Massi, Cecchi, Giulio, Trottola, Roberta e Mastino. Ragazzi in procinto di entrare nell’età adulta, in piena o fine università, che si muovono in gruppo e hanno sempre bisogno di solitudine. Ma lo scorrere della vita si interrompe quando Giulio, il più diverso del gruppo e il più considerato, scompare improvvisamente senza motivazioni né tracce. Tutti sono allora costretti a confrontarsi con la mancanza che la scomparsa lascia, con la ricerca di risposte e, con il passare del tempo, la consapevolezza di un ricordo che svanisce.

In Atti di un mancato Addio, di Hacca edizioni, Giorgio Ghiotti racconta di tutto questo, sviluppandosi come un insieme di ricordi che non si collegano del tutto tra di loro, ma assomigliano più ad una serie di frammenti di un coming of age bloccato, di vite che si sono ghiacciate per un momento, in dialogo tra luoghi geografici, spazi interiori e la gestione di una perdita. Quella che si esplora non è solo la ricerca di un amico, ma di un amato, del suo corpo, delle sue parole, delle sue decisioni, che devono ora fare il conto con la nebbia che il passare del tempo porta nei ricordi, via via sempre più torbidi.

Il narratore è Edoardo, uno del gruppo degli amici, che scrive da un futuro non ben specificato e, nel comporre il libro, mette insieme i ricordi cercando di ripercorrere gli avvenimenti di periodo. Le lacune della memoria però diventano un bene, più che un male, e così Edoardo cerca di colmarle questi vuoti, mistifica quello che racconta ma, con consapevolezza dichiarata, riesce a dare una sua versione dei fatti.

A tutto questo si aggiunge il viaggio o, meglio, i viaggi, che i protagonisti del romanzo fanno: continui, costanti, senza una meta precisa, per andare in altri luoghi, città, situazioni. La ricerca è verso risposte che non ci sono, ma lo sforzo è quello di continuare a stare in movimento. È su questo che i protagonisti del libro devono confrontarsi, in particolare il narratore. Lo stile del romanzo è sofisticato, nel raccontare di ricordi sceglie un tono poetico, come un lungo componimento lirico che descrive un’età dell’oro, la tarda adolescenza poco prima che finisca, vista però da quella distanza che gli adulti hanno. Può sembrare che il romanzo sia pessimista, se non addirittura nichilista, nel raccontare di una scomparsa senza motivazioni e dell’impossibilità di un ricordo permanente. Ma così non è, vi è un ottimismo a monte di tutto il progetto, come l’autore Giorgio Ghiotti racconta in un’intervista: «Il titolo stesso del libro segue l’idea che per poter dire finalmente addio, per riappacificarsi con l’addio, bisogna entrare in possesso delle parole giuste, non esistono sentimenti al di fuori delle grammatiche, esistono solo sentimenti che siamo in grado di nominare e di rinominare».