Il governo di Benjamin Netanyahu, nell’ambito della campagna “Rivelare la verità”, ha inviato dieci influencer americani nella Striscia di Gaza per mostrare il «meccanismo di distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza» e «confutare le menzogne di Hamas diffuse dai media stranieri». 

Il 22 agosto, l’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) ha confermato per la prima volta la carestia in diverse zone della Striscia. L’iniziativa israeliana, organizzata dal ministero israeliano per gli Affari della Diaspora, è dunque un chiaro tentativo di cambiare narrazione, puntando su personaggi noti al grande pubblico e minimizzando i danni della fame. 

Il tour organizzato da Israele è stato un raro caso in cui ai civili è stato permesso di entrare a Gaza. Nella Striscia, ricordiamo, non sono ammessi giornalisti stranieri. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il ministero degli Esteri avrebbe stanziato decine di migliaia di dollari per portare gli influencer dagli Stati Uniti in Israele.

Tra i partecipanti al tour c’era Xaviaer DuRousseau, influencer repubblicano conservatore (521mila follower su Instagram) molto noto tra la GenZ: «Se fossi Israele, non fornirei nemmeno un calzino a Gaza. Ma ecco qui tutti gli aiuti che si dice che non esistono. Sono qui a Gaza, e tutto ciò che vedo è cibo, acqua e attrezzature. Hamas invece di distribuire gli spaghetti di ramen, se li mangia: ecco perché i loro leader prendono l’Ozempic. Le Nazioni unite portano il cibo qui per dimostrare che stanno facendo qualcosa, ma non completano mai il proprio lavoro, proprio come il tuo ex», dice mentre cammina tra i pacchi contenenti – presumibilmente – gli aiuti umanitari.

Brooke Goldstein, attivista americana, ha visitato un centro della Gaza Humanitarian Foundation, documentando la consegna di pacchi alimentari. Marwan Jaber, influencer druso israeliano di sedici anni con quasi 250mila follower su Instagram, ha invece pubblicato un video in cui critica gli operatori dell’Onu a Gaza: «Vergognatevi per non aver fatto nulla». 

Entro la fine di settembre, stando alle stime della Fao, oltre 640mila persone «affronteranno livelli catastrofici di insicurezza alimentare – classificati come Ipc Fase 5 – in tutta la Striscia di Gaza. Altri 1,14 milioni di persone si troveranno in Emergenza (Ipc Fase 4) e ulteriori 396.000 in condizioni di Crisi (Ipc Fase 3)». La classificazione di carestia scatta quando vengono superate tre soglie critiche: deprivazione alimentare estrema, malnutrizione acuta e morti legate alla fame. La nuova analisi dell’Ipc – fortemente criticata da Israele – ha confermato che questi criteri sono stati soddisfatti. 

Continuano, intanto, gli attacchi israeliani su Gaza. Nelle ultime ventiquattro ore, scrive la Bbc, sono state uccise sessantaquattro persone palestinesi. Secondo il ministero della Salute di Gaza, guidato da Hamas, le vittime complessive sono salite a quota 62.686. 

Domenica, l’esercito israeliano ha anche bombardato Sana’a, capitale dello Yemen, controllata dagli Houthi (sostenuti a loro volta dall’Iran). L’aviazione israeliana avrebbe colpito e distrutto due centrali elettriche, diversi edifici militari e un deposito di carburante. Almeno sei persone sono rimaste uccise; ottanta i feriti.