di
Leonard Berberi

Il ceo di United accusa: «Il modello low cost si basa sul fregare le persone». Dalle europee Wizz Air, Play, Norse Atlantic alle americane Spirit e Southwest cosa succede nei cieli a basso costo

Wizz Air si ritira dal mercato nel Golfo Persico. L’islandese Play Airlines abbandona il mercato transatlantico per concentrarsi su alcune destinazioni balneari europee. La norvegese Norse Atlantic Airways si concentra sempre di più sul prestare i suoi aerei agli altri vettori. La storica Southwest Airlines abbandona l’assegnazione casuale (e gratuita) dei posti dopo oltre mezzo secolo. L’indiana IndiGo, in rapida ascesa, si espande ai voli intercontinentali e aggiunge una classe «premium». E la statunitense Spirit che lancia l’allarme sul rischio liquidità nei prossimi mesi.

Un anno spartiacque

Il 2025 sembra rivelarsi un anno spartiacque per il modello (ultra) low cost nel trasporto aereo. Dove le big — come Ryanair ed easyJet — al momento confermano la loro solidità. Ma tante altre registrano diverse sfumature di difficoltà e provano a rilanciarsi. «Il modello low cost è morto. È un modello pessimo. Mi dispiace dirlo», ha sentenziato nelle settimane passate Scott Kirby, amministratore delegato di United Airlines che in questi tempi registra utili significativi, soprattutto grazie alla clientela che prenota la classe Business.



















































Le accuse del ceo di United

«Il modello low cost era: fregare il cliente, ingannare le persone, convincerle a comprare e poi addebitar loro una valanga di commissioni extra che non si aspettavano con informazioni nascoste dietro un linguaggio legale incomprensibile», ha attaccato Kirby durante il Future of Everything Festival del Wall Street Journal. Secondo il ceo di United sebbene in passato questo approccio delle low cost «possa aver funzionato per alcune compagnie, il loro problema è che sono cresciute abbastanza da aver bisogno di clienti abituali. Ma non li ottengono».

La «catena alimentare» del settore

L’estate passata a dichiarare morto il modello low cost — anche se con parole più diplomatiche — è stato Ed Bastian, ceo di Delta Air Lines, altro vettore che sta facendo affari d’oro dopo la pandemia. «Non si può, se si è nella fascia bassa della catena alimentare del settore, continuare a registrare perdite», ha dichiarato. «I vettori che non riescono ad arrivare al pareggio non avranno l’opportunità di continuare a gestire i modelli di business che hanno attualmente».

La guerra dei prezzi

Secondo gli esperti a mettere in crisi buona parte delle low cost sono proprio i vettori tradizionali. Che sulle rotte dove competono direttamente con le compagnie senza fronzoli hanno di fatto pareggiato le loro tariffe offerte, anche «spogliando» i propri biglietti dei servizi un tempo inclusi (come il bagaglio a mano). I clienti delle varie Spirit o Frontier e Southwest sono molto sensibili al prezzo. Se la tariffa delle low cost si avvicina troppo a quella di Delta o United o American —proseguono gli addetti ai lavori — si perde il principale vantaggio competitivo.

Una presenza in aumento

Dopo anni di continua ascesa il modello vive una fase di transizione. Nell’intero 2024 un sedile su tre sui voli di linea nel mondo era offerto dalle low cost, stando ai dati forniti dalla società specializzata Cirium. Secondo la piattaforma Oag su 741 vettori censiti, 114 sono classificati come «senza fronzoli». E tra i primi dieci vettori più grandi del pianeta quattro sono low cost (Southwest, Ryanair, IndiGo, easyJet). Dal 2019, poi, le low cost hanno aumentato la loro quota globale di offerta del 13%, mentre le aviolinee tradizionali non sono ancora riuscite a tornare ai livelli pre Covid.

Il cambio di modello

E però a livello finanziario le cose per le low cost non vanno benissimo. L’autunno passato, sotto pressione — anche mediatica — di un investitore come Elliott Investment Management, Southwest ha dovuto rivedere il suo modello di business, rendendo a pagamento alcuni servizi fino a quel momento gratuiti, come la scelta del posto appunto. Play, che vola anche tra l’Islanda e gli Usa, da settembre interrompe i collegamenti per ristrutturarsi e sopravvivere, dedicandosi di più ai voli europei. Nei primi sei mesi di quest’anno ha registrato perdite per 42,1 milioni di dollari e al 30 giugno aveva in cassa 11,9 milioni, che saranno.

