L’Idf afferma di aver avviato operazioni militari alla periferia di Gaza City «in vista di una grande offensiva per conquistare l’intera città». Intanto il giornalista palestinese Khaled Al-Madhoun è stato ucciso ieri sera sera dopo essere stato colpito dalle forze israeliane nel nord di Gaza. Secondo il ministero della Salute della Striscia, sono 289 i palestinesi morti per fare, tra cui 115 bambini.
Al Jazeera, 34 uccisi in attacchi israeliani a Gaza dall’alba
(Salgono a 34 le persone uccise negli attacchi israeliani a Gaza dall’alba. Lo scrive Al Jazeera citando fonti mediche della Striscia. Tra le vittime, nove erano in attesa di ricevere aiuti umanitari.
Raid israeliano su Sana’a, colpito il quartiere presidenziale
Raffica di raid dell’Idf su Sana’a e sulla regione circostante per rispondere al lancio di missili da parte delle milizie Houthi. Le bombe dell’aviazione israeliana hanno colpito il cuore della capitale dello Yemen, cadendo nell’area del complesso presidenziale dove si trova il palazzo centro del potere yemenita. Centrate anche alcune basi missilistiche, come riferisce l’emittente televisiva degli Houthi al Masirah. L’esercito israeliano ha confermato che gli attacchi sono stati condotti contro decine di obiettivi militari dei ribelli, spiegando che sotto le bombe sono finite anche le centrali elettriche di Asar e Hizaz, nonché un deposito di carburante: tutte strutture – afferma l’Idf – utilizzate per le “attività del regime terroristico Houthi”. L’operazione dell’Idf – che ha provocato almeno due morti e 35 feriti e che è stata seguita in diretta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – é stata in particolare la reazione all’ultimo attacco missilistico degli Houthi. Attacco lanciato venerdì sera contro Israele e in cui – si sostiene in base alle prime indagini dell’aeronautica – i ribelli yemeniti sono ricorsi per la prima volta all’uso di un proiettile con testata a grappolo. Una delle munizioni ha colpito il cortile di un’abitazione nella città centrale di Ginaton causando danni.
La mancata intercettazione del proiettile preoccupa, ma l’esercito spiega che non è correlata al tipo di testata trasportata dal missile: “I sistemi di difesa aerea, con particolare attenzione allo strato superiore, sono in grado di gestire e intercettare tali missili, come avvenuto in passato”, assicura l’Idf. É stata comunque aperta un’inchiesta. “Continueremo a sostenere Gaza, a prescindere dal prezzo che dovremo pagare”, affermano i vertici dei ribelli yemeniti, definendo “l’aggressione contro il popolo yemenita un fallimento”. Intanto da Teheran é tornato a far sentire la sua voce l’ayatollah Khamenei, gettando ombre sulla possibilità di trovare un accordo sul programma nucleare iraniano. “I problemi dell’Iran con gli Stati Uniti non possono essere risolti”, ha affermato la guida suprema, che ha anche invocato l’unità nazionale, “di fronte ai complotti dei nemici, in particolare degli Stati Uniti e di Israele, per seminare discordia tra gli iraniani”. Ed elogiando gli attacchi anti-israeliani dei “coraggiosi” Houthi yemeniti sostenuti dall’Iran, Khamenei ha affermato che “tutti dovrebbero opporsi a Israele e bloccare qualsiasi aiuto al regime. L’Iran è pienamente pronto ad agire, in qualsiasi modo possibile, per contribuire a sradicare il cancro mortale”.
Israele invia 10 influencer a Gaza: “Qui pieno di cibo”
Il governo israeliano ha sponsorizzato l’ingresso temporaneo di dieci influencer statunitensi e israeliani nella Striscia di Gaza, come parte di una campagna volta a “mostrare la verità” sulle condizioni umanitarie dei palestinesi e far fronte ai frequenti rapporti di morti per fame e persone uccise dal fuoco israeliano presso i centri di distribuzione degli aiuti. Lo riporta la testata israeliana Haaretz, sottolineando che l’operazione, organizzata dal ministero per gli Affari della Diaspora, ha visto i creator filmare e condividere contenuti dai centri gestiti dall’ente israelo-statunitense Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), creata per aggirare la presa di Hamas sulla distribuzione di aiuti.
