Il ministro degli Esteri della Federazione russa, Sergej Lavrov, è ormai uno di casa. Sono 21 anni ininterrotti che conduce non solo il ministero degli Esteri, ma anche la politica internazionale. Richiama alla mente uno dei suoi predecessori (per ricordarlo occorre avere un’età rispettabile) che inaugurò e mantenne la linea inflessibile e prevedibile, dunque ancora più intransigente, del “nyet”: il “no secco”.
L’uso dei social
Il predecessore dal no secco era Andrej Gromyko, che non disse mai sì e fece impazzire una generazione di giornalisti occidentali. Gromyko era un vero bolscevico della prima ora e non indossava i panciotti costosi e stazzonati che Lavrov maltratta con nonchalance. L’attuale ministro degli Esteri usa i suoi social, in genere, per negare tutto ciò che Donald Trump cerca di far passare sottobanco: ad esempio che la trattativa russo-ucraina fosse già in corso (“Non c’è nessuna trattativa, solo scambio di prigionieri per questioni umanitarie”) oppure che Putin avesse accettato di buon grado di incontrare Zelensky: “Gli occidentali si devono mettere in testa che siamo noi a decidere sul nostro futuro e il nostro futuro non prevede alcun incontro del genere”.
Zelensky “dittatore e usurpatore”
Negli ultimi due giorni Lavrov si è dedicato al più delicato dei suoi passatempi: quello di spogliare Zelensky di ogni legittimità, chiamandolo dittatore e usurpatore, così negando che con lui si possa firmare qualsiasi accordo. La versione russa di quel che precedette l’invasione del febbraio del 2022 è nota: nel 2014, il popolo dell’Euromaidan passò un intero inverno in strada con fiaccole e canti (poco meno di cento studenti ucraini furono uccisi a sprangate dalla polizia filorussa) per costringere alle dimissioni Viktor Janukovyč. Janukovyč era un burattino di Putin che annullò la richiesta votata dal Parlamento ucraino di entrare a far parte dell’Unione Europea, decisione contro cui il popolo ucraino reagì scendendo in piazza. Il presidente scappò di notte su un elicottero russo e si rifugiò a Mosca. Putin, sostenuto da Lavrov, disse allora e seguita a dire adesso che quello fu un colpo di Stato. Zelensky fu eletto nel 2019, ma Lavrov suggerì a Putin di mantenere un punto fermo: nessun presidente ucraino è legittimo e Zelensky lo è meno di tutti. È inutile che gli occidentali insistano nel chiedere un incontro con Zelensky: mancano i contenuti, mancano le condizioni, manca tutto.
“Siamo i vecchi giovani dell’URSS”
Un ministro degli Esteri russo deve essere capace di attirare su di sé un rispettoso odio ma, per quanto si applichi, Lavrov non riesce a essere odioso. Ad Anchorage in Alaska si è presentato nel suo completo blu, però con una maglietta sulla quale era stampato l’acronimo cirillico dell’Urss: “CCCP”. L’aveva detto anche in televisione più volte. “Veniamo dall’Unione Sovietica, siamo stati gli stessi Komsomol della gioventù comunista, siamo i vecchi giovani dell’URSS”. Lavrov è stato, almeno nelle forme, molto più sovietico di Putin che ha scelto di vivere fra alte porte dorate, marmi stucchi e specchiere di pessimo gusto. Lavrov è più classico e più antico: è un vero “bonvivant”, adora il lusso di sembrare un miliardario di New York, dove ha vissuto per diversi periodi rappresentando la Federazione al Palazzo di Vetro.
Abita a Mosca in un appartamento di 247 metri quadratati, veste bene anche se con eleganza più rilassata rispetto a quella di Peskov, il portavoce del Cremlino, che fa la spola fra Lavrov e Putin, sempre in primo piano con un taglio di capelli modernissimo e l’aria ora svagata, ora sorpresa. Peskov sa dire di no in ottimo inglese, mentre Lavrov parla l’inglese scolastico dei vecchi funzionari sovietici: accento casalingo, forma quasi corretta, ironia non proprio british.
Le presenze enigmatiche femminili
Ha una moglie vera che non si vede mai e una non meno vera; l’ex attrice Svetlana Polyakova la cui figlia Polina Kovaleva è considerata la sua ispiratrice segreta. Tutte le storie del Cremlino sono tessute da presenze enigmatiche femminili, donne dal carattere potente che sussurrano all’orecchio di uomini ancora più potenti. Non è ammesso in Russia avere o dare troppe informazioni sulla vita privata dei vertici al potere, sicché non è stato mai chiaro quale sia la effettiva situazione coniugale di Putin. Le donne di Lavrov, in genere, vivono a Londra perché i russi hanno un rapporto di reciproco e morboso odio e amore.
La più recente uscita di Lavrov è stata quella successiva all’incontro fra Putin e Trump in Alaska, quando il presidente americano, dopo il rientro del suo ospite a Mosca, cominciò a parlare del prossimo incontro tra Putin e l’ucraino Zelensky. Parte della mentalità di Trump il quale passa dalle frasi ipotetiche a quelle perentorie dando la cosa per fatta. Ma “Mister Nyet” lo ha redarguito. Poi ha assestato un altro colpo a Trump, quando il Presidente americano ha detto di trovare plausibile l’idea di un corpo di pace europeo che protegga, dopo la fine di questa guerra, l’Ucraina da un nuovo attacco russo. Lavrov ha reagito con ira e disprezzo: “Ma, dunque, voi occidentali non la volete capire. Voi non potrete schierare un solo soldato in Ucraina, né oggi né mai. Noi siamo in questa guerra perché l’avete voluta per stringerci nella vostra morsa e non lo permetteremo”.
Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.
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Paolo Guzzanti