La revisione di Wizz Air

Nei giorni scorsi Wizz Air ha chiuso la sua filiale ad Abu Dhabi dopo quasi cinque anni perché non è stata mai in grado di fare utili con gli aerei posizionati negli Emirati Arabi Uniti. In parallelo la società ungherese ha ridimensionato i suoi piani, tagliando drasticamente l’ordine di Airbus A321Xlr (il velivolo a corridoio singolo in grado di coprire distanze intercontinentali) e tornando alle origini, concentrandosi di più sull’Est Europa e aumentando i voli sui mercati dove può espandersi, come l’Italia.

Negli Usa

Southwest Airlines, che ha chiuso i conti in rosso soltanto con la pandemia, nel primo semestre di quest’anno ha visto l’utile operativo scendere drammaticamente a soli 2 milioni di dollari (erano 6 milioni nel 2024) a fronte di 13,7 miliardi di ricavi. Poi, pochi giorni fa, ecco arrivare la «bomba» Spirit. L’ultra low cost — dileggiata negli Usa per il suo servizio ritenuto discutibile — ha lanciato l’allarme sulla «propria solvibilità futura» attraverso una nota di aggiornamento.

«Rischio liquidità»

I risultati, ha dichiarato Spirit, non stanno migliorando abbastanza rapidamente da soddisfare i requisiti di liquidità richiesti dai creditori. Di conseguenza, la compagnia sta valutando la vendita di aerei, gate aeroportuali o altri asset per raccogliere liquidità, e sta trattando con alcuni creditori. La compagnia — basata in Florida e famosa per la livrea gialla dei suoi aerei — metterà in congedo 270 piloti (su circa 3 mila) mentre altri 140 saranno degradati da comandanti a primi ufficiali.

Lo spettro del fallimento

Se queste misure non dovessero funzionare, Spirit ha avvertito che «esistono seri dubbi sulla capacità della compagnia di continuare ad operare come entità in attività nei prossimi 12 mesi». La low cost, che nel novembre 2024 era entrato in regime di amministrazione controllata, ne era uscita a marzo più piccola e con meno debiti. Evitando così un fallimento che avrebbe fatto felici diversi rivali.

L’offerta di prodotti premium

Per aumentare i ricavi il vettore ha introdotto servizi più da realtà «tradizionale» come i sedili premium a bordo degli aerei, pacchetti tariffari comparabili a quelli delle principali compagnie, e la fascia Premium economy con spazio extra per le gambe. Ma non è stato sufficiente. Nei tre mesi terminati il 30 giugno di quest’anno l’aviolinea — che ha una flotta di 45 aerei, tutti Airbus — ha registrato una perdita di 184 milioni.

«Prossimi mesi cruciali»

«Molto dipenderà da come evolveranno i prossimi mesi, anche se esiste il rischio di ulteriori pressioni se i titoli sui giornali dovessero spaventare la domanda dei passeggeri», ha scritto in una nota Savanthi Syth, analista di Raymond James. «Se le previsioni (negative, ndr) delineate da Spirit dovessero concretizzarsi, ci aspettiamo che il settore nel suo complesso tragga beneficio in termini di prezzi dalla riduzione dell’offerta sulle rotte leisure domestiche», ha commentato in un’altra nota Tom Fitzgerald, analista di TD Cowen.

Le conseguenze sui prezzi dei biglietti

Fitzgerald allo stesso tempo ha anche avvisato: il fallimento di Spirit farà salire le tariffe medie. I consumatori, insomma, finiranno per pagare di più. «Abbiamo analizzato l’andamento delle tariffe base domestiche medie per cinque rotte da Denver che Spirit ha abbandonato completamente dal secondo trimestre del 2024 (Los Angeles, Las Vegas, Houston, Miami, Fort Lauderdale) — scrive l’analista —. I dati mostrano che le tariffe base medie sono cresciute del 5,7% su base annua nei quattro trimestri successivi all’uscita di Spirit dal mercato».

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24 agosto 2025