“Tra i partecipanti al tour figuravano Xaviaer DuRousseau, influencer conservatore repubblicano di Gen Z, oltre 1 milione di follower tra Instagram, Facebook e TikTok; Marwan Jaber, giovane druso israeliano di 16 anni con quasi 250.000 follower su Instagram; Jeremy Abramson, ebreo americano residente in Israele con oltre 450.000 follower su Instagram; Brooke Goldstein, avvocata di Miami legata alla destra, con 150.000 follower complessivi e direttrice del Lawfare Project, che fornisce supporto legale gratuito alla comunità ebraica nel mondo, oltre agli israeliani Shiraz Shukrun e David Mayofis”, sottolinea la testata. Nei contenuti pubblicati su varie piattaforme social dopo il tour, DuRousseau si è mostrato in tuta militare con il messaggio: “Israele NON sta bloccando il cibo in ingresso a Gaza” in sovraimpressione. In un altro post ha condiviso le foto di pallet di viveri in attesa di distribuzione, scrivendo: “Potete odiarmi per essere andato a vedere la verità, ma non cambierete i fatti. Israele non è la ragione per cui molti palestinesi muoiono di fame. Se vi interessa davvero la causa di Gaza, andate a distribuire cibo invece di fare gli ’antisemiti della mensa’”.
Goldstein, dal canto suo, ha scritto che “quando il cibo entra a Gaza e viene consegnato direttamente alla popolazione, questo spezza la capacità di Hamas di usarlo come arma, rubandolo e rivendendolo a prezzi gonfiati per finanziare le proprie operazioni”, aggiungendo che prima dell’arrivo della Ghf la distribuzione era affidata all’ente Onu Unrwa, che “consegnava il cibo direttamente nelle mani dei terroristi di Hamas. Quello che ho visto dimostra che ciò che i media raccontano è assolutamente falso”, racconta. Jaber ha postato un video in arabo ed ebraico in cui si rivolge agli operatori Onu a Gaza urlandogli di “vergognarsi di non fare nulla”, per poi aggiungere: “Dopo che ho parlato loro in arabo, hanno capito che devono muoversi”. Il tour è stato presentato dal governo israeliano come un modo di mostrare il meccanismo di consegna degli aiuti umanitari a Gaza, con l’obiettivo di “smentire le bugie di Hamas diffuse dai media esteri”; la dichiarazione ufficiale descrive l’iniziativa come parte della lotta alla “campagna di discredito di Hamas – la cosiddetta ’campagna della fame’ – volta a danneggiare l’immagine di Israele sulla scena internazionale” e smentire quanto affermano diverse organizzazioni, tra cui l’Onu, che secondo gli organizzatori della trovata si stanno rifiutando di distribuire “migliaia di tonnellate di cibo già disponibili”, riporta Haaretz.
Questa settimana oltre 100 ong internazionali hanno firmato una lettera aperta in cui respingono le affermazioni delle autorità israeliane, secondo cui l’ingresso degli aiuti a Gaza non è ostacolato, affermando che “la maggior parte delle principali organizzazioni internazionali non è riuscita a far arrivare neppure un camion di forniture salvavita dal 2 marzo”. Israele sostiene che la distribuzione inadeguata sia dovuta a “negligenza o inefficienza” delle Nazioni Unite e dei gruppi umanitari, sottolinea la testata, ricordando che secondo il ministro della Salute di Gaza, controllato da Hamas, il bilancio complessivo delle vittime per fame e malnutrizione dall’inizio della guerra è salito a 271 morti, tra cui 112 bambini.
In un articolo di inizio agosto Haaretz, spesso critica del governo israeliano, aveva rivelato che il ministero degli Esteri israeliano “ha trasferito decine di migliaia di dollari a fondo perduto per portare influencer americani in Israele”, con fondi “veicolati attraverso l’organizzazione filo-coloni Israel365, incaricata senza gara pubblica per il suo ’ruolo unico nel trasmettere una linea chiaramente pro-Israele, in sintonia con l’agenda Maga (Make America Great Again) e America First”. L’operazione sembra pensata per andare incontro alle preoccupazioni dei giovani elettori repubblicani Usa, nonché dell’ala trumpiana Maga, tendenzialmente isolazionista in politica estera, in merito al forte sostegno dell’amministrazione di Donald Trump al governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, scrive la testata, ricordando che a marzo il Pew Research Center ha rivelato che solo il 48% dei repubblicani sotto i 50 anni ha un’opinione positiva di Israele.