la spia del nuovo Dall’Ara che da dieci anni tiene banco. I tifosi si chiedono se si farà mai.

“La situazione è che il progetto fatto dieci anni fa e poi perfezionato definitivamente nel 2018 col relativo piano economico finanziario diventa difficilmente realizzabile se non si trovano risorse pubbliche che coprano il gap tra quanto previsto e i costi attuali che sono saliti, nel periodo post Covid, di 80 milioni a 220 totali. Il provvedimento governativo è in fase di attuazione, ma se non determina un supporto finanziario forte, dobbiamo inevitabilmente ripensare la nostra strategia sullo stadio”.

Ripensarlo come?

“Dobbiamo farlo insieme al Comune e capire cosa fare. Considerate che a settembre va data la risposta definitiva all’Uefa, attraverso la Federazione, per la candidatura dello stadio per gli Europei 2032, con l’impegno di iniziare i lavori nel 2026. Comunque anche se Bologna non si candidasse, potrebbe ricevere finanziamenti per la riqualificazione, ma l’attenzione sarà ovviamente agli stadi coinvolti. Purtroppo ad oggi non ci sono gli elementi per valutare la disponibilità di risorse dell’eventuale Fondo per l’impiantistica sportiva e in assenza di questo fare ulteriori passi in avanti è molto complicato”.

L’assessora Li Calzi a giugno aveva detto: perso il treno Europei, addio nuovo Dall’Ara. E’ così drastico lo scenario?

“L’operazione, trovate le risorse, potrebbe andare avanti, ma quanto detto prima ci impone comunque di fare altri ragionamenti, di pensare magari a un piano B, grazie anche alla prossima nomina di un commissario che potrebbe favorire l’accelerazione dei processi autorizzativi”.

Quale sarebbe il piano B?

“Potrebbe essere un restyling più semplice o uno stadio ex novo. Per ora però rimane centrale il progetto che abbiamo. Poi è chiaro che da quando siamo partiti si modificano alcuni scenari; anche il nuovo Dall’Ara con la domanda attuale avrebbe una capacità ridotta per i posti corporate che necessitano di aree ospitalità. Una parte rilevante dei ricavi che finanziano le operazioni sugli stadi arriva dalla vendita dei posti corporate e vip; il Dall’Ara, per quanto migliorato non sarebbe performante economicamente come uno stadio nuovo. Avere parcheggi adeguati, un’offerta complessiva di servizi ed aree adeguate a favorire la relazione tra sponsor richiede una concezione dello stadio non realizzabile in un processo di riqualificazione”.

I prossimi passi quindi?

“Penso che continueremo il percorso amministrativo per le autorizzazioni che riguarda prevalentemente il temporaneo. Intanto valuteremo con Il Comune l’impatto dei provvedimenti governativi che per il Dall’Ara dovrebbero consentire la copertura del gap finanziario al quale facevo riferimento prima, visto che stiamo riqualificando un bene storico; in questo caso potremo continuare in quella direzione. Qualora non ci fosse questa disponibilità, un intervento da parte del Club di 180 milioni nella riqualificazione del Dall’Ara sarebbe impensabile dato che non ci sono ritorni sufficienti per recuperare un simile investimento. Per il bene del Club e per garantire la sua competitività è importante capire come compensare la eventuale minore crescita dei diritti media ed in questo lo stadio è fondamentale soprattutto in un territorio dove il tessuto imprenditoriale che può supportare nel tempo una operazione del genere è forte e ha una radicata passione per il nostro Bologna”.

C’è una parte della città che teme manchi un po’ la voglia di fare quell’ultimo salto per diventare davvero una big?

“Premesso che questa proprietà ha messo più di 280 milioni, il calcio europeo è un calcio non sostenibile, negli ultimi quindici anni ha fatto segnare perdite per più di 20 miliardi. Il calcio italiano negli ultimi sei anni ha chiesto ricapitalizzazioni degli azionisti per 3,5 miliardi. E’ un’industria che deve trovare una sua sostenibilità. Noi stiamo cercando di fare calcio coniugando risultati sportivi e sostenibilità e da questo non ci muoveremo. Al 30 giugno 2025 abbiamo chiuso un bilancio in attivo, ma non distribuiremo risorse agli azionisti: rimarranno all’interno del club e verranno reinvestite. L’Europa League produce, a seconda dell’andamento, un quarto, un quinto dei ricavi della Champions, alla fine è ovvio che se manteniamo una struttura dei costi così pesante, non ci porterà a giugno 2026 a un risultato positivo”.

Nel 2026 lei farà trent’anni nel calcio. Nel futuro vede magari un ruolo istituzionale, da presidente di Lega, per esempio?

“Io avevo un incarico prestigioso nel campo della finanza nonostante la giovane età e ho lasciato tutto per una società che all’epoca faceva la serie C (il Lecce, ndr). Sono stato forse un matto. Ma mi piace quello che faccio, soprattutto mi piace stare a Bologna, farlo qui. Mi trovo molto bene con Saputo, ormai è un amico. Sono contento dell’organizzazione che abbiamo costruito, fatta di collaboratori entusiasti e innamorati. Contento di aver riacceso, per merito dell’allenatore e dei giocatori, questo fuoco di passione nella città”.

Una città che spinge per il rinnovo di Orsolini.

“Adesso c’è l’urgenza del mercato. Orso è diventato il nostro calciatore simbolo. Ci dovremo incontrare, non molto tardi sennò alla fine mi costerà troppo (ride, ndr). Ma lo faremo, lo faremo”.