Il libro Brividi e Fiabe (Shatter Edizioni), curato da Marco Chiani, offre una recensione critica e appassionata della televisione di Lamberto Bava. Dai cicli thriller horror Brivido giallo e Alta tensione fino al successo fiabesco di Fantaghirò, il volume raccoglie saggi e interviste che raccontano un autore capace di coniugare incubo e meraviglia, rivoluzionando il piccolo schermo italiano
Lamberto Bava e l’incanto segreto della TV
Ci sono autori che abitano l’ombra, eppure la loro luce rimane. Lamberto Bava è uno di questi: figlio d’arte, regista cresciuto tra set di celluloide e corridoi televisivi, ha costruito per la TV italiana un mondo parallelo, fatto di terrore e incanto, di maschere e sortilegi. Il suo percorso si intreccia fin dall’inizio con quello del padre, l’immenso Mario Bava, con cui firma la co-regia de La Venere d’Ille e a cui affianca il proprio talento anche nell’episodio di Polifemo dell’Odissea: segni di una genealogia in cui cinema e televisione non sono mai mondi separati ma vasi comunicanti. Brividi e Fiabe – La televisione di Lamberto Bava (Shatter Edizioni, a cura di Marco Chiani) è un libro che scava in questo universo nascosto, riportando alla superficie non solo le opere, ma anche le emozioni e le memorie collettive che hanno segnato una generazione di spettatori.
Una madeleine gotica
Per chi ha amato e seguito il piccolo schermo, questo volume è anche una madeleine letteraria. Lo è per me: ricordo ancora il 27 maggio 1981, quando Rete 2 trasmise La Venere d’Ille. Ero già appassionato di horror, la mia famiglia molto meno; eppure il fatto che il titolo fosse ispirato al racconto gotico di Prosper Mérimée si rivelò un espediente perfetto per convincerli a sedersi accanto a me davanti alla televisione. Quella sera rimase incisa nella mia memoria: il gotico filtrato dalla TV generalista, la paura e il fascino condivisi nel salotto domestico
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La doppia anima: brivido e fiaba
Le pagine si muovono tra i corridoi gelidi di Alta Tensione – con film mai visti o a lungo rimasti inediti, come L’uomo che non voleva morire, cupa parabola di vendetta, e Il gioko, in cui una giovane insegnante scopre un segreto inquietante nascosto nei compiti dei suoi alunni. Questi titoli, rimasti sepolti per anni nei cassetti delle emittenti, oggi brillano come reperti archeologici di un tempo in cui la televisione non aveva paura del buio.
Poi ci sono le catacombe visionarie di Brivido giallo, con Una notte al cimitero: ragazzi imprudenti che accettano una sfida in un terreno maledetto, scoprendo che la Morte può indossare le sembianze di un oste. È la televisione come labirinto, dove il macabro convive con l’ironia e il folklore popolare.
E infine la svolta, il passaggio dall’incubo alla meraviglia: Fantaghirò. Con quella saga natalizia che ha attraversato i primi anni Novanta, Bava ha consegnato al pubblico un’icona fiabesca, capace di unire bambini e adulti, di creare un lessico immaginario comune fatto di cavalieri, principesse ribelli, magie e metamorfosi
Marco Chiani, un curatore appassionato
Il cuore pulsante del libro è la guida di Marco Chiani, autore di una sontuosa introduzione che non si limita a raccontare ma affonda nel senso stesso dell’opera di Bava. «Ho fatto la televisione come ho fatto il cinema», dichiarava il regista: ed è una frase che Chiani prende molto sul serio, mostrando come i due linguaggi non fossero, per lui, compartimenti stagni ma universi comunicanti. A dimostrarlo, l’analisi della straordinaria sequenza d’apertura di Dèmoni 2 – L’incubo ritorna (1986): geometrica, brillante, un pezzo di bravura che dimostra come il piccolo schermo potesse reggere il confronto con il grande. Chiani non indulge mai nell’agiografia né in polemiche sterili: è uno scrittore di razza, un raffinato indagatore di incubi, capace di illuminare con chiarezza tanto le zone cupe quanto le meraviglie più luminose.
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Ritratti dalla notte
Testimone oculare ci porta dentro un centro commerciale deserto, dove una donna cieca diventa l’unica testimone di un delitto. Qui Bava intreccia noir e suspense hitchcockiana con un tocco televisivo che amplifica l’angoscia degli spazi chiusi.
In A cena col vampiro, invece, il gotico si veste di parodia: un gruppo di giovani finisce nel castello di un regista-vampiro, e il gioco diventa metafora del cinema stesso che succhia sangue e vitalità ai suoi attori.
Con Caraibi il mare diventa televisione, galeoni e pirati si trasformano in melodramma popolare, mentre con L’Impero la fiaba si spegne e il poliziesco cupo sulla mafia russa riporta l’incubo alla cronaca nera.
Un autore senza confini
Il libro non si limita a elencare: racconta, analizza, interroga. Lo fanno i saggi di Antonio Fabio Familiari, Eugenio Ercolani, Gian Giacomo Petrone, Giulio Olesen e Martina Genovese, che tracciano linee interpretative differenti, mostrando come Bava sia stato capace di coniugare le pulsioni più cupe del gotico con la leggerezza delle fiabe popolari, di fondere il terrore con la meraviglia infantile. Le interviste curate da Chiani, poi, sono come fari accesi dentro l’officina di una famiglia che ha scritto la storia del cinema e della televisione italiani.
Una fiaba che brucia
Il libro si legge come una mappa di rovine e castelli incantati, come un atlante delle paure e dei desideri che hanno popolato le notti degli spettatori. Perché in fondo, come scrive Bava stesso, “non può esistere fiaba senza brivido”. Speriamo allora che questo volume contribuisca a rendere nuovamente reperibili opere oggi rare, come il remake televisivo de La maschera del demonio del 1989 o i mini-film della serie Turno di notte.
Un brindisi tra incubo e fiaba
Se leggere Brividi e Fiabe significa attraversare le stanze segrete della televisione italiana, allora conviene farlo con un calice in mano. Il cocktail ideale? Un Corpse Reviver #2: gin, Cointreau, vermouth e un tocco d’assenzio. Un sorso che risveglia i morti e accompagna i brividi con la leggerezza della fiaba. Perché, proprio come l’opera di Bava, sa mescolare incubo e meraviglia nello stesso bicchiere.
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