Nell’Era Open soltanto in tre hanno giocato 4 finali su 4 nello stesso anno
Dal nostro inviato Riccardo Crivelli
26 agosto – 10:20 – NEW YORK
La parola al campo. Il giudice insindacabile. L’attesa sta per finire, dopo una settimana trascorsa tra sonnellini ristoratori per recuperare dal virus di Cincinnati, serate organizzate dagli sponsor con annesse partite a ping pong contro la Osaka, il relax con i Lego e soprattutto l’intensità crescente degli allenamenti, il vero termometro della condizione del più forte giocatore del mondo: oggi, intorno alle 19.30 italiane, Sinner inizia la sua difesa del titolo a New York contro il ceco Kopriva, mai affrontato in precedenza. E come prima statistica, la storia gli ricorda che la conferma maschile, agli Us Open, non riesce dal 2008, quando Federer conquistò il suo ultimo titolo (di 5) nella Grande Mela.
via le ombre—
Per carattere e vocazione, Jannik è abituato rimanere focalizzato sul qui e ora, soprattutto adesso con i dubbi legati alla condizione fisica, che solo il primo test agonistico potrà fugare. Kopriva, n.89 del mondo, classifica costruita soprattutto con i Challenger sulla terra, non dovrebbe opporre una resistenza troppo marcata a uno Jannik in salute, ma intanto ieri il n.1, per non lasciare nulla di intentato, si è allenato con il russo Safiullin, che ha caratteristiche simili al rivale inaugurale del torneo. Poi però il tabellone, verso la pronosticata (da tutti) finale con Alcaraz gli proporrebbe in successione, da ranking, Popyrin, Shapovalov, Paul, Draper e Zverev, un percorso insidioso per una Volpe Rossa che non fosse al top.
passi da leggenda—
A ogni modo, l’intoppo di Cincinnati non ha modificato le convinzioni degli addetti ai lavori e dei bookmakers, per i quali il n.1 del mondo resta il favorito del torneo. Tradotto per le cronache, significa che Sinner, già vincitore degli ultimi tre Slam sul cemento e perciò in serie aperta da 21 partite, in caso di bis a Flushing Meadows diventerebbe l’ottavo giocatore della storia a raggiungere quattro finali Slam in un anno: il primo fu l’americano Crawford nel 1933. Ma se la pietra di confronto deve essere l’Era Open, così da non celiare su chi c’era e chi non c’era come accadeva prima del 1968, l’impresa è riuscita solo a tre fenomeni: Rod Laver nel 1969 (quando ottenne il suo secondo Grande Slam), Federer (2006, 2007 e 2009) e Djokovic (2015, 2021 e 2023). Insomma, ci si inoltra in un territorio magico popolato soltanto da campioni leggendari.
Oltre a loro, poi, appena altri tre, sempre nell’Era Open, hanno alzato tre volte la coppa di un Major nella stessa stagione: Connors, Wilander e Nadal. E se dovesse apparecchiarsi un’altra partita per il titolo tra lui e Alcaraz, secondo l’hype più in voga del torneo, sarebbe solo la seconda volta dal 1964 (Emerson contro Stolle) che gli stessi due giocatori si affronterebbero in tre finali Slam nel medesimo anno (anche se Djokovic e Nadal, tra Wimbledon 2011 e Roland Garros 2012, si incrociarono 4 volte di fila). Sinner, peraltro, può diventare l’unico della storia a vincere tre Slam in un anno e a perdere il quarto avendo avuto match point in finale (maledetto Roland Garros…). Eppure, ricordando quanto ha rivelato alla vigilia, eventualmente non sarà quel ricordo a turbarlo: «Da giovane, dissi ai miei genitori che se a 23-24 anni non fossi stato almeno tra i primi 200 del mondo, avrei smesso per motivi economici. Viaggiare e avere un coach costa molto, e se non avessi ottenuto risultati la mia famiglia non poteva sostenerlo. Sono stato fortunato a iniziare a guadagnare già a 18 anni. Da piccolo sognavo la top 100, ora tutto il resto è un grande extra». Che lo ha condotto sui sentieri del mito.
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