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Porsche stringe la cinghia sulle Bev: una mossa che fa discutere e che significa smobilitazione totale
Porsche ricalibra il perimetro dell’elettrico. Dopo mesi di verifiche sui volumi e sugli scenari commerciali, a Zuffenhausen scatta un’altra correzione di rotta che tocca la catena delle batterie, il cuore dell’auto a zero emissioni.
Porsche ceffone all’elettrico (Porsche) reportmotori.it
Sullo sfondo c’è un dato ormai difficile da ignorare: la transizione europea viaggia più lenta del previsto, mentre in Cina il segmento premium e lusso mostra segnali di raffreddamento. In un contesto così, la priorità diventa proteggere margini e flessibilità, evitando di immobilizzare risorse in capacità produttiva che oggi non trova una domanda allineata.
Porsche stop a una fabbrica di batterie
Arriva la disdetta di un secondo contratto per la produzione di accumulatori destinati ai modelli elettrici: Porsche ha scelto di rescindere l’intesa con Valmet, dopo il precedente passo indietro sul progetto legato alla controllata Cellforce.
Porsche ceffone all’elettrico (Porsche) reportmotori.it
Il quadro che sostiene la scelta è duplice. Da un lato, l’Europa elettrica ha rallentato, rispetto alle attese iniziali; dall’altro, la Cina di alta gamma vive una fase più tiepida, che incide sui volumi e invita a ripensare la scala delle commesse.
questo equilibrio sottile tra ambizione e prudenza, Porsche preferisce ridurre la rete produttiva di batterie out‑sourced, rimanendo pronta a riaccendere i rubinetti quando gli ordini torneranno a correre. È una postura difensiva, ma lucida: meno rischi fissi oggi, più capacità di reagire domani.
La strategia, però, non arretra sulla competenza chiave. Lo sviluppo degli accumulatori resta in casa, nel centro d’eccellenza di Weissach. Qui prosegue il lavoro su chimiche, densità energetica, gestione termica e cicli di ricarica, con l’obiettivo di ottimizzare prestazioni, durata e integrazione telaistica.
La produzione, invece, viene delegata con criteri più selettivi: partner esterni, sì, ma solo quando serve e i contratti non bloccano capitale per anni. Un modello “cervello dentro, braccia fuori”, che permette di non disperdere know‑how e di modulare gli impegni industriali in base alla domanda effettiva.
In termini pratici, lo stop a un’altra fabbrica traduce sul piano operativo una linea già tracciata: tagliare dove i numeri non soddisfano, preservare le aree di massima differenziazione, garantire flessibilità sugli investimenti.
Significa anche proteggere la qualità di prodotto, puntando su layout batteria, software e integrazione meccatronica come fattori distintivi. Se e quando il mercato tornerà a premiare volumi e programmi Bev più aggressivi, il marchio potrà riallargare la cintura industriale, negoziando condizioni più aderenti al nuovo contesto.
L’elettrico resta nel mirino, ma con un passo misurato sui segnali del mercato. Meno promesse di scala, più sostanza tecnica e controllo dei costi. Una traiettoria che guarda all’equilibrio tra innovazione e sostenibilità industriale, evitando forzature in una fase con molte variabili e poche certezze.