di
Guido Olimpio

Mentre l’Hezbollah libanese e le formazioni sciite irachene hanno adottato una linea di cautela, i miliziani yemeniti hanno proseguito con gli attacchi contro Israele

Gli Houthi sono l’unico anello del cerchio di fuoco che non ha fatto un passo indietro. Mentre l’Hezbollah libanese e le formazioni sciite irachene hanno adottato una linea di cautela, i miliziani yemeniti hanno proseguito con gli attacchi contro Israele. Usando un buon arsenale, cercando di migliorare le loro tattiche, non scoraggiandosi per i rovesci, incassando le rappresaglie pesanti da parte del nemico.

                    ISRAELE-HAMAS, LA GUERRA A GAZA IN DIRETTA



















































Domenica ne abbiamo avuto la prova. Gli «artiglieri» Houthi hanno lanciato un nuovo tipo di missile, dotato di bombe a grappolo. Una di queste è caduta in territorio israeliano causando lievi danni ma suscitando — almeno a livello di commenti — qualche timore. Perché il sistema rende più complicata la difesa e lo scudo dell’Idf, appoggiato anche dagli Usa con radar e antimissile Thaad, potrebbe avere qualche difficoltà nel contrasto.

Il movimento, probabilmente, ha adottato tecniche e mezzi iraniani. Teheran, nel recente conflitto con Tel Aviv, ha impiegato ordigni Qadar e Khorramshahr, alcuni dei quali erano dotati di «testate» multiple. Non pochi proiettili sono riusciti a perforare l’ombrello portando distruzioni ma anche fornendo dati utili ai pasdaran. Ogni round crea esperienza, permette di aggiustare il tiro, consente di correggere punti deboli, analizza le contromisure. E gli Houthi hanno seguito questo sentiero contando su molte sponde così come sulla propria «forza».

La fazione alleata dell’Iran non ha mai ceduto di un millimetro sulla campagna di solidarietà in favore di Hamas e dei civili sotto assedio costante a Gaza. Lo ha fatto spesso agitando la propaganda, alzando il volume dei moniti. Minacce accompagnate da azioni concrete contro il traffico navale in Mar Rosso alternate ai raid in direzione di Israele. Quasi quotidiani gli strike, affidati ad un colpo singolo sufficiente a far scattare l’allarme. Un calcolo incompleto perché fermo all’inizio di agosto ha censito, a partire da marzo, oltre 67 episodi con il ricorso a missili e 18 con voli di droni kamikaze.

Nella narrazione dei militanti sono iniziative che servono a imporre il «blocco» all’avversario, in particolare all’aeroporto Ben Gurion. Che poi nella realtà non è proprio così, però le incursioni — quasi tutte sventate — consentono di ribadire l’immagine a livello internazionale di combattenti irriducibili, impegnati a sostenere la lotta (lontana) dei palestinesi con qualsiasi freccia a disposizione.

I bombardamenti anglo-americani e le ritorsioni di Israele — compresa una condotta da una task force navale — hanno devastato i porti yemeniti, ridotto le scorte di carburante, imposto limiti severi all’uso degli scali marittimi. Inevitabili le conseguenze sulla logistica, con problemi di attracco per mercantili di grandi dimensioni. I militanti, però, hanno rimediato affidandosi a battelli più piccoli, alcuni dei quali hanno trasportato materiale bellico. Un paio di sequestri da parte delle forze nemiche hanno confermato l’assistenza militare di Teheran e la presenza di componenti d’origine cinese destinati a essere montate nella messa a punto di armamenti in loco. Gli esperti hanno segnalato «pezzi» per apparati a lungo raggio.

Come ogni regime, gli Houthi hanno accompagnato la proiezione strategica esterna con un controllo ferreo all’interno. Repressione, bavaglio ai critici, mobilitazione per prevenire sorprese. Notizie apparse sui media raccontano di un presunto tentativo israeliano di eliminare il generale Mohammad al Ghamari, capo di Stato Maggiore dell’esercito. Operazione già tentata una volta e non riuscita parte di un piano di Tel Aviv per eliminare i leader avversari.

Un messaggio che se da un lato ha indotto i dirigenti alla cautela negli spostamenti, dall’altro ne ha elevato l’importanza come antagonisti dello schieramento israelo-occidentale. E per gli Houthi non è poco.

26 agosto 2025