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Daniele Sparisci, inviato a Spa

Il presidente della Formula 1 Stefano Domenicali svela i piani per il futuro: «Abbiamo iniziato a lavorare sulla MotoGp, non c’è il rischio di concorrenza. La McLaren vincente è una lezione per tutti»

Si corre in Belgio questo fine settimana, su una pista storica. Stefano Domenicali, presidente della F1, passa dagli incontri con i capi di stato a quelli con piloti e star di Hollywood. Dovrà allungare un occhio anche sulla MotoGp, acquistata da Liberty Media. Sport che muovono miliardi.

Ultimi dati: la F1 è seguita da 827 milioni di appassionati. Dopo il boom negli Usa, su quali altri Paesi scommette?
«Gli Usa sono un bacino enorme, anche per le possibilità del mercato americano di unire l’interesse alla capacità di spesa. Siamo appena partiti e la direzione è giusta. E poi l’Estremo Oriente: Cina, India, Indonesia».



















































Dicono che la F1 abbia già raggiunto il picco massimo di interesse. Come risponde?
«Parlano di plateau e non hanno capito niente. Al contrario, la possibilità di coltivare questa fase di crescita è straordinaria. Le preoccupazioni e gli obiettivi semmai sono altri».

Sarebbero?
«Mettere fondamenta solide. Significa concentrarsi, non solo sulle tecnologie, ma sulle risorse umane».

Che cosa vuole dire?
«La F1 ha bisogno delle persone giuste, per crescere senza crollare. Vale per noi, per la Fia, per i team, per gli sponsor, per i media, per tutti. Le faccio un esempio per spiegare che cosa ho in testa».

Prego.
«Fra i team non c’è un ricambio di personale da altri settori dello sport o da altre aziende. È un limite: significa che ci autogeneriamo in termini di competenze».

Vorrebbe una F1  dove magari il capo della Mercedes diventa ad del Liverpool o del Milan e viceversa. Dice questo?
«Ma anche di un’industria diversa. Sono strafelice di ciò che siamo diventati, ma ho bisogno che tutto il sistema pensi ancora di più in grande e in modo non convenzionale».

Ora dovrà occuparsi anche della MotoGp?
«Pochi giorni fa ero a Madrid insieme agli azionisti e ai manager della Dorna per condividere i temi da affrontare. Le due unità di business resteranno separate così come i responsabili che le guidano, ci organizzeremo però perché la F1 metta a disposizione tecnologie e competenze, e viceversa».

Non rischiate di farvi concorrenza a vicenda?
«Sono mondi affini ma complementari, non si pestano i piedi. Per il profilo dei tifosi, per le aree di sviluppo. Abbiamo previsto sinergie, inizieremo a lavorarci a fine estate. Daranno un’ulteriore spinta alle moto, porteranno dei vantaggi a tutti, Liberty ha fatto un grosso investimento e ha idee chiare».

Anche per le moto punterete sugli Usa?
«L’America è importante, ma il Far East è fondamentale per le due ruote. Carmelo Ezpeleta e Carlos (suo figlio ndr) stanno pensando a costruire pacchetti commerciali e a ridisegnare l’aspetto sportivo. Le gare sono seguitissime nonostante il dominio di un pilota e di una Casa motociclistica (Marquez e Ducati ndr), la sinergia porterà risultati straordinari».

Il pubblico della F1 è costituito per quasi il 50% da donne e da giovanissimi. Lei ha 60 anni, come fa a capire i gusti della generazione Z?
«Sarei il meno indicato non essendo su alcun social. Ma ho la fortuna di capire dove vanno le direttrici di comunicazione e di coinvolgimento. Qualche anno fa la F1 ha stravolto il linguaggio per attirare giovani. Con progetti come la serie Netflix e altro, l’età media si è abbassata clamorosamente. Ora anche con il film».

Brad Pitt che ringrazia la F1, un colpo da Oscar del marketing. Il prossimo?
«Ero sicuro che il film avesse successo negli Usa. Ma mi hanno stupito gli incassi in Europa ed è stato un successo pure tecnologico. La Apple ha sperimentato e potrebbe essere un partner importante per progetti futuri. Ma non voglio mettere troppa carne al fuoco».
 
La Red Bull, dopo 20 anni, affronta un Gp senza Christian Horner, licenziato. Che ne pensa?
«Non entro nel merito, non è il mio ruolo. Ha lasciato il segno, ha vinto tanto. Questa decisione avrà effetti sportivi, di mercato, e porterà a cambiamenti di personale. È tutto fluido, nessuno può pensare che le posizioni raggiunte siano garantite per diritto divino. Bisogna restare sul pezzo, è uno degli aspetti più affascinanti del nostro sport».

Vince la McLaren, un team che rischiava di fallire. Una lezione per tutti?
«Una grande lezione. Due anni fa la McLaren in Bahrein era nelle ultime file, il tetto alle spese ha tolto le diseguaglianze. Contano le scelte giuste nel formare un gruppo di talenti, il one-man-show non esiste più. La McLaren ha trovato in Andrea Stella, sono felice e orgoglioso di lui, e in Zak Brown i leader di una squadra che incarna lo spirito di questa F1: dinamica, giovane, sorridente».

Piastri-Norris, finora un duello soft.
«Sì, ma prima o poi uno butterà fuori l’altro. La McLaren si sta preparando per quel momento, lasciarli correre non è da tutti. Lo dico perché ci sono passato, quando ero in quel ruolo (alla Ferrari ndr) non facevo così. Poi la McLaren insegna che nei momenti di difficoltà non bisogna disperarsi: se hai persone e strumenti adeguati, le cose cambiano in fretta».

Sembra un messaggio per la Ferrari. A Vasseur va dato altro tempo?
«Anche qui non entro nel merito. Con tempi e risorse giuste i risultati arrivano. Ci sono stati cambiamenti importanti e bisogna lasciare che gli ingranaggi girino. Tagliare gli alberi è facile, ma se hai bisogno di ombra serve prudenza. I vertici della Ferrari hanno sicuramente gli elementi per prendere le decisioni giuste, e sicuramente le prenderanno nella logica della continuità e della necessità di avere il tempo di mettere in pista la macchina in progettazione».

Hamilton-Ferrari, un matrimonio complicato.
«Una storia divina per la F1. Dal punto di vista sportivo Leclerc gli sta sempre davanti, ma Lewis deve adattarsi alla macchina. Non bastano i soldi, i titoli e le stelle. Bisogna combattere ogni giorno, è lo spirito straordinario della F1».

Lewis è un combattente. Ma è ancora competitivo a 40 anni?
«Ha una sfida clamorosa con sé stesso: vincere l’ottavo Mondiale e farà di tutto per realizzarla. Non credo che dopo la Ferrari ci provi con qualche altra squadra».

Sinner «amico della F1», da lui che cosa impara?
«Ci stimola a guardare sempre in alto. Sa salire su quelle cime dove tutti vorrebbero buttarti giù».

25 luglio 2025