Facile lasciarsi spupazzare. La passione planetaria per i Labubu, i mostriciattoli oggetto dei nostri affetti consolatori e meta di code ordinate per acquistarli («Diligenti su tutte le ondate di stronzate che arrivano», ammoniva Arbasino in “Fratelli d’Italia”), pone una domanda minacciosa: i Labubu sono solo una moda del momento per perditempo o un sintomo di un progressivo infantilismo della società in cui viviamo?
Riflettendo su questi pupazzi (l’etimo assegna al «pupo» una terminazione spregiativa in «azzo») e sulle ondate di cui sopra che ogni tanto colpiscono le società tecnologicamente più sviluppate, sarebbe fin troppo facile pensare che l’imitazione sia la lingua più diffusa, la vera «comfort zone».
Tuttavia, le connotazioni liquide, individualistiche, immature ma presentiste espresse dai social sembrano spingerci verso un bambinismo globale, come se non fossimo più capaci di abitare il mondo. Non è difficile immaginare che una società infantilista sia poi attratta dal dominio autoritario.
Gli autocrati detestano le caricature, forse detestano i Labubu, specie se hanno tratti e accessori che li ricordano. Per questo contano sul fatto che il nostro esibizionismo e la ricerca costante di assenso ci faccia scivolare dai mostri di peluche a quelli veri: dalla tirannia della moda alla moda della tirannia.



















































24 agosto 